La Nave di Eärendil, di John Howe

Vingilot, la nave di Eärendil

Bocche del Sirion, tra il 525 e il 534 P.E. – Esistente come Gil-Estel nei cieli di Arda

 

È forse destino di Arda Corrotta che siano proprio i momenti in cui la speranza è al limite quelli nei quali si genera la scaturigine di un futuro riscatto. E certamente ciò è vero per il tema del nostro approfondimento odierno, probabilmente la nave più famosa dell’intera storia della Terra di Mezzo, e la più celebrata in canti ed epiche dei tempi passati.

 

Perché oscuri erano i tempi in cui Eärendil si trovava a vivere: dopo la Nirnaeth Arnoediad e la morte di Beren e Lùthien, dopo il sacco del Nargothrond, la rovina del Doriath e la caduta di Gondolin, i pochi sopravvissuti tra gli Eldar fuoriusciti dai grandi regni vivevano in una lontana enclave del Sud posta alle bocche del Sirion, ove ancora il potere che Ulmo esercitava nella Terra di Mezzo proteggeva i fuoriusciti dai regni dei figli di Fingolfin, di Finarfin e di Thingol Mantogrigio.

Qui egli risiedeva con la moglie Elwing, e difendevano con speranze sempre minori, e con l’aiuto degli Elfi delle Falas, l’ultimo baluardo degli Eldar di fronte al giogo di Morgoth trionfante.

 

Un pensiero persisteva nella mente di Eärendil, e riguardava il destino di suo padre Tuor e di sua madre Idril Celebrindal, partiti ormai da alcuni anni in una disperata missione volta a chiedere ai Valar aiuto nella guerra che Uomini ed Eldar erano ormai destinati a perdere. E si figurò in mente di seguire le loro orme, e di provare egli stesso a rivolgere ai Valar la propria supplica. Lui, ch’era discendente dai grandi Uomini della Stirpe di Bëor per parte di padre e della stirpe di Fingolfin per parte di Madre, e sposo di Elwing figlia di Dior figlia Beren e Lùthien, a sua volta figlia di Thingol del Doriath fratello di Olwë di Alqualondë e di Melian la Maia, riteneva di poter avere ancor più titolo rispetto al padre nell’impetrare il perdono dei Valar.

 

E così si consultò con Cìrdan il Navigatore, e insieme disegnarono il progetto d’una grande nave, progettata per resistere ai misteri e ai perigli del Grande Mare. E si dice che questo vascello fosse il più bello e il più alto mai realizzato, bianco per il legname dei Nimbrethil, le betulle ad alto fusto che crescevano ad Arvenien, la terra a Nord delle Bocche del Sirion ove ancora la mano di Morgoth non era riuscita ad arrivare. E la chiamarono Vingilot, “Fiore di Spuma” (Rothinzil nella lingua degli Uomini) ed aveva remi d’oro e vele d’argento, e un cigno come polena.

 

Su questa nave Eärendil salpò verso occidente insieme a pochi compagni – Falathar, Erellont, and Aerandir i loro nomi – lasciando la moglie Elwing a riva con i proprio figli Elrond ed Elros. E a lungo vagarono nei Mari Circostanti, affrontando i molti pericoli e le nebbie lì poste per impedire a chiunque di giungere alla Diritta Via che conduce a Valinor di là dal mare. E dopo molti mesi, preoccupato da un sogno riguardante Elwing, decise di tornare. Ma proprio quando dall’alta prua videro le sponde della Terra di Mezzo, le sue preoccupazioni giunsero a compimento: perché i Figli di Fëanor superstiti, Maedhros e Maglor, ancora avvinti dal terribile giuramento pronunciato insieme al padre, attaccarono le Bocche del Sirion e compirono il Terzo Fratricidio di Elfi per mani di Elfi. Ma benché ne uscirono vincitori, non poterono mettere le proprie mani sul Silmaril ereditato da Dior, perché Elwing fuggì innanzi a loro e si gettò nel Mare, con i Gioielli in grembo, preferendo la morte alla loro consegna.

 

Ma Ulmo intervenne. E sollevò Elwing dalle onde, e le diede forma di un grande uccello bianco dotato di ampie ali, con le quali raggiunse Vingilot ove cadde, suscitando grande stupore tra i marinai di Eärendil. E la mattina seguente, quando riacquistò la propria forma, raccontando tutto al marito. E insieme capirono che non vi era più speranza nel ritorno sulla Terra di Mezzo, e di nuovo fecero rotta verso occidente, e Eärendil stava ritto sulla prua della nave, con il Silmaril in fronte.

 

Guidata dalla Luce del Grande Gioiello, Vingilot fece breccia tra le nebbie del Grande Mare, e un giorno venne in cui la grande cortina di nebbia del mondo si sollevò, e tutti poterono spaziare il proprio sguardo sulla bianca spiaggia di perle di Eldamar, e porre l’ancora non lontano dal varco del Calacirya. Com’è altrove narrato, solo Eärendil scese dalla nave, percorrendo le vie deserte di Tirion e giungendo a Valmar quando tutti, Eldar e Valar, vi erano riuniti per una grande celebrazione.

E qui Eärendil parlò dinnanzi al consesso come ambasciatore di Elfi e Uomini, e narrò delle loro sofferenze e del loro eroismo, e invocò l’aiuto dei Grandi contro Morgoth Bauglir, il Grande Nemico.

 

E contro ogni aspettativa, i Valar accolsero la sua preghiera. Ma si interrogarono sul destino di Eärendil e di sua moglie Elwing: come potevano infatti giungere sulle sponde immortali, un Uomo e un’Elfa che ancora non aveva ricevuto alcun perdono, e sopravvivere? Ma grande era il loro destino, e dunque così fu deciso: a Eärendil, Elwing e ai loro figli – che erano sopravvissuti perché Maglor, mosso a pietà, li aveva presi con sé salvandogli la vita – sarebbe stato concesso di scegliere a quale stirpe volessero appartenere, se a quella elfica o a quella umana. E i genitori scelsero la razza Elfica, così da poter rimanere uniti nei secoli a venire. Ma ancora non era conclusa la storia di Vingilot, che in virtù della sua capacità di giungere a Valinor fu santificata e sollevata nei cieli, ove avrebbe continuato a navigare per l’eternità guidata da Eärendil, con il Silmaril in fronte a risplendere dall’alto e a portare speranza a tutti coloro che la videro scintillare dalla Terra di Mezzo.

 

E celermente i Valar apparecchiarono i propri eserciti per cominciare quella che fu poi definita la Guerra d’Ira, durante la quale il Beleriand fu distrutto e le armate di Morgoth sconfitte, finché il Nemico non rilasciò i grandi draghi alati, la sua ultima arma, e tale fu il terrore che essi seminarono che per poco l’esercito dei Valar non cedette. Ma venne Eärendil, sul ponte di comando di Vingilot, con il Silmaril in fronte, e i grandi uccelli di Manwë ai lati. E insieme diedero battaglia ai Draghi guidati da Ancalagon il Nero, il più grande che mai solcò i cieli di Arda, e a lungo combatterono. Ma infine Eärendil ebbe la meglio, e colpì a morte il Drago, che precipitando a terra rase al suolo i picchi di Thangorodrim scoperchiando le fondamenta di Angband, da cui Morgoth fu tratto e nuovamente avvinto dalla catena Angainor che già lo gravò nelle lontane epoche passate.

 

Da allora Eärendil e Vingilot non furono più visti da occhi umani o elfici, se non specchiando lo sguardo in alto nei cieli. E per molti secoli a venire, quando dolore o tirannide sembravano dominare Eldar e Edain, essi rivolgevano il proprio sguardo al cielo, ove Gil-Estel splendeva dell’imperitura luce dei Silmaril, e in essa trovavano forza e speranza per resistere al Male, l’eterno lascito di Morgoth che ancora aduggiava coloro che vivevano in Arda Corrotta.

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