Le Porte di Durin
Eregion, c.a. 1.000 S.E. – Khazad-dûm, 3.019 T.E.
Le Porte di Durin sono uno degli artefatti più significativi esistenti nella Terza Era. Non solo perché essi rappresentano un sublime esempio di arte difensiva, impreziosite da fregi in ithildin, l’elemento capace di riflettere solo la luce delle stelle o della Luna, ma anche perché costituiscono testimonianza della più grande collaborazione artistica tra Elfi e Nani: quella che unì per molti secoli gli artieri elfici della Gwaith-i-Mírdain guidati da Celebrimbor e il Popolo dei Lungobarbi di Khazad-dûm.

Fino alla Seconda Era, l’ingresso principale di Khazad-dûm era infatti stata la Porta Orientale, da cui partivano le rotte che univano il Regno della Stirpe di Durin con quelli degli altri Signori dei Nani, a Nord oltre Bosco Atro. Tuttavia, a seguito dell’incontro con Celebrimbor e i fabbri di Eregion, si rese necessario un più semplice accesso anche dal lato Occidentale delle Montagne, che fosse utilizzabile sia dai Nani che dagli Elfi che spesso si recavano a Khazad-dûm per commerciare e confrontarsi con gli artigiani che vi risiedevano.
Così Celebrimbor, Signore dell’Eregion e supremo nelle arti manuali, fece squadra con Narvi, il più grande tra gli artigiani dei Nani, per creare insieme un accesso all’altezza delle ambizioni di entrambi i regni. Furono così create le Porte di Durin, splendido esempio della combinazione delle capacità dei due popoli: come tutti i cancelli dei Nani, benché fossero costruiti da due blocchi di pesante pietra, una volta chiuse le porte risultavano invisibili agli occhi di un osservatore, senza alcuna giuntura tra i due battenti. E alla maniera elfica esse furono dotate di fregi in Ithildin creati da Celebrimbor in persona, che le rendevano visibili solo di notte, quando la Luna o le stelle splendevano in cielo, rendendole così impossibili da individuare per nemici che si volessero introdurre nella città nascosta.
Ed erano dotate di un singolare incantesimo, poiché solo chi conosceva la parola d’ordine poteva accedere: una volta pronunciata, infatti, le porte si sarebbero aperte autonomamente, senza che alcuno dovesse manovrarle.
Non a lungo però rimasero in uso, probabilmente solo qualche centinaio d’anni. Durante la Guerra tra Elfi e Sauron, infatti, le Porte furono sigillate dopo che l’Eregion fu devastato dalle forze di Mordor e Celebrimbor ucciso dal Nemico, che in quell’occasione riconquistò tutti gli Anelli degli Uomini. E così il passaggio Occidentale per Moria non fu più riaperto, e il segreto della parola d’ordine, generazione dopo generazione, andò perduto.
La successiva menzione delle Porte risale a diversi millenni dopo, quando Balin figlio di Fundin tentò con un gruppo di compagni la riconquista di Moria. Si racconta infatti che, dopo che egli fu ucciso presso il Mirolago, alcuni dei Nani tentarono la fuga dalla Porta Occidentale per sfuggire agli Orchi che li inseguivano sempre più numerosi; tuttavia, l’Osservatore nell’Acqua uscì dal proprio stagno e prese Óin, impedendo ai Nani di fuggire e costringendoli all’estrema resistenza nella Camera di Mazarbul, intorno alla tomba del proprio Signore, ove, molti anni dopo, i membri della Compagnia dell’Anello ne appresero la sorte leggendo il libro ivi conservato.
Si dice che anche Gollum, durante la sua ricerca dell’Anello perduto e la sua caccia al ladro Baggins, cercò un passaggio verso Occidente attraverso le montagne nebbiose. Ma quando giunse alle porte, scoprì di non essere abbastanza forte per aprirle dall’interno, rimanendo intrappolato a Moria.
Alcuni anni dopo, durante la Cerca dell’Anello, la Compagnia si avvicinò alle Porte e tentò di entrare a Moria da lì, dopo che il tentativo di attraversa il Cancello Cornorosso venne frustrato dalle tempeste.
All’inizio, Gandalf non riuscì ad aprirle, avendole precedentemente attraversate proveniente da Oriente, e averle aperte come Gollum non poté fare. L’unica soluzione era dunque risolvere l’enigma vergato sopra di esso molti anni prima da Celebrimbor in persona.
L’iscrizione era un enigma (in Sindarin: Pedo Mellon a Minno): “parla, amico, ed entra“. La risposta era una parola d’ordine in una lingua elfica che avrebbe fatto aprire le Porte. Gandalf alla fine risolse l’enigma, cogliendo la curiosità di Meriadoc e pronunciando la parola elfica per amico, mellon.
Un termine la cui scelta ci permette di sottolineare ulteriormente quanto profondo doveva essere il legame tra i Nani di Moria e gli Elfi di Eregion, tanto che i primi accettarono di utilizzare, per aprire le porte del proprio Regno, una parola in Sindarin.

L’iscrizione completa sulle porte recitava, in lingua elfica, “Ennyn Durin Aran Moria. Pedo Mellon a Minno. Im Narvi hain echant. Celebrimbor o Eregion teithant i thiw hin”, che può essere tradotto con “Le Porte di Durin, Signore di Moria. Dì, amico, ed entra. Io, Narvi, le feci. Celebrimbor dell’Agrifogliere tracciò questi segni”.
Ma torniamo alle Porte durante i Grandi Anni, quando la Compagnia dell’Anello le stava varcando. Fu in quel momento che l’Osservatore nell’Acqua cercò di avvinghiare Frodo nei suoi tentacoli, e una battaglia si scatenò intorno alle porte, fino a che tutti i membri della Compagnia non riuscirono a fuggire all’interno e l’Osservatore, nell’impeto del suo attacco, si schiantò contro le mura, facendolo crollare.
Non è descritto, ma è probabile che anche le porte siano state travolte nella loro rovina, distruggendo per sempre una delle più pure testimonianze dell’amicizia tra Elfi e Nani.