Montagne del Nord, ? – Pontelagolungo, 3.941 T.E
Smaug era il più grande dei draghi sputafuoco del Nord, e certamente tra di essi quello che svolge il ruolo più importante nelle Storie dei figli di Ilùvatar. Insieme a Scatha, ucciso da Fram figlio di Frumgar della stirpe degli Éothéod al volgere del primo millennio della Terza Era, è l’unico dei draghi ad avere un nome sin dai loro progenitori della Prima Era.

Smaug era un Urulókë, uno dei Serpenti di Fuoco discendenti da Glaurung e da Ancalagon il Nero, i grandi Draghi di Morgoth. Smaug era certamente il più temuto tra quelli ancora esistenti nella Terza Era. Non è certa la data della sua nascita: c’è chi ipotizza un tempo antecedente alla caduta di Melkor, quando i Draghi proliferarono in gran numero nel Nord della Terra di Mezzo, e chi un tempo di un’era e mezza successivo, basandosi sul fatto che, durante il proprio dialogo con Bilbo Baggins, Smaug rivelò “Uccido dove voglio e nessun osa resistermi. Ho schiacciato i guerrieri del passato e nulla della loro stirpe è sopravvissuta nel mondo di oggi. Allora non ero che un giovane e tenero Drago, ma ora sono forte, molto forte, Ladro nell’Ombra!”. È tuttavia possibile supporre che, al tempo della Cerca di Erebor, fosse giunto alla sua piena maturità.
Smaug ha fatto il proprio ingresso nella Storia dei popoli liberi nell’anno 2770 della Terza Era. Fu infatti in quell’anno che, dopo aver udito delle ricchezze dei Nani di Erebor, discese dalle Montagne Grigie “come un tornando che giunge dal Nord” e attaccò il Regno dei discendenti di Durin, mettendo a fuoco anche tutte le terre circostanti, tra cui la città di Dale. Tali erano la forza, l’astuzia e la crudeltà di Smaug che nessuno poté resistere alla sua furia.
I pochi Nani sopravvissuti si dispersero: qualcuno – fuggendo per una porta segreta di cui si conservarono mappa e chiave – seguì Thròr e Thrain a Ovest, altri raggiunsero i loro parenti sui Colli Ferrosi. Gli Uomini trovarono rifugio a Esgaroth, dove vissero nei secoli successivi.
Quando tornò dalla distruzione di Dale, Smaug entrò in Erebor e, dopo aver ucciso ogni nano che era riuscito a trovare, ammassò i tesori nella sala centrale e vi si distese sopra per un lungo sonno. A quanto si racconta, furono poche le occasioni in cui lasciò la montagna nei due secoli successivi, per nutrirsi e per completare la distruzione di Dale. Fu così che l’area circostante la Montagna Solitaria divenne nota come “La desolazione di Smaug”.
Altrove sono narrati i molti eventi succedutisi nei secoli successivi. Della guerra tra Orchi e Nani che – cominciata vent’anni dopo l’arrivo di Smaug a Erebor – insanguinó per più di un lustro le Montagne Nebbiose, o della cattura di Thrain, cinquant’anni dopo, da parte dei servi del Negromante di Dol Guldur.
Si narra anche di come, un giorno d’inverno, Gandalf il Grigio e Thorin Scudodiquercia si incontrassero ‘casualmente’ alla Locanda del Puledro Impennato di Brea
dando inizio alla serie di eventi che portò alla partenza di un drappello di tredici Nani, un Hobbit e uno Stregone da casa Baggins, diretti alla riconquista della Montagna Solitaria, armati di una mappa e di una chiave.
Correva l’anno 3941 della Terza Era quando, centosettant’anni dopo l’ultima volta, Thorin volse di nuovo lo sguardo su Erebor.
Ma fu Bilbo il primo tra i compagni a incontrare Smaug, disteso sui propri tesori, dopo che il furto di una grande coppa d’oro da parte dell’Hobbit causò il risveglio del Drago, che montò subito in collera facendo tuonare la montagna. Si dice che ciò sia dipeso dal fatto che un’immagine turbò i sogni della bestia: un guerriero di statura insignificante ma armato di una spada affilata e di grande coraggio.
Dopo essere sfuggiti a una prima ricerca da parte del Drago, Bilbo si offrì volontario per andare in esplorazione. All’insaputa dei propri compagni, indossò l’anello che aveva trovato nelle Caverne degli Orchi sotto le Montagne Nebbiose e sparì alla vista di tutti. Ma non potè sfuggire al fiuto del grande serpente. Che tuttavia, non avendo mai annusato un Hobbit, non fu in grado di riconoscerne la specie.
Qui ebbe luogo il dialogo tra Bilbo e Smaug, ricordato da molti nella Contea degli anni successivi: e fu durante questo scambio che l’Hobbit rivelò la vera ragione per cui lui e i suoi compagni erano giunti alla montagna. “Vendetta”, si lasciò sfuggire. Smaug esplose in una grande risata, facendosi beffe di chiunque volesse sfidarlo. Ciò dicendo si alzò in tutta la sua dimensione, riempiendo la caverna con la sua mole. E fu questo che permise a Bilbo di notare come, sul ventre altrimenti completamente ricoperto di dure scaglie, ve ne fosse una mancante, che lasciava la parte sinistra del suo corpo parzialmente scoperta. Mentre l’Hobbit avvisava i Nani, un altro essere vivente ascoltò la rivelazione: un tordo, che subito volò via.
Ormai al colmo della collera, Smaug decise di dare dimostrazione di ciò ch’egli intendeva per vendetta. Si lanciò contro un lato della montagna, imprigionando Thorin e i suoi compagni, e lasciò per l’ultima volta la montagna, deciso a punire gli Uomini del Lago che avevano “certamente aiutato i nani invasori”. Bilbo si era infatti presentato a Smaug come “Cavalcabarili”, un nome che il Drago associò immediatamente ai commerci che si svolgevano tra gli Uomini e il Reame Boscoso di Re Thranduil.
Smaug si lanciò sulla città di Esgaroth, mettendo a fuoco case e pontili, e a nulla sembravano servire le frecce che gli abitanti della città gli scagliarono in gran numero. Ma uno di loro si alzò sulla torre cittadina, armato del proprio arco e di una freccia nera: era egli Bard, discendente di Girion, signore di Dale ai tempi dell’attacco del Drago. Ed egli aveva ricevuto – e forse v’era un intervento di Gandalf anche in questo – notizia dal tordo sull’unica debolezza di Smaug. E fu così che, solo contro la più terribile delle bestie che popolavano il mondo, Bard colpì il Drago con la propria freccia, causandone la rovina.
Così morì Smaug il Dorato, il più ricco e il più crudele dei Draghi che ancora infestavano il Nord della Terra di Mezzo durante la Terza Era. E fu così che, per la quarta volta, della morte di un Drago si rese responsabile un Uomo Mortale, con la parziale eccezione di Eärendil Mezzelfo che uccise Ancalagon il Nero e ne gettò le spoglie su Thangorodrim. E Bard di Esgaroth si unì così a Tùrin Turambar la rovina di Glaurung e a Fram figlio di Frumgar che uccise Scatha il Drago, tra gli Ammazzadraghi.
È curioso che non venga tramandato alcun caso in cui un Drago fu ucciso da un Elfo, o da un Nano – che pure certamente ebbero modo di confrontarsi con loro, con la possibilità di uscirne vincitori. E non basta come risposta sostenere che la maggior parte dei miti della Terra di Mezzo furono scritti da Uomini, adducendo l’ipotesi che fosse un modo per premiare la propria razza, l’unica a dominare il mondo dopo gli Antichi Tempi.
Riteniamo infatti che il senso vada ricercato ancora più a fondo: i Draghi rappresentano la più alta espressione dell’idea di “mostro” che gli Uomini potessero concepire, eredi di un male antico che ancora aduggiava sulla Terra di Mezzo. Ma restavano “mostri”, crudeli, astuti e violenti, ma pur sempre mostri, privi di quel passato di corruzione e caduta che caratterizzava i Balrog e i Maia decaduti corrotti da Sauron. I Draghi nascevano malvagi, bramavano ricchezza e potere, non disdegnavano l’adulazione e talvolta l’adorazione da parte delle razze che considerava inferiori. Tutti sentimenti “propriamente umani” che i Draghi portano all’eccesso, senza alcun altro obiettivi in questo mondo se non la soddisfazione delle proprie brame. Erano “Uomini”, privi della tempra morale e della natura sociale tipica degli Uomini. La loro antitesi, la loro nemesi, il loro destino se privati delle leggi del cuore e della società. E così, non potevano che essere Uomini coloro in grado di ucciderli.
Le conseguenze della morte di Smaug hanno avuto grande momento nelle successive vicende della Terra di Mezzo. Morto il Drago, infatti, i Nani ripresero controllo di Erebor, e gli Uomini del lago ricostruirono Dale con Bard come proprio Signore. E tanta parte ebbero durante la Guerra dell’Anello, quando Dain II, erede di Thorin, combatté fianco a fianco con Brand Re di Dale e nipote di Bard, sconfiggendo insieme le schiere di Orchi che, discese dal monte Gundabad, avrebbero invaso Rohan e Gondor da Nord mentre essi erano impegnati contro le schiere di Mordor.
Ma tutto fu evitato, come ci ha raccontato Gandalf, per un incontro casuale avvenuto a Brea, una notte di inverno.