LINGUE TOLKIENIANE – EXTRA (intro della seconda “stagione”) - Riepilogo e progetti futuri

Cari amici, ben ritrovati dopo tanto tempo ad un nuovo appuntamento con la nostra rubrica di Lingue Tolkieniane!

Per recuperare comodamente gli scorsi episodi, in cui abbiamo trattato ad ampio raggio di questo vastissimo e complesso argomento, legato ad uno dei tratti distintivi e centrali dell’attività del Professore di Oxford, vi rimando direttamente al nostro sito, dove trovate la rubrica al completo:

https://www.raccontiditolkien.it/category/analisi/lingue/

Vorrei fare un breve riepilogo di quanto abbiamo trattato finora nella presente rubrica, specialmente dopo uno hiatus così lungo, a beneficio di chi fosse interessato a recuperare questi contenuti (che vanno intesi, nota bene, soprattutto come degli stimoli all’approfondimento personale: non sono e non vogliono essere un “corso di Elfico” o cose del genere – vi sono, a questo scopo, luoghi deputati, decisamente più adatti di una rubrica come questa, e ogni qual volta ho trattato determinati argomenti è possibile trovare in calce una nutrita bibliografia e sitografia da cui attingere per ulteriore esegesi):

  • Introduzione e panoramica sui due principali idiomi elfici inventati da Tolkien: Quenya e Sindarin;

  • Sezione sulla storia interna delle lingue Eldarin, ovvero genesi, sviluppo, modificazioni e ramificazioni di questi idiomi all’interno della storia di Arda: la Grande Marcia, le Tre Scissioni delle popolazioni elfiche, la differenziazione dei vari idiomi nel corso della Prima Era – argomenti che, in maniera diversa ed a un livello diverso della concezione tolkieniana, abbiamo approfondito anche parlando del Lhammas;

  • Sezione sulla storia esterna delle lingue Elfiche, ovvero la ricostruzione della loro genesi e sviluppo al livello della creazione glossopoietica operata da Tolkien, con le numerose modifiche della concezione che sono intervenute nell’arco di oltre 50 anni: le tre “fasi” (approssimativamente identificate) di questo processo, Early, Middle e Late, con relative opere narrative correlate e relativi “lemmari” o raccolte di vocaboli/fraseologia;

  • Sezione sul corpus Quenya e Sindarin, facendo speciale riferimento agli esempi più famosi (tanto in prosa quanto in poesia) che si possono trovare nel Signore degli Anelli, nei Racconti Incompiuti o nella HoME;

  • Approfondimenti monografici sulle forme di mutazione del Sindarin (prestanneth vocalico, mutazioni della consonante iniziale – blanda, nasale, mista, tipologie minori);

  • Approfondimento sui generi della poesia elfica (ann-thennath, minlamad thent-estent, linnod);

  • Approfondimento monografico sullo shibboleth di Fëanor, e sulla mescolanza dei livelli linguistico e narrativo;

  • Approfondimenti sui vari sistemi di scrittura: le Sarati di Rúmil, le Tengwar di Fëanor, le Cirth di Daeron, ciascuno di questi inquadrato nell’ambito delle proprie lingue di utilizzo, e dando anche qualche indicazione sulle modificazioni storiche che sono intervenute in ciascuno; abbiamo anche dedicato un articolo ai cosiddetti alfabeti pre-fëanoriani (Valmaric, Qenyatic, Falassin, Noriac, Angloquenya) vale a dire tutti quegli step intermedi che Tolkien attraversò nel corso degli anni ’20 prima di arrivare a perfezionare le tengwar; ritorneremo in futuro su questo filone di argomenti;

  • Approfondimenti monografici sugli studi linguistici tolkieniani: il contributo delle riviste specializzate (con particolare enfasi su Parma Eldalamberon e Vinyar Tengwar), delle community online, della manualistica, della letteratura scientifica;

  • Nell’ultima sezione che abbiamo affrontato prima della pausa, denominata “Grammatica Quenya”, abbiamo trattato (in maniera assolutamente non esaustiva) i sostantivi (con dei cenni sulle due declinazioni conosciute del Quenya, la Plotz e la Bodleian) e in piccola parte i verbi (classi verbali, persona e numero, tempi verbali, modi finiti, un approfondimento monografico sul condizionale).

A questo punto vorrei fare un inventario di ciò che ancora ci resta da esaminare (argomenti residui di quella che potremmo considerare la “prima stagione” di questa rubrica), e proporvi una selezione di ulteriori contenuti (i quali faranno evidentemente parte di una “seconda stagione”, o tranche di articoli) che vadano oltre alla mia scaletta inizialmente concepita. A seconda della mia possibilità di ricerca e studio, i seguenti argomenti non saranno presentati necessariamente in quest’ordine, ma avranno accanto la dicitura “1ª stagione” o “2ª stagione”, a seconda che siano un proseguimento diretto degli argomenti (principalmente la grammatica del Quenya) introdotti precedentemente, oppure che si tratti di “nuovi, giovani concetti” da “enucleare” (cit.):

1ª stagione

  • Vorrei certamente completare il lungo e complesso discorso sul sistema verbale del Quenya. Tra i sotto-argomenti di questa vasta disciplina mi vengono in mente su due piedi:

    • i modi indefiniti, come infinito, gerundio e participi;

    • i tempi composti;

    • diatesi, aspetto, forme irregolari, copula;

    • la negazione;

  • Vorrei fornire, se possibile, qualche indicazione anche sui pronomi, approfittando delle ultime uscite su rivista di testi originali di Tolkien (è uscito, lo scorso 19 settembre, il 23° numero della rivista Parma Eldalamberon, contenente appunto un prezioso approfondimento sui pronomi);

  • Vorrei dedicare qualche appuntamento agli aggettivi e alla loro flessione;

  • Vorrei dedicare un appuntamento ai numerali, e ai sistemi che avevano gli Elfi per far di conto (decimale, duodecimale);

  • Vorrei approcciare, ma senza alcuna pretesa di “completismo”, le parti del discorso rimanenti, e dire perciò qualcosa su avverbi, articoli, congiunzioni, preposizioni, interiezioni.

stagione

  • Senz’altro è nelle intenzioni di questa rubrica quella di continuare l’analisi e il commento di elementi di corpus, andando a scovare anche le frasi meno note, forse, all’interno dell’opera di Tolkien, o quelle meno direttamente legate al Legendarium, ma nondimeno di questo satelliti, come la c.d. Arktik Sentence, presente nelle Father Christmas Letters (questa, in realtà, più che Quenya propriamente detto, è rappresentativa del suo “precursore”, il Qenya):

    • le prime poesie in elfico scritte da Tolkien, anche queste facenti parte della fase “early” dei costrutti linguistici, e dunque esempi di Qenya, più che di Quenya maturo (Nieninque, che si trova sia in A Secret Vice sia in Parma Eldalamberon n. 16, in più versioni; Earendel, stesse fonti; il frammento Noldorin “Nebrachar” citato sempre nella conferenza);

    • tre frasi di corpus del Signore degli Anelli che abbiamo tralasciato nella prima tranche di post (Yé! Utúvienyes!A vanimar, vanimálion nostari!Noro lim, noro lim, Asfaloth!);

    • il Quenya e il Sindarin presenti nel Silmarillion e nei Racconti Incompiuti;

    • alcune frasi dalla History (Pengoloð and Ælfwine da Peoples; Legendarium of the Fathers of Men da Morgoth’s Ring; Húrin’s threat da Jewels; la canzone di Lúthien presente nel Lai del Leithian);

    • le note su óre e la frase órenya quéte nin (Q) – guren bêd enni (S);

    • la c.d. Frase degli Ambidestri (in Vinyar Tengwar #49);

    • le Five Late Quenya Volitive Inscriptions (Vinyar Tengwar #49);

    • il Túrin Wrapper (Vinyar Tengwar #50);

    • la Merin Sentence (Letter to Dorothy – Tyalië Tyelelliéva n. 14);

    • le preghiere cattoliche tradotte in Quenya (Átaremma, “Padre Nostro”; Aia María, “Ave Maria”; Alcar i Ataren, “Gloria Patri”; Ortírielyanna, “Sub tuum praesidium”; Alcar mi Tarmenel na Erun, “Gloria in excelsis Deo”; la litania di Loreto) e in Sindarin (Ae Adar nín, “Padre Nostro”), tutte pubblicate nei numeri 43-44 di Vinyar Tengwar;

  • Vorrei presentare a grandi linee i primi “esperimenti” di glossopoiesi di Tolkien (Animalic, Nevbosh, Naffarin; altri ancor meno conosciuti come Gautisk, Mágol) ancora non legati all’immaginario di Arda e del suo Legendarium, ma già indicativi di un approccio che avrebbe poi perfezionato e ampliato con le lingue elfiche sorte già a partire dalla prima metà degli anni ’10;

  • Abbiamo già dedicato alcuni post alle Lettere da Babbo Natale e ai buffi episodi legati ai suoi aiutanti (su tutti l’Orso Bianco del Nord, Karhu): tra le pagine di quelle lettere, affettuosamente e genialmente scritte per divertire e fascinare i propri figlioli tra gli anni ’20 e gli anni ’40, si nascondono simpatiche chicche filologiche. Menzionavamo prima la arktik sentence, che è appunto in “Arktik”, il quale sembrerebbe una sorta di variante del Q(u)enya di quel periodo. Oltre a questo abbiamo anche il famoso “alfabeto Goblin”, con cui Tolkien scrisse un messaggio in codice, lasciando ai figli il divertimento (o la fatica!) di decrittarlo. Dedicheremo senz’altro qualche ulteriore post a queste divertenti incursioni di “un filologo al Polo Nord”;

  • A proposito di script divertenti, continueremo la disamina dei vari sistemi di scrittura inventati dal Professore (non soltanto “Arda-related”), dato che siamo ben lungi dall’averli esaminati tutti!

    • il Privata Kodo Skauta, “Private Scout Code”, risalente all’epoca in cui Tolkien era un giovane Scout. Si trova traccia di questo codice nel manoscritto denominato “Book of Foxrook” (1909);

    • le lettere gnomiche e le rune di Gondolin, composti nel periodo in cui Tolkien insegnava a Leeds (1920-25), sono tra i primi tentativi di creare dei sistemi di scrittura per le proprie lingue fittizie (all’epoca soprattutto lo Gnomico, ovvero il “precursore” del Sindarin), anche se non sono mai stati integrati nella narrativa principale;

    • il New English Alphabet, script su base fonetica, elaborato da Tolkien verso la metà degli anni ’60, e utilizzato soprattutto nei suoi diari privati;

  • Dedicheremo un approfondimento al mátengwië (lett. “linguaggio delle mani”), ovvero il linguaggio dei gesti (hwermë) degli Eldar;

  • Un argomento decisamente interessante da portare potrebbe essere quello del rapporto tra i linguaggi inventati e le lingue del Mondo Primario, verso le quali Tolkien nutriva tanto un interesse professionale (dopotutto era un filologo) quanto una passione genuina e profonda.
    La sua predilezione era soprattutto verso il finlandese, il gallese, l’Anglosassone, e, in misura minore, il Greco antico. Specialmente le prime due hanno contribuito a forgiare il gusto estetico cui in seguito ha attinto per l’identità fonolinguistica di Quenya e Sindarin, e dunque gli sono servite in un certo senso come ispirazione;

  • Si continuerà senz’altro a citare stralci della conferenza A Secret Vice, almeno nei suoi passaggi più significativi (come abbiamo fatto recentemente, riportando il racconto dell’episodio dell’“ometto” che coniava la sua grammatica personale mentre lui e lo stesso Tolkien si trovavano in trincea).
    Questo saggio, contenuto all’interno della raccolta The Monsters and the Critics, and Other Essays (1983), si presta particolarmente per portare a segno, attraverso le parole dello stesso Tolkien, una serie di concetti e di riflessioni sulla lingua; sul potenziale “artistico” dell’esercizio della facoltà linguistica; sul piacere estetico squisito nato della contemplazione della forma-vocabolo e del suo rapporto con il concetto; sulle differenze tra lingue “tradizionali” e lingue “artificiali/artistiche” da un lato, e tra lingue “storiche” e lingue-costrutto ideali (ma sprovviste di una mitologia che le sostenti e sorregga) dall’altro; insomma, sono pagine davvero pregne di spunti importantissimi (non è un caso che quella fatidica conferenza sia diventata così iconica per il tema degli studi linguistici tolkieniani), e riassumerle all’interno di questa rassegna potrebbe servire a fare un po’ il punto sulle tesi che abbiamo fin qui espresso.

Nell’addentrarci in questa selva di stimoli e di nuove avventure, vorrei partire proprio dall’ultima cosa, e compiere, nei prossimi appuntamenti, qualche riflessione sulla centralità della glossopoiesi nell’attività di questo autore, tirando un po’ le somme su ciò che abbiamo già potuto ampiamente osservare dalla prima tranche di approfondimenti e che, ahimè, non sempre è riconosciuto unanimemente dai lettori e/o appassionati di Tolkien. Spesso infatti si sottovaluta l’importanza cruciale e l’impatto fondamentale che l’anima linguistica e filologica di Tolkien ha rivestito per la sua attività narrativa: semplicemente quest’ultima non potrebbe esistere senza la prima, e se puta caso ciò non fosse vero in ogni caso la narrativa tolkieniana non avrebbe le caratteristiche che l’hanno resa così, caratteristiche che riescono a conferire al mondo narrativo quell’intima consistenza della realtà di cui Tolkien parla nel saggio sulle fiabe.

Infatti per Tolkien, la Lingua è manifestazione della Luce, dapprima intatta (Λόγος) e successivamente frammentata (parole), come spiega magistralmente Verlyn Flieger nel fondamentale Splintered Light; e questa chiave di lettura ci arriva dallo stesso Tolkien, e dalla lettura attenta del Silmarillion e dei suoi significati, come cercheremo di argomentare (seguendo il saggio di Flieger) in una futura rubrica, correlata ad argomenti linguistici ma non esclusiva di questi, che potremmo magari dedicare alla critica letteraria tolkieniana. Come si può arguire già da questa carrellata, gli argomenti sono inesauribili, e non vi è praticamente limite a quanto è possibile approfondire il mondo di questo autore.

Come d’abitudine, vi lascio in calce una bibliografia e sitografia di riferimento.

Come direbbe l’Orso Bianco del Nord,

mára mesta an ni véla tye ento, ya rato nea!
arrivederci alla prossima volta, che spero venga presto!

***

Bibliografia:

I- Opere di J. R. R. Tolkien:

A- (scritti linguistici):

      • The Lord of the Rings, Appendices E-F

      • The Silmarillion, Appendix: “Elements in Quenya and Sindarin Names”

      • The History of Middle-Earth

        • volumi I-II, Appendici;

        • volume V, Lhammas, Etimologies;

        • volume IX, The Drowning of Anadûnê;

        • volume XI, Quendi and Eldar;

        • volume XII, saggi vari

B- (narrativa):

      • Letters from Father Christmas (1976)

      • The Silmarillion (1977)

      • Unfinished Tales of Númenor and Middle-Earth (1980)

C- (saggistica ed epistolario):

      • On Fairy-Stories (1947) in Tree and Leaf (1964) e altrove

      • The Letters of J. R. R. Tolkien (1981)

      • The Monsters and the Critics, and Other Essays (1983) (in particolare A Secret Vice e English and Welsh)

II- Sulle lingue tolkieniane:

  • Parma Eldalamberon (rivista), numeri I-XXIII (1971-in corso)

  • Vinyar Tengwar (rivista), numeri I-L (1988-2013)

  • Le lingue degli Elfi della Terra di Mezzo (manuali), vol. I-II di Gianluca Comastri

III- Critica letteraria su Tolkien:

  • Splintered Light (“Schegge di Luce”) di Verlyn Flieger

Sitografia:

***

Al seguente link, sul nostro sito “Racconti di Tolkien”, trovate la rubrica sulle Lingue Tolkieniane al completo: https://www.raccontiditolkien.it/category/analisi/lingue/

-Rúmil

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