Tirion, 1.449 A.A. – Recuperati dopo Dagor Dagorath
“I tre volte incantati globi di luce che brillano fin quando il domani conduce”
– Lai di Leiithian, Canto VI
La Storia di Arda è intessuta di momenti e accadimenti nei quali il più grande splendore si lega alla più nera oscurità, mostrando, quasi in trasparenza, come questo sia il destino d’ogni vicenda su Arda Corrotta.
E questa consapevolezza è pienamente rispecchiata nella Storia dei Silmaril, che attraversa l’intera Prima Era di Arda: poiché proprio da questi tre gioielli d’abbagliante bellezza sono dipesi molti dei fatti gravi e terribili che hanno coinvolto Valar, Maiar e Figli di Ilùvatar fino alla sconfitta di Morgoth, e molte altre conseguenze essi ebbero nelle Ere successive. Poiché il destino di Arda, come fu profetizzato da Mandos di fronte al concesso delle Potenze e degli Eldar di Valinor, è a loro intimamente legato.
E questo perché nessuno, fossero essi Ainur generati da Eru, Eldar dell’Ovest, Oscuro Signore o Bestia dei primordi, Sindar o Moriquendi, Uomini o Nani, poteva resistere alla semplice eppure complessa radianza dei Silmaril: schegge di luce che recavano in sé lo splendore degli Alberi di Valinor, incastonate nel cristallo più puro che un gioiello potesse contenere. E, di converso, tale era l’attrazione che essi suscitavano in chiunque li guardasse, che tanto minore era la forza d’animo degli osservatori, tanto essa si traduceva in bramosia, e volontà di possesso esclusivo: ed il loro potere era quello di Arda stessa, capace di avvincere perfino gli Esseri più potenti nel loro peso, allontanandoli dalla propria essenza spirituale per legarli alla Terra, alla Materia, e all’inevitabile decadenza di tutto ciò che vive, soffre e gioisce mentre scorrono le Ere del Mondo.
Lunga è la storia dei Silmaril, tanto che la cronaca che la racconta prende il nome proprio dai gioielli: “Il Silmarillion“, il Racconto dei Silmaril, che si sviluppa per tutta la Prima Era di Arda, ma inizia prima, all’Estremo Ovest, nella beatitudine di Valinor durante gli Anni degli Alberi. Che mai, da quel momento, fu più la stessa.
I Silmaril furono creati da Fëanor a Tirion, e rappresentarono l’apice della sua produzione, superiore alle molte alte e celebri invenzioni del Figlio di Finwë. I gusci delle gemme furono forgiati con una sostanza cristallina dura chiamata silima, da lui stesso ideata, da cui presero il nome: Silmaril, gioielli di luce radiante. Poiché al loro interno risplendeva parte della Luce di Valinor raccolta da Laurelin e Telperion.
Secondo una leggenda narrata dagli Esuli, Fëanor concepì l’idea di catturare la luce degli Alberi ispirandosi ai capelli di Galadriel, che risplendevano d’oro e d’argento. Ms loro vera natura e il modo in cui furono creati erano noti solo a Fëanor, e nessuno, egli compreso, riuscì mai a realizzare gemme di pari grandezza e bellezza.
Fëanor e i Silmari, di dakkun39
Fëanor indossava le gemme durante le festività, e tutti, Maiar ed Eldar, le ammiravano come l’apice dell’Arte elfica. Era quello il tempo della liberazione di Melkor dalle tre ere di prigionia in Mandos. E benché egli si palliasse di un’umile sembiante, e si mostrasse pentito e desideroso di contribuire alla pace di Valinor, pure nel suo intimo la brama di dominio e di possesso non era per nulla sopita. E grandemente egli desiderava i Silmaril, che riteneva dovessero essere suoi, come giusto riconoscimento per la sua grandezza e la sua superiorità nei confronti d’ogni altra creatura.
E molte menzogne fece diffondere, la più odiosa delle quali attribuiva ai Valar la brama ch’egli provava, e che sosteneva che Varda e Manwë, presto o tardi, avrebbero richiesto da Fëanor la consegna dei Gioielli. Fëanor, per quanto non desse adito a queste voci, stava però a sua volta sviluppando un morboso attaccamento ai gioielli, e ne divenne avido e protettivo, quasi che un semplice sguardo sui suoi Gioielli rappresentasse un’offesa personale. E così iniziò a chiuderle sotto chiave, e dopo lo scontro con Fingolfine l’esilio a Formenos, i Silmaril furono custoditi in una camera di ferro.
La Storia seguì il suo corso, e poco tempo dopo i piani di Melkor si concretizzarono. Ed egli scese da Avathar avvolto dalla nera oscurità di Ungoliant, e insieme si recarono prima a Formenos, ove Melkor uccise Finwë e rubò i Silmaril, e poi sul Colle di Ezellohar, ove il Ragno avvelenò con il proprio veleno Telperion e Laurelin, e la fonte che conteneva il loro nettare. E poco passò che gli Alberi si seccarono e raggrinzirono, privando Valinor della propria luce.
Valar ed Eldar, riuniti in celebrazione nelle Sale di Valmar, si accorsero immediatamente di quanto avvenuto. E presto realizzarono che i Silmaril erano ora l’unico oggetto che conteneva la luce dei due Alberi. Così i Valar, e Yavannatra essi, supplicarono Fëanor di cedere i Silmaril per poterli riportare in vita. Ma l’Elfo, che vide in questa richiesta la realizzazione delle menzogne udite da Melkor anni prima, non volle condividere i propri gioielli, rifiutando sdegnosamente. E quando Tulkaspaventò l’ipotesi di sottrarglieli in modo coatto, egli rispose che se ciò fosse avvenuto egli sarebbe morto, primo fra tutti gli Eldar di Valinor.
E a quel punto Mandosintervenne, dicendo solo “Non il primo“: una frase foriera di gravi conseguenze.
A cosa si riferisse divenne infatti chiaro poco dopo, quando giunse un messaggero da Formenos, che riportava i tragici fatti ivi avvenuti: e disse che Melkor aveva ucciso Finwë, padre di Fëanor e re dei Noldor, e aveva rubato le tre gemme. E un nero silenzio si abbattè sul concesso di Eldar e Valar, poiché ora anche l’ultima possibilità di restaurare gli Alberi sembrava essere svanita.
Fëanor era furioso con Melkor e con i Valar, che ancora riteneva volessero prendere le gemme per i propri scopi, quasi fossero tutti d’accordo per una combutta ai suoi danni. E fu così che, sprezzante d’ogni legame, d’ogni creanza e d’ogni parentela, lui e i suoi figli pronunciarono un terribile Giuramento.
Il Giuramento di Fëanor, di Jenny Dolfen
“Che sia amico o nemico, dannato o innocente, progenie di Morgoth o Vala splendente Elda, Maia o di razza mortale, Né legge, né amore, né spada fatale, Né il Fato avverso, né angoscia o dolori, Lo difenda da Fëanor e dai suoi successori.
Chiunque un Silmaril prenda o nasconda Lo serbi, lo brami, “è mio” ci risponda. Che la morte ratta non abbia pietà, e lo prenda prima che il dì fine avrà!
Dolore eterno il mondo travolga Ascoltaci, Eru, e nessun altro sciolga il giuramento che or pronunciamo che ci conduca all’inferno, se noi falliamo.
Manwë e Varda, siate nostri testimoni e il nostro voto udiate, dai vostri altri troni.
– The History of Middle-Earth, Vol. X, Morgoth’s Ring, The Annals of Aman
E tale fu la loro follia nel pronunciarlo, che chiamarono Eru Ilùvatar a testimone delle loro parole, legandosi inevitabilmente alle spire del Fato, che li avrebbe visti o perdenti e dannati, privi dei Silmaril, o in guerra contro tutto e tutti, Valar compresi.
Fëanor si rivolse poi ai Noldor, che accese con parole forti e bellicose, sostenendo che solo nelle loro mani stava la possibilità di risanare i torti subiti, e che insieme avrebbero dovuto portate guerra a Morgoth – fu quella la prima occasione in cui Melkor fu appellato “Nero Nemico” – nella Terra di Mezzo. Fu in quel momento che, tradizionalmente, si situa l’inizio della Guerra dei Gioielli, che durerà per i successivi secoli. Una storia contrassegnata da eroismo, sacrifici e grandi atti, ma che molti anni dopo provocò dolore agli Elfi e, più tardi anche agli Uomini e ai Nani della Terra di Mezzo.
Il trono di Morgoth, di Felix Sotomayor
Come altrove è narrato, molti Noldor tornarono nella Terra di Mezzo per costringere Morgoth di restituire i Silmaril, e ivi stabilirono i propri Regni in esilio, entrando in contatto con i Sindar, che ivi dimoravano da più di un’era, con i Moriquendi, i Naugrim e i Successivi. E molte alleanze vennero strette nei primi anni di permanenza nella Terra di Mezzo, molte delle quali furono rotte prima del termine dell’Era.
Melkor, dal canto suo, era fuggito insieme a Ungoliant terre settentrionali della Terra di Mezzo, dove si trovavano le sue antiche fortezze di Utumno e Angband. Ma il Vala aveva promesso al Ragno di concedere a piene mani il bottino rubato a Formenos, e ora indugiava, poiché nella destra stringeva i Silmaril, la cui luce sacra stava già bruciando le sue mani, tormentandolo incessantemente. Ma egli rifiutò, tale era la sua brama di tenerli per sé, e solo l’intervento dei Balrog che lo attendevano in Angband evitò uno scontro nel quale perfino Melkor avrebbe rischiato di soccombere: poiché Ungoliant era l’oscurità della Terra dei Primordi, e il suo veleno era il silenzio senza speranza di un mondo privo di vita. Tornato in Angband, Melkor incastonò i Silmaril nella sua Corona di Ferro, che da allora più rimosse dal proprio capo.
Chiusi nella fortezza del Nemico, i Silmaril rimasero il primo obiettivo delle Guerre del Beleriand, poiché il loro recupero era consustanziale alla sua sconfitta. Eppure solo in un’occasione Eldar e Uomini si prodigarono in un concreto tentativo di recupero. E si tratto della più grande ed eroica impresa che si ricordi compiuta dai Figli di Ilùvatar.
Il Re Thingol del Doriath era infatti vanuto a conoscenza dei Silmaril dai Noldor, quando insieme a Melian comprese che la ragione del ritorno dei Noldor dipendeva da altro che la volontà di aiutare gli Elfi del Beleriand. E come tutti coloro che si soffermavano a riflettere sui Silmaril, iniziò a esserne incuriosito, e poi attratto.
Quando l’Uomo Beren si presentò a Menegroth sostenendo di essere innamorato di sua figlia Lúthien, e di essere da lei ricambiato, Thingol rifiutò di benedire questa unione con un fuorilegge e un Successivo, che per quanto di nobile lignaggio tra gli Uomini non sarebbe mai stato all’altezza della figlia del Re del Doriath e di Melian la Maia. E così egli assegnò a Beren una missione apparentemente impossibile: recuperare un Silmaril dalla Corona di Morgoth in cambio della mano di sua figlia, Lúthien.
Beren recupera un Silmaril, di Anke Eißmann
La loro cerca è narrata nel Lai di Leithian, il più amato dei canti della prima Era. E ivi si racconta che spinti dal reciproco amore e aiutati da Finrod Felagund e Huanil Mastino di Valinor, Beren e Lúthien raggiunsero Angband affrontando grandi pericoli e perdite e riuscirono a strappare un Silmaril dalla corona di Morgoth utilizzando il coltello Angrist, che si spezzò e per un momento non rischiò di risvegliare Morgoth dal sonno in cui Lúthien l’aveva costretto.
Ma le porte di Angband erano protette da Carcharoth il Lupo, che combatté con Beren e chiuse le sue enormi zanne intorno alla mano che conteneva il Silmaril, inghiottendolo. La luce sacra tormentò Carcharoth, creatura cresciuta con alimenti crudeli e profondo malanimo, che attraversò il Beleriand del Nord ovunque seminando panico, morte e distruzione, fino a quando non giunse alla Foresta di Neldoreth, all’interno dei confini del Doriath.
Qui, nel frattempo, Beren e Lúthien avevano fatto ritorno, narrato della propria impresa e informato la Corte che il Silmaril, ancora stretto nella mano dell’Uomo, era ora nello stomaco della belva. E insieme al Re, Mablung e Beleg, Beren e Huan parteciparono alla caccia all’animale. Carcaroth venne ucciso, ma anche Beren e Huan pagarono con la propria vita la riconquista del Silmaril, che da quel momento rimase in possesso di Thingol nel Doriath. Di Lúthien e Beren, com’è noto, si dice ch’essi furono benedetti dai Valar in virtù della loro impresa, e che, unici tra i Figli di Ilùvatar, poterono tornare da Mandos per vivere insieme gli ultimi della propria vita. E Dior loro figlio fu l’erede di Thingol quando, alcuni anni dopo, la maledizione che aduggiava sui gioielli si manifestò anche nel Doriath.
Si racconta infatti che Thingol decise di far incastonare il Silmaril nella celebre collana dei Nani, la Nauglamír – ch’egli aveva ricevuto, alcuni anni dopo l’impresa di Beren e Lúthien, da Húrin padre di Túrin. E così invitò nel Doriath alcuni celebri artieri di Nogrod. Tuttavia, anche i Nani iniziarono a bramare la gemma e, dopo aver reclamato i propri diritti sulla Nauglamír, uccisero Thingol in quella che poi venne chiamata Battaglia di Menegroth. Il Doriath fu distrutta dai Nani, che erano giunti armati e in forze. Ma fu sulla via del ritorno che, ancora una volta, il fato di coloro che portano il Silmaril con intenzioni malvagie si realizzò: la Nauglamír fu recuperato Beren nella Battaglia di Sarn Athrad, in cui combatterono gli Elfi Verdi dell’Ossiriand. La collana fu quindi donata a Lúthien, che la indossò fino alla sua seconda morte, diventando la visione più bella mai vista a est del Mare. E vi fu chi disse che questa seconda morte giunse presto perché la bellezza della fanciulla e della collana insieme era troppo radiante per le terre mortali.
La Nauglamìr, di Ted Nasmith
Dopo la morte di Lúthien, un Signore dei Laiquendi riportò la Nauglamír nel Doriath, e Dior e il suo popolo seppero che Beren e Lúthien non erano più. Egli indossò la collana, e il Doriath per un certo periodo tornò ad essere la più serena delle terre del Beleriand. Ma la notizia che Dior faceva sfoggio del Silmaril giunse ai figli di Fëanor. E se nessuno, neanche tra i più acrimoniosi membri della stirpe di Fëanor, avrebbe mai mosso guerra a Lúthien, diversa era la situazione ora che lei era morta e suo figlio aveva ereditato il gioiello. E così spiccarono messaggeri richiedendone la restituzione, ricevendo da Dior solo silenzio.
E così il Giuramento produsse un nuovo frutto avvelenato. Perché un giorno i figli di Fëanor sopravvissuti alla Nirnaeth Arnoediad si recarono nel Doriath pronti a combattere. E grande fu la carneficina che si compì a Menegroth quel giorno: nello scontro, molti Sindar e tre dei fratelli furono uccisi. E delle Mille Caverne restarono solo rovine. Tuttavia, il Nauglamír fu salvato da Elwing e dai sopravvissuti del Doriath, che fuggirono alle Bocche del Sirion ove si stavano radunando, sotto la guida di Cìrdane Gil-Galad, molti esuli dai Regni del Nord e di Nargothrond.
Qui Elwing conobbe Eärendil, figlio di Tuor e Idril Celebrindal di Gondolin, che era divenuto Signore dei Porti di Sirion. Il suo popolo considerava il Silmaril una benedizione per le loro case e le loro navi, e la vita, come sempre, riprese anche per loro. Ma i figli sopravvissuti di Fëanor erano ancora avvinti al proprio Giuramento. Cosìm quando scoprirono dove si era rifugiata Elwing, inviarono un ultimatum chiedendo la restituzione della gemma mentre Eärendil era lontano in viaggio. Tuttavia, il popolo di Sirion si rifiutò di consegnare il Silmaril, considerandolo un guidrigildo ereditato da Elwing in quanto discendente diretta di Beren e Lúthien, senza i quali la gemma non sarebbe mai stata restituita al mondo.
I figli di Fëanor decisero quindi di lanciare un nuovo attacco, e nuova Elfo uccise Elfo nel Terzo Fratricidio, e solo una parte di essi poté essere messa in salvo da Cìrdan e trasportata a Balar, l’ultima terra dell’Est ancora monda dall’influenza di Morgoth. Ma Elwing riuscì ancora una volta a fuggire con il Silmaril, gettandosi in mare. E sarebbe morta certamente, se Ulmo non l’avesse sorretta nella leggerezza delle sue onde, e condotta fino a Eärendil che stava facendo vela verso casa. E così, con il Silmaril in fronte, Eärendil guidò la sua nave Vingilot attraverso i Mari d’Ombra, superando le Isole Incantate e giungendo a Valinor, ove impetrò pace per i Figli di Ilùvatar come emissario sia di Elfi che di Uomini.
E i Valar, dopo essersi consultati con Eru al di sopra del Mondo, acconsentirono. E a Eärendil ed Elwing fu imposta una scelta, se appartenere alla stirpe elfica o a quella umana. Ed entrambi, per l’amor reciproco che provavano, scelsero di essere annoverati fra gli Elfi. I Valar allora collocarono quel Silmaril nel cielo, fissandolo sulla fronte di Eärendil mentre solcava il cielo con la sua nave consacrata. E da quel momento Gil-Estel, la Stella dell’Alta Speranza, vigila da Ilmen sulle sorti del Mondo, e sempre ad essa gli Eldar e gli Uomini di buona volontà si rivolgono nel momento del bisogno.
Gli altri due Silmaril rimanevano intanto nelle mani di Morgoth, ma gli eventi erano ormai in moto. I Valar scesero in guerra, e inviarono a Est una grande schiera composta dai Vanyar e dai Noldor – mentre i Teleri non vollero prendervi parte, ancora memori del massacro di Alqualondë. E la guerra che ne seguì, nota come Guerra d’Ira, fu il più grande tra i combattimenti mai visti sulla Terra, e al suo termine il Beleriand era stato completamente distrutto, e le acque di Ulmo ne colmavano le voragini e le profondità creatisi nello scontro. E al suo termine, gli eserciti di Morgoth, che nella sua follia mai avrebbe pensato a un intervento armato da parte dei Valar, erano completamente distrutti e resi all’impotenza. E mentre Melkor veniva nuovamente avvinto dalla catena Angainor, l’Araldo di Manwë Eönwë raccolse i Simaril, e li custodì.
E fu allora che il Giuramento giunse alla sua estrema conseguenza. Perché anche di fronte al vittorioso esercito dei Valar, Maedhrose Maglor, unici sopravvissuti dei figli di Fëanor, inviarono messaggeri a Eönwë chiedendo la consegna dei Silmaril. E a loro il Maia rispose che, a causa delle malvagie azioni compiute a seguito del Giuramento, essi avevano perso ogni diritto su di essi, e avrebbero dovuto essere giudicati a Valinor. E così i due fratelli si consultarono, realizzando che, nel pronunciare il proprio Giuramento, si erano costretti in una posizione senza via di scampo. Perché se avessero rinunciato, si sarebbero dannati avendo contravvenuto un pronunciamento così solenne, che chiamava addirittura Eru Ilùvatar come testimone. E se invece avessero reclamato fino in fondo ciò che ritenevano loro, sarebbero stati schiacciati dalle Potenze, o condannati a lunghi anni di pentimento e riparazione.
Meadhros si getta nelle fiamme, di Ted Nasmith
Così si risolsero di tentare il tutto per tutto. Si introdussero nel campo dell’esercito dell’Ovest, uccisero le guardie, e rubarono i Silmaril. Ma Eönwë, immediatamente avvertito, scelse di non inseguirli, perché era consapevole che il loro destino non era più nelle sue mani, e che sarebbero stati i Gioielli stessi a portare i figli di Fëanor a riflettere sulle proprie azioni, e a rimpiangere il male fatto.
E questo è ciò che avvenne. Perché a causa del male perpetrato a cagion di loro, Maedhros e Maglor avevano davvero perso ogni diritto sui Silmaril, e come ogni creatura malvagia, il contatto con i sacri gioielli bruciò le loro mani, lasciandole secche e annerite. E si racconta che, schiacciato dall’intollerabile dolore e ormai esulcerato dai sensi di colpa – lui, che fin dall’origine fu uno dei più nobili e onorevoli Eldar – Maedhros si gettò insieme al Silmaril in una voragine infuocata. Maglor invece resistette poco di più. E giunto in riva al mare, vi scagliò il Silmaril più lontano che poté. E da allora, si dice, attraversa la Terra di Mezzo con la sua arpa, cantando il dolore e la disperazione per la gloria che aveva visto sfumare in cenere davanti ai propri occhi.
Maglor getta il proprio Silmaril nel mare, di Ted Nasmith
E così, come Mandos aveva profetizzato molti secoli prima, il Destino dei Silmaril si legò nuovamente agli elementi di Arda, divenendone parte essenziale e condividendone l’ultimo Fato. E un Silmaril trovò sede nei cieli, sulla fronte di Eärendil. il secondo nelle profondità della Terra, e il terzo nelle acque del Grande Mare.
Ma vi è un’ultima nota. Negli antichi testi è infatti ricordato la profezia su Dagor Dagorath, la grande Battaglia che si terrà alla fine dei Tempi, quando Melkor tornerà e sarà definitivamente sconfitto. A quel punto Arda sarà trasformata, e i tre Silmaril saranno recuperati dai Valar. Fëanor emergerà da Mandos e prenderà i Silmaril, e a differenza di quanto fatto a Valinor, li offrirà di sua sponte a Yavanna, che, con la loro luce, ridarà vita ai Due Alberi.
Le Montagne Pelóri saranno appianate e la luce dei Due Alberi riempirà nuovamente Arda, inaugurando una nuova era di eterna beatitudine.
Ma quanto questo corrisponderà al vero, neppure i più saggi possono prevederlo.
Utilizziamo i cookie per essere sicuri che tu possa avere la migliore esperienza sul nostro sito. Se continui ad utilizzare questo sito assumiamo che tu ne sia felice.OkNoPrivacy policy