Dopotutto, l’aver portato con loro il piccolo Bilbo si rivelò un’ottima cosa, quella notte. Infatti, per un motivo o per l’altro, per un bel po’ egli non riuscì ad addormentarsi; e quando finalmente si addormentò, fece dei sogni bruttissimi. Sognò che una fenditura nella parete posteriore della grotta si ingrandiva sempre di più, ed egli aveva molta paura ma non riusciva a dare l’allarme o far altro che restare disteso a guardare.
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 Sam lanciò qualche sguardo inquieto da una parte e dall’altra del fiume. Gli alberi gli erano parsi ostili, come covi di occhi nascosti e di pericoli insidiosi; adesso li rimpiangeva. Sentiva che la Compagnia era troppo nuda, galleggiante su piccole barche scoperte, in mezzo a terre senza riparo, e su un fiume che costituiva il fronte della guerra.
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Sembrava abbastanza ampia, ma non troppo vasta e misteriosa. Aveva un suolo asciutto e alcuni comodi angolini. A un’estremità c’era posto per i pony ed essi si misero lì (molto contenti del cambiamento) sbuffando e masticando rumorosamente col muso nella sacca del foraggio.
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 Presto Fili e Kili tornarono indietro strisciando, afferrandosi alle rocce contro vento. «Abbiamo trovato una grotta asciutta» dissero «non lontano, girato l’angolo lì vicino: potrebbero entrarci i pony e tutto il resto».
 «L’avete esplorata coscienziosamente?» disse lo Stregone, il quale sapeva che in alta montagna le grotte sono raramente disabitate.
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«Qui non va bene per niente!» disse Thorin. «Se il vento non ci porta via, la pioggia non ci sommerge o il lampo non ci fulmina, saremo presi da qualche Gigante che ci tirerà per aria con un calcio come fossimo palloni».
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Bilbo non aveva mai visto né immaginato niente di simile. Si trovavano in alto su una strettoia, e da un lato un precipizio pauroso scompariva in una valle oscura. Si erano riparati lì per la notte, sotto una roccia sporgente, ed egli giaceva sotto una coperta e tremava dalla testa ai piedi.
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 Sapeva che sarebbe potuto accadere qualcosa di inaspettato e non osava nemmeno sperare che avrebbero attraversato senza terribili vicissitudini quelle montagne grandi e alte con vette solitarie, e quelle valli dove non governava nessun re. E qualcosa accadde, infatti. Tutto andò bene fino a che un giorno furono assaliti da un temporale con fulmini e tuoni, o meglio da una guerra tra fulmini e tuoni*.
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 «Là sotto è estate,» pensò Bilbo « e si falcia il fieno e si va a fare i picnic. Faranno la mietitura e raccoglieranno le more prima ancora che noi cominciamo a scender giù dall’altra parte, se continuiamo di questo passo».
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Il freddo stava diventando sempre più intenso lassù e il vento soffiava fischiando tra le rocce. A tratti, grossi macigni precipitavano giù dai fianchi della montagna, staccati dal sole di mezzogiorno che scioglieva la neve, e passavano in mezzo a loro (una bella fortuna!),
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