«Che mi caschino gli occhi in mano, Berto, guarda che ho beccato!» disse Guglielmo.
 «Che cos’è?» dissero gli altri avvicinandosi a lui.
 «E che diavolo ne so! Che cosa sei?».
 «Bilbo Baggins, uno scass… uno Hobbit!» disse il povero Bilbo, tremando da capo a piedi e chiedendosi come fare versi gufici, prima che lo strozzassero.
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Berto e Maso si diressero verso il barile. Guglielmo stava scolando un altro boccale. Allora Bilbo raccolse tutto il suo coraggio e mise la manina nell’enorme tasca di Guglielmo. C’era dentro un borsellino, grande quanto una borsa, per Bilbo. «Eccoci qual» pensò, appassionandosi al suo nuovo lavoro mentre estraeva con somma cautela il borsellino.
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Altri con maggior senso pratico ma con minor orgoglio professionale avrebbero forse ficcato un pugnale in ciascuno degli Uomini Neri prima che si accorgessero di lui. Dopodiché si sarebbe potuta passare una nottata allegra.
Bilbo lo sapeva. Aveva letto molte cose utili che personalmente non aveva mai visto o fatto.
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Sì, temo proprio che gli Uomini Neri si comportino così, anche quelli che hanno solo una testa per uno*. Dopo aver udito tutto questo, Bilbo avrebbe dovuto fare qualcosa all’istante. O sarebbe dovuto tornarsene indietro silenziosamente ad avvertire i suoi amici che a pochi passi da loro c’erano tre Uomini Neri di dimensioni più che rispettabili e di cattivo umore, pericolosamente propensi ad assaggiare Nani rosolati o anche pony, tanto per cambiare; oppure avrebbe dovuto fare una rubacchiatina veloce e ben fatta.
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«Abbacchio ieri, abbacchio oggi e che mi caschi un occhio in mano se non ci avremo abbacchio pure domani» disse uno degli Uomini Neri.
 «Neanche un pezzettino da niente di carne d’uomo, ci abbiamo avuto quest’ultimi tempi!» disse il secondo. «Che diavolo gli è venuto in mente a Guglielmo di portarci da ‘ste parti, io proprio non lo capisco!
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Tre persone grandi e grosse stavano sedute attorno a un gran fuoco di ceppi di faggio. Stavano arrostendo dell’abbacchio su lunghi spiedi di legno e si leccavano il sugo dalle dita. C’era nell’aria un profumino appetitoso, e c’era anche un barilotto di buona birra a portata di mano, ed essi la bevevano in grandi boccali.
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«Adesso tocca allo scassinatore» dissero, alludendo a Bilbo. «Devi andare a scoprire tutto su quella luce, e a che serve, e se tutto è perfettamente sicuro e a posto» disse Thorin allo Hobbit. «Adesso corri e sbrigati a tornare, se tutto va bene.
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Questo risolse la questione. «Dopotutto abbiamo uno scassinatore con noi» dissero e così si avviarono guidando i pony (con tutta la dovuta e necessaria cautela) in direzione della luce. Arrivarono alla collina e presto furono nel bosco. Salirono su per la collina; ma un sentiero vero e proprio, che potesse portare a una casa o a una fattoria non era visibile; e sebbene facessero del loro meglio, non poterono evitare un bel po’ di fruscii, scricchiolii e scalpiccii (ma anche un bel po’ di borbottii e di imprecazioni) mentre avanzavano fra gli alberi al buio, un buio nero come la pece.
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Quando l’ebbero guardata per un po’, cominciarono a discutere animatamente. Alcuni dicevano «no» e alcuni dicevano «sì». Alcuni dicevano che potevano almeno andare a vedere, e che qualsiasi cosa era meglio di una misera cena, una colazione ancora più scarsa, e vestiti bagnati per tutta la notte.…

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Alla fine decisero che avrebbero dovuto accamparsi dov’erano. Si spostarono sotto un folto d’alberi e sebbene lì sotto fosse più asciutto, il vento scuoteva via la pioggia dalle foglie e il continuo sgocciolio era veramente insopportabile. Il malocchio sembrava aver colpito perfino il fuoco.
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