Fëanor è uno dei personaggi più iconici e controversi del Legendarium tolkieniano. Elfo Noldo sapiente e focoso, il più versato e celebrato fabbro e orefice della storia di Arda (artefice dei Silmaril, gli straordinari gioielli ai quali è legato il destino del mondo, come ci racconta Il Silmarillion), è rinomato anche per essere stato l’inventore e fautore di un nuovo modo di scrittura Quenya, derivante dalle lettere di Rúmil, utilizzato a Valinor e in seguito diffuso in tutta la Terra di Mezzo e adoperato anche per altri idiomi elfici: le tengwar.
Le lettere di Fëanor non avevano originariamente un valore fonetico fisso, e difatti hanno assunto nel corso della loro storia una quantità di valori differenti, a seconda della lingua cui erano prestate e, all’interno delle stesse lingue, dei modi di utilizzo. Esistono infatti cinque differenti forme o usi, elencati da Tolkien in The Fëanorian Alphabet, pubblicato in Parma Eldalamberon #22:
-
la forma Generale o Fonetica, utilizzata nelle opere di storia linguistica o nella descrizione di linguaggi stranieri (è una forma che può facilmente essere adattata, come Tolkien ha fatto per l’inglese, per la traslitterazione delle lingue del Mondo Primario. Esiste anche un modo per la trascrizione dell’italiano).
-
L’uso Lindarin o Ortografia Valinoreana Antica, usata per il Q(u)enya parlato a Valinor. Viene chiamato Lindarin in quanto divenne, in seguito all’esilio dei Noldor, appannaggio dei Lindar (chiamati Vanyar nelle successive fasi del Legendarium).
-
L’uso Parmaquestarin, un modo sviluppato dai Noldor per la forma scritta, più tarda, del Q(u)enya. Al suo interno si distinguono due ulteriori modi: l’uso “normale”, che sottintende la vocale a dopo ogni consonante, a meno che non segua una vocale diversa o sotto la consonante non sia apposto un punto (putta); e l’uso “qanta-tenkele” o “scrittura piena”, in cui le vocali sono ciascuna rappresentata da un carattere pieno.
-
L’uso Noldorin Antico o Fëanoriano, usato per la rappresentazione del Noldorin Antico (Kor-noldorin, ovvero Noldorin di Kôr, il nome di Tirion risalente alla vecchia concezione del Legendarium), ovvero quello utilizzato prima dell’Esilio.
-
L’uso Beleriandico o dell’Esilio, utilizzato appunto dai Noldor in Esilio, gli Etyañgoldi. Abbiamo esempi di questo modo nell’iscrizione sul Cancello Occidentale di Moria che abbiamo visto qualche appuntamento fa, o nella poesia A Elbereth Gilthoniel così come riportata nel testo in calligrafia di Tolkien in The Road Goes Ever On.
Sia chiaro, ci troviamo di fronte, come al solito, a uno spaccato della concezione in un’epoca ben precisa. Pressocché nessuna di queste schematizzazioni si mantiene trasversalmente identica per tutta la storia esterna delle Lingue Elfiche. Come per altri argomenti che abbiamo già trattato, Tolkien cambiò frequentemente idea sulle diverse varianti dell’alfabeto fëanoriano e sulla sua contestualizzazione storica interna.
Nella lista che abbiamo appena tratteggiato, per esempio, è evidente che l’uso beleriandico divenne un uso proprio del Sindarin, nel momento in cui questo “mutò” concettualmente dal Noldorin. E pertanto gli Alti-Elfi in Esilio lo utilizzarono adattandolo per una lingua diversa dalla propria nativa (che avevano nel frattempo adottato). Ma andiamo con ordine.
Nell’Appendice E (“Scrittura e pronunzia”) del Signore degli Anelli Tolkien dedica alcuni paragrafi a un resoconto storico per sommi capi dell’alfabeto fëanoriano e a una descrizione delle sue caratteristiche.

Per andare nello specifico, il sistema può essere diviso in due categorie:
-
24 lettere primarie
-
12 lettere aggiuntive (+ varianti non incluse nella tabella)
Ciascuna lettera aveva un nome proprio in Quenya, utilizzato sia per identificarla sia per descriverne il significato fonetico. Ciascuno di questi nomi era un vero e proprio vocabolo completo, contenente la lettera in questione, per esempio tinco “metallo” è la lettera che identifica il fonema t; parma “libro” è la lettera p, e così via.

Alcune di queste lettere hanno nel corso del tempo subìto trasformazioni, e necessitato di nomi diversi per essere identificate senza confusione anche quando adattate all’uso in idiomi diversi dal Quenya, vedi ad esempio harma > aha o áze > esse. Mentre invece hwesta sindarinwa, così chiamata in quanto in Sindarin il suono hw [ʍ] necessitava di essere distinto dalla lettera Quenya hwesta, che rende senza distinzione sia chw [xw] che hw [hw].
Le lettere primarie sono organizzate in 4 serie (témar) e 6 gradi (tyeller), e ciascuna lettera consiste in una permutazione di una medesima struttura, basata su combinazioni di un telco (“gambo”) e di uno o più lúvar (“archi”).
Le diverse combinazioni determinano appunto l’appartenenza di ciascuna lettera a una serie o a un grado differente.
Le témar erano le seguenti:
-
tincotéma (o “serie t”, comprendente le consonanti dentali)
-
parmatéma (o “serie p”, comprendente le labiali)
-
calmatéma (o “serie k”, comprendente le velari)
-
quessetéma (o “serie q”, comprendente le velari labializzate)
-
(tyelpetéma) (non contempla caratteri propri: le lettere di questa serie, le occlusive palatalizzate, venivano rappresentate attraverso un segno diacritico – di solito due punti sotto la lettera – che denotava “segue y”).
Di queste due (quessetéma e tyelpetéma) erano assenti nella forma Sindarin dell’alfabeto.
Le serie I e III avevano lúvar aperti, mentre II e IV chiusi. Le serie I e II avevano il lúva a destra rispetto al telco, mentre III e IV avevano il lúva a sinistra del telco.
I tyeller non avevano nomi propri, ma indicavano relazioni specifiche tra sottogruppi di lettere, ad esempio il Grado 1 (con telco lungo verso il basso) rappresentava le consonanti occlusive sorde (t “tinco” – p “parma” – c “calma” – q “quesse”, le lettere eponime di ciascuna téma).
1 tinco “metallo” – q parma “libro” – a calma “lampada” – z quesse “piuma”
Il Grado 2, caratterizzato da un raddoppiamento del lúva, indicava un’addizione di “voce” alle corrispondenti lettere del Grado 1, producendo così le occlusive sonore (nel Quenya nasalizzate: nd – mb – ng – ngw; nel Sindarin la nasale viene assimilata e queste consonanti diventano tra l’altro suoni che è possibile trovare a inizio di parola: d – b – g – gw).
2 ando “cancello” –w umbar “fato” – s anga “ferro” – x ungwe “ragnatela”
I gradi successivi erano dedicati alle consonanti fricative (3 = sorde; 4 = sonore, con un telco proteso verso l’alto) e alle consonanti continue (nasali, liquide; semivocali e vocali se utilizzate nel modo quantasarme, graficamente rese con un telco corto).
3 súlë (in Quenya pre-shibboleth thúlë o þúlë) “spirito” – e formen “nord” – d aha “rabbia” o harma “tesoro” – c hwesta “brezza”
4 anto “bocca” – r ampa “uncino” – f anca “fauci” – v unque “tana, buca”
5 númen “nord” – t malta “oro (metallo)” – g noldo “Elfo Profondo” – b nwalme “tormento”
6 óre “cuore (mente interiore)” – y vala “potenza angelica” – h anna “dono” – n vilya “cielo”
Esistevano inoltre due gradi aggiuntivi, in alcuni schemi posti tra il Grado 4 e il Grado 5, (rese graficamente attraverso un telco che si estende sia in alto che in basso) attraverso il quale l’alfabeto fëanoriano rappresentava consonanti aspirate (es. t+h, p+h, k+h), ma che poteva rendere anche altre variazioni consonantiche (es. st, sp, sk). Il Linguaggio Nero ad esempio utilizzava la lettera asta (che corrispondeva a tinco con il gambo prolungato anche verso l’alto) per il suono sh, per esempio in ash “Uno”, nel Ring Verse.
! |
Q |
A |
Z |
|
@ |
W |
S |
X |
Le “lettere aggiuntive” invece esulavano da questo schema suddiviso in serie e gradi. Per lo più rappresentavano modificazioni o versioni alternative di altre lettere (per esempio rómen era la tengwa utilizzata per la r “piena”, arrotata [tipicamente in posizione iniziale o in mezzo alla parola], laddove óre era la r debole e non arrotata [spesso utilizzata in fine di parola, anche per motivi estetici]), ma alcune (l “lambe” – s “silme”) erano strettamente indipendenti, e avevano a loro volta varianti (ld/lh “alda” – “silme nuquerna” – ss/z “áze/esse” – “áze/esse nuquerna”). In generale si trovano tra queste soprattutto consonanti liquide, sibilanti e aspirate, più alcune tengwar utilizzate per la formazione di dittonghi (per esempio yanta e úre).
7 rómen “est” – u arda “regione” – j lambe “lingua” – m alda “albero”
8 silme “luce (argentata)” – i silme nuquerna “silme invertita”
k esse “nome” o áre (áze) “luce (solare)” – , esse nuquerna “esse invertita” o áre (áze) nuquerna
9 hyarmen “sud” – o hwesta sindarinwa “hwesta grigio-elfica” – l yanta “ponte” – . úre “caldo”
E le vocali? Nel Quenya erano rappresentate attraverso segni diacritici (tehtar) posti di solito al di sopra delle consonanti precedenti (per esempio tinco con sopra tre punti si leggeva “ta”). Questo modello consonante/vocale (C/V) andava incontro a una caratteristica morfologica del Quenya, che ha molte più parole composte da sillabe aperte o libere (ovvero che terminano per vocale) di quante ne abbia il Sindarin.
Le tehtar erano le seguenti:
A = tre punti (due in basso e uno in alto al centro), o in alcune grafie più rapide un accento circonflesso. Essendo la vocale più ricorrente nella lingua Quenya a volte poteva essere semplicemente omessa:
`C (nessun nome noto)
E = accento acuto:
`V tecco “colpo”
I = unico punto:
`B tixe “punto”
In alcune varianti le tehtar per e ed i potevano essere invertite.
O = virgola rivolta a destra (con la “gobba” a sinistra):
`N (nessun nome noto)
U = virgola rivolta a sinistra:
`M (nessun nome noto)
In alcune varianti le tehtar per o ed u potevano essere invertite (per esempio nel Ring Verse la u è resa con una virgola rivolta a destra.
Se una lettera non seguiva una consonante (per esempio a inizio di parola) veniva posta su un telco (che faceva da carrier). Un carrier o gambo corto serviva per le vocali brevi, un gambo lungo per le vocali lunghe, le quali necessitavano del telco a prescindere se seguissero o meno una consonante.
` telco “gamba”
~ ára “alba”
Altri segni diacritici erano, come accennavamo, una dieresi posta sotto la consonante per aggiungere la y (e rendere la consonante palatalizzata), oppure una tilde posta sotto la consonante per raddoppiare la consonante.
1Î tyelpe “argento” – 3Í istyar “mago, maestro d’erudizione” – 4Ì intya “congettura, nozione”
1; “tt” – 5: “nn”
Per la Y consonantica, nel Quenya tardo si usava comunemente la tengwa anna, con sotto i segni diacritici. Questo era dovuto al fatto che il suono originario espresso da questo carattere nell’uso generale del Quenya (una fricatica postalveolare sonora [Ȝ]) venne a cadere piuttosto presto (probabilmente ancor prima della nascita di Fëanor), e dunque veniva utilizzato come simbolo per indicare una consonante “muta” o “svanita”. Perciò prese a essere utilizzato per la Y.
Esempi: hÍ~M yú “anche” – hÍHjt# yulma “coppa”
NB: in Addenda et corrigenda to the Etymologies, un documento in cui sono stati raccolti tutti i materiali sulle tengwar omessi nelle Etimologie edite da Christopher Tolkien in La Strada Perduta e Altri Scritti, vengono forniti nomi addizionali per i caratteri, e anche alcune denominazioni per caratteri che altrove (per esempio nell’Appendice E del Signore degli Anelli) non hanno alcun nome esplicito. Tuttavia molte di queste indicazioni non risultano coerenti con le tengwar “LotR-consistent”, ovvero differiscono rispetto alle controparti dell’Appendice E (redatta diversi anni dopo le Etimologie). Ad esempio, nella serie delle tyelpetéma i due tixi (“punti”) che segnalano la palatalizzazione sono posti sopra la consonante anziché sotto. Normalmente non mi soffermerei su versioni precedenti di questi costrutti, essendo l’argomento così vasto e complesso da risultare indigeribile e inadatto agli scopi di questa rubrica; pertanto vi segnalo solo alcuni esempi di queste tyelpetéma alternative:
1Ö tyelpe – 2Ô indyo – 4Ô istyar – fÔ ehtyar – 5Ô nyelle – 6Ö / 7Ö arya – jÔ alya
***
Il Sindarin preferiva utilizzare per le vocali caratteri appositi, come per le consonanti, e utilizzare segni diacritici esclusivamente per marcare le vocali lunghe o altri modificatori come segni di labializzazione (w-tehta) e nasalizzazione.
Esempi: l2èl5 edwen “secondo (numero ordinale)” – w73Gw^P6E Brithombar
Tuttavia nella Terza Era, a Gondor, esisteva un modo Sindarin che faceva utilizzo di una forma ómatehtar (ovvero con segni diacritici per le vocali) e non quantasarme (ovvero “piena”) come il Sindarin Antico. La differenza rispetto al Quenya era nel modello vocale/consonante (V/C), ovvero la tehta veniva posta al di sopra della consonante seguente (per esempio tinco con sopra tre punti si leggeva at). Questo per venire incontro alla caratteristica del Sindarin di una maggioranza di sillabe chiuse o implicite (ovvero che terminano per consonante) nel proprio vocabolario.

***
Un breve recap storico per riassumere e fare un po’ di chiarezza:
Nella Prima Era, in seguito all’Esilio dei Noldor e al loro avvento nella Terra di Mezzo, le tengwar si diffusero rapidamente nel Beleriand, dove divennero un’alternativa “in corsivo” alle rune di Daeron (di cui parleremo la prossima volta), influenzando tra l’altro il loro sviluppo.
Di conseguenza furono presto adottate per idiomi elfici diversi dal Quenya, come ad esempio l’Antico Sindarin, in cui venivano chiamate tîw, “lettere”.
Alcune differenze tra tengwar e tîw:
-
Avendo questo molti suoni caratteristici diversi dal Quenya, i caratteri furono adattati per corrispondere ai fonemi Sindarin.
Per fare un paio di esempi: la lettera anto, invece di rappresentare il fonema nt, viene utilizzato per dh, le lettere arda e alda, invece di rappresentare rispettivamente rd e ld, vengono utilizzati per rappresentare i suoni Sindarin rh e lh.
-
Inoltre il Sindarin mancava dei suoni (tipici invece del Quenya) palatalizzati (ly, ny, ty, etc.) e la consonante labializzata qu, perciò non utilizzava le serie tyelpetéma e quessetéma (con l’eccezione di ungwë e wilya, con valori rispettivamente gw e w).
-
In ultimo gli Elfi Grigi non utilizzavano le tehtar (segni diacritici) per rendere le vocali, ma preferivano un sistema (più simile al cirth già in uso presso di loro) in cui ciascun fonema era restituito da una lettera (che loro chiamavano appunto tew anziché tengwa): una scrittura “piena” detta quantasarme.
Da tutte queste caratteristiche nacque dunque il modo beleriandico, che come abbiamo detto venne adottato non solo dagli Elfi Grigi (per esempio a Menegroth, dove si parlava la variante doriathrin del Sindarin), ma anche dagli Alti-Elfi (i Noldor in Esilio), i quali lo tramandarono e conservarono anche nel corso della Seconda Era. A quell’epoca infatti il Quenya, come abbiamo raccontato in precedenza, era stato quasi del tutto abbandonato dai Noldor esuli, ad esempio gli Elfi dell’Eregion che dimoravano a Ost-in-Edhil, la “Città degli Elfi”, dove sorse la confraternita del Gwaith-i-Mírdain (“Popolo dei Creatori dei Gioielli”). È in questo contesto che furono costruite le porte di Durin, dove compare per l’appunto un’incisione, realizzata dal Noldo Celebrimbor, nipote di Fëanor, in Antico Sindarin con modo beleriandico.
Infine vorrei sottolineare il fatto che Tolkien era un grande appassionato di calligrafia. Non si limitò a coniare e rifinire, nel corso di molti anni, questo alfabeto, il più originale e iconico della propria costruzione linguistica, ma si cimentò nella realizzazione di un gran numero di exempla, in diversi stili (per esempio lo stile parmaite, ovvero “libresco”, utilizzato dagli Elfi per i documenti formali e le redazioni di cronache storiche; lo stile corsivo, di cui abbiamo un esempio nel Ring Verse; lo stile angolare [in ingl. pointed], utilizzabile quasi come delle rune, per incisioni in pietra o metallo).
Questi exempla, come accennavamo l’altra volta, sono stati raccolti e classificati nel DTS, il Mellonath Daeron Index of Tengwar Specimina. A volte si tratta di testi poetici in inglese traslitterati in caratteri Quenya in stesure calligrafiche in bella (ad esempio DTS 16 e 17, rispettivamente Errantry e The Adventures of Tom Bombadil, due poesie della raccolta pubblicata nel 1962), altre volte si tratta di doodles, brevi frasi scribacchiate su giornali (es. DTS 39), altre volte ancora si tratta di testi in Quenya o Sindarin, e dunque più integrate nel Legendarium.
Insomma, ancora una volta lo scopo di questa rubrica è più quello di cercare di incuriosire che non di fornire un (impossibile) compendio enciclopedico di tutto ciò che ci sarebbe da dire sull’argomento. La creazione linguistica di Tolkien è tanto sfaccettata e complessa che ci si potrebbe perdere nei dettagli anche dopo aver coperto completamente l’argomento.
Per questo motivo, lascio in biblio tutti gli approfondimenti necessari.



Bibliografia di riferimento:
-
The Lord of the Rings (1955; 1966) by J. R. R. Tolkien.
-
The Qenya Alphabet tratto da Parma Eldalamberon #20 (2012) ed. by Arden R. Smith.
-
The Fëanorian Alphabet tratto da Parma Eldalamberon #22 (2015) ed. by Christopher Gilson e Arden R. Smith.
- Addenda et corrigenda to the Etymologies tratto da Vinyar Tengwar #45-46 (2003-2004) ed. by Carl Hostetter e Patrick H. Wynne.
-
Come scrivevano gli Elfi, Manuale di Calligrafia Tengwar (2022) di Roberto Fontana.
Sitografia:
-
Mellonath Daeron/ DTS: https://www.forodrim.org/daeron/mdtci.html
-
Glaemscrafu/Glaemscribe: https://glaemscrafu.jrrvf.com/english/glaemscribe.html
-
Tecendil/Trascrittore Tengwar: https://www.tecendil.com/
- Amanye Tenceli (sito dedicato ai writing systems e ai font elfici): https://at.boktypografen.se/Articoli su Amanye Tenceli riguardo ai nomi delle tengwar e alle varianti presenti nelle Etimologie (tradotti in ita da Gianluca Comastri):
Articoli, progetti e approfondimenti vari:
-
https://www.tolkiendil.com/langues/english/otsoandor/full_tengwar_modes_modern_english
-
https://machhezan.tripod.com/phonetic_tengwar_modes/treebeard_6dec2003.pdf
-
http://ardalambion.immaginario.net/gwaith/movie_otherinscr.htm
-
https://zionius.wordpress.com/2021/06/20/typos-in-the-lord-of-the-rings/
-Rúmil