Senza coperchio, chiave, né cerniera
uno scrigno cela una dorata sfera*.
 Così disse, tanto per guadagnare tempo, finché non fosse riuscito a escogitarne uno veramente difficile. Questo pensava che fosse proprio roba da bambini, anche se non l’aveva posto nella solita forma.
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 «Questo metterà in imbarazzo questa repellente creatura sotterranea» pensò.
Un occhio in un azzurro viso
vide un altr’occhio dentro un verde viso:
«Quell’occhio è come me, però è laggiù,
mentre il mio occhio se ne sta quassù»*.
 «Sss, sss, sss!» disse Gollum.
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 Poi pose il suo secondo indovinello:
Non ha voce e grida fa,
non ha ali e a volo va,
non ha denti e morsi dà,
non ha bocca e versi fa*.
 «Un attimo!» gridò Bilbo, che stava ancora pensando con angoscia al fatto di essere mangiato.
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Trenta bianchi destrier
su un colle rosso
battono e mordono,
ma nessun si è mosso*.
 Questo fu tutto quello che gli venne in mente di chiedere – non riusciva a pensare ad altro che a mangiare. Era per giunta un indovinello vecchio, e Gollum.
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 Così Gollum sibilò:
Radici invisibili ha,
più in alto degli alberi sta,
lassù fra le nuvole va
e mai tuttavia crescerà.
 «Facile!» disse Bilbo. «È la montagna, penso».
 «Indovina cosssì facilmente? Deve fare a gara con noi, tesssoro mio! Se il tesoro domanda e lui non risponde, lo mangiamo, tesssoro mio.
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 Era ansioso di mostrarsi amichevole, almeno per il momento e fintantoché non ne sapesse di più sulla spada e sullo Hobbit: se fosse veramente tutto solo, se fosse buono da mangiare, e se lui, Gollum, avesse veramente fame. Gli enigmi erano la sola cosa che gli fosse venuta in mente.
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 Lo Hobbit schizzò quasi fuori dalla pelle quando il sibilo gli giunse alle orecchie, e improvvisamente vide quegli occhi pallidi che sporgevano verso di lui. «Chi sei?» disse, piantandogli la spada davanti.
 «Che cosa sssarà tesssoro mio?» sussurrò Gollum (che si rivolgeva sempre a se stesso, non avendo mai nessun altro con cui parlare).
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 Gollum viveva, per la precisione, sopra un isolotto roccioso e sdrucciolevole in mezzo al lago. Ora stava osservando Bilbo di lontano coi suoi pallidi occhi telescopici. Bilbo non poteva vederlo, ma lui era molto incuriosito da Bilbo, perché poteva facilmente constatare che non aveva niente a che fare con un Orco.
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 Qui, nel profondo, presso l’acqua scura*, viveva il vecchio Gollum, un essere piccolo e viscido. Non so da dove venisse, né chi o che cosa fosse. Era Gollum, scuro come l’oscurità stessa, eccezion fatta per due grandi occhi rotondi e pallidi nel viso scarno**.
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«Bene, bene!» disse una voce. «Guarda un po’! Bilbo lo Hobbit a cavallo di un pony, nientemeno! Che spettacolo!».
«Davvero sorprendente, meraviglioso!».
 Poi si imbarcarono in un’altra canzone ridicola quanto quella che ho riportata per intero. Alla fine uno, un giovane alto, venne fuori dagli alberi e si inchinò di fronte a Gandalf e a Thorin.
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