Thorin arrivò per ultimo – e non fu catturato di sorpresa. Arrivò aspettandosi dei guai e non ebbe bisogno di veder sporgere fuori dai sacchi le gambe dei suoi amici per capire che le cose non andavano bene per niente. Indugiò fuori nelle tenebre per un po’, e disse: «Ma che razza di guaio è questo?
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E così fecero. Tenendo in mano i sacchi che usavano per portare via pecore e altra preda attesero nelle tenebre. Man mano che ciascun Nano arrivava, e guardava sorpreso il fuoco, i boccali ricolmi, e il montone rosicchiato, plop! un sacco puzzolente gli piombava sulla testa ed egli era giù per terra.
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«Povera canaglietta!» disse Guglielmo. Aveva già mangiato tutto quello che poteva ingoiare a cena; e aveva anche bevuto un sacco di birra. «Povera canaglietta! Lascialo andare!».
 «Non prima che abbia detto cosa ha voluto dire con “tanti”, e con “proprio nessuno”» disse Berto.
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«E comunque cos’ha da spartire uno scasshobbit colle mie tasche?» disse Guglielmo.
 «E si possono cucinare?» disse Maso.
 «Ci si può provare» disse Berto prendendo uno spiedo.
 «Non ti riempirebbe neanche la bocca,» disse Guglielmo che aveva già fatto un’ottima cena «non dopo che è stato disossato e spellato».
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«Che mi caschino gli occhi in mano, Berto, guarda che ho beccato!» disse Guglielmo.
 «Che cos’è?» dissero gli altri avvicinandosi a lui.
 «E che diavolo ne so! Che cosa sei?».
 «Bilbo Baggins, uno scass… uno Hobbit!» disse il povero Bilbo, tremando da capo a piedi e chiedendosi come fare versi gufici, prima che lo strozzassero.
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Berto e Maso si diressero verso il barile. Guglielmo stava scolando un altro boccale. Allora Bilbo raccolse tutto il suo coraggio e mise la manina nell’enorme tasca di Guglielmo. C’era dentro un borsellino, grande quanto una borsa, per Bilbo. «Eccoci qual» pensò, appassionandosi al suo nuovo lavoro mentre estraeva con somma cautela il borsellino.
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 «Vecchio mio,» egli disse «ma quando ti decidi a venire? E la partenza di buon’ora dov’è finita? Eccoti qui a fare colazione, o come la vuoi chiamare, alle dieci e mezzo! Ti hanno lasciato quel messaggio perché non potevano aspettare».
 «Che messaggio?»
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 Dopo che tutti gli altri ebbero ordinato la loro colazione senza dire neanche una volta «per piacere» (cosa che a Bilbo seccò moltissimo), si alzarono. Lo Hobbit dovette trovare posto per tutti, e riempire tutte le camere disponibili, preparando i letti su sedie e divani, prima di averli sistemati e di poter andare a dormire nel suo lettino, molto stanco e nel complesso assai poco felice.
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 «Non è che io me ne sia impossessato; essa mi è stata data» disse lo stregone. «Tuo nonno Thror fu ucciso, come ben ricordi, nelle miniere di Moria da Azog l’Orco*».
 «Maledetto il suo nome, sì» disse Thorin.
 «E Thrain, tuo padre, scomparve il ventun aprile, che giovedì scorso faceva cent’anni, e tu non l’hai più visto da allora…».
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