Nello scorso appuntamento abbiamo introdotto il canto A Elbereth Gilthoniel! dal punto di vista narrativo e simbolico. Vorrei adesso fornire, come d’abitudine, qualche chiave di lettura di analisi linguistica.
Riporto una selezione di note tratte dalla voce di WPP sulla poesia (traduzione mia):
Ecco una traduzione il più letterale possibile.
(1) O Elbereth Accenditrice di Stelle, (2) faville che digradano scintillanti (come gioielli) (3) dal Firmamento gloria delle stelle! (4) a (remote) distanze contemplando lontano (5) dalle Terre-di-Mezzo rivestite di alberi, (6) Fanuilos a te io canterò (7) oltre il Mare, qui oltre il Grande Mare.
[Seguono altre due proposte di traduzione, più parafrasate].
Dell’analisi parola per parola riporto per brevità solo le voci relative ai versi 1-3:
S Elbereth ha el- “stella” come prefisso. [Ma dal momento che la b non è mutata il nome è probabilmente da riferirsi a *elen-barathī > el mbereth.]
[Contestualizzazione mitologica su Varda].
¶ I nomi Elbereth, Gilthoniel, Fanuilos. Questi si riferiscono alla grande Valie chiamata in Quenya Varda, “la Nobile, l’Alta” [ingl. Lofty]. In Sindarin Elbereth (raramente Bereth) è il suo nome solito, gli altri due sono “titoli”. […]
S Gilthoniel è < √ñgil (g̃illĭ/g̃illē) e √thăn/thān “attizzare”, “dare fuoco, accendere, dare luce a” S Gilthoniel (= Q Tintalle, q.v.) “Attizzatrice di stelle”; iel, un suffisso femminile in Quenya e Sindarin, corrisponde al maschile -we. […]
S silevren, agg. come silef “cristallo” (bianco) = Q silma (entrambi da *silimā). […]
S penna, 3ª persona singolare indefinita del verbo penna “scendere”, originariamente “scendere da un pendio o da una collina”. […]
S míriel, agg. o quasi-avverbio (in origine forma participiale del verbo míria, brillare come un mîr o un gioiello) “come un gioiello, splendente come un gioiello”. […]
S o “da”. […]
S menel, i cieli, la volta apparente del cielo. [Probabilmente una parola Quenya introdotta in Sindarin. Era usata in opposizione a kemen “la Terra” nell’accezione di una superficie apparentemente piatta al di sotto di menel. [piccolo diagramma che illustra schematicamente menel e kemen. Nota personale: ricorda un po’ le raffigurazioni di Nut e Geb nell’iconografia antico egizia].Ma queste erano parole “figurate”, dal momento che il folklore degli Eldar e dei Númenoreani includeva molte conoscenze di astronomia.] […]
S aglar, radiosità, gloria. < da un antico aklar, un derivato della radice kal- “luce”. La forma Quenya era alkar (cfr. Atanatar (“Padre degli Uomini” Alcarin “il glorioso”, III 318). S aglareb “glorioso, brillante”, Q alcarin, alcarinqua. […]
S elenath, plurale generale o collettivo (utilizzato per includere appropriatamente tutti gli elementi di una data categoria o gruppo identificato) “(la schiera di tutte) le stelle”. Il plurale particolare è elin, il singolare êl, o elen. Q elen, pl. eleni (elli, eldi). [Il genitivo strettamente detto (specialmente quando si implica identità, come “la città di Minas Tirith”), e non del tipo che implica alcun movimento di o da o una relazione partitiva, è espresso dalla mera giustapposizione.] Il genitivo esplicitato [“pieno”] sarebbe elenathon. […]

Dato che li abbiamo citati, offro di seguito la traduzione (letterale [“parafrasi”]) dei due versi “aggiunti” da Sam al canto:
le nallon sí di’nguruthos!
A tiro nin, Fanuilos!
A te io grido qui sotto l’ombra della morte!
[“Qui io ti invoco, sopraffatto dalla paura della morte”]
Guarda verso di me [“vigila su di me, proteggimi”], o Sempre-bianca!
Ultima nota interessante che vorrei sottoporre è proprio sulla parola Fanuilos, uno degli epiteti di Varda, che è solitamente reso con “Sempre-bianca”, e tuttavia Tolkien ci informa che
¶ Fanuilos è più difficile da tradurre. Candida-neve [ingl. “Snow-white”], usato in quello che ha la pretesa di essere una traduzione di un altro inno simile [proprio quello cantato dagli Elfi di Gildor nel capitolo “In tre si è in compagnia”, vd. sopra], è inadeguato. Uilos è l’equivalente Sindarin di Oiolosse, il nome della leggendaria montagna più alta del mondo (Monte Semprebianco), I 394, il grande picco al centro delle Pelóri, le Montagne di Difesa (I 248) che cingono la terra dei Valar dall’Est. L’elemento fan- (Q fana, S fân) è “elfico” e non facile da tradurre. Si può dire significhi “forma”, ma con la nozione supplementare di luce e biancore; pertanto è usato spesso laddove noi useremmo “una visione” – o qualcosa di bellissimo e sublime. Tuttavia, essendo elfico, sebbene possa essere usato di cose remote, non ha implicazioni né di incertezza né di irrealtà. Il Fân qui rappresenta la visione della maestà di Elbereth al di sopra della montagna dove ella risiede. Cosicché Fanuilos nel suo pieno significato è effettivamente: Figura (brillante e maestosa) al di sopra di Uilos. […]
È davvero molto affascinante osservare come Tolkien si sforzi di veicolare l’idea che esistano concetti in Elfico che non hanno un corrispettivo nella nostra lingua, né nella nostra cultura o mentalità. Questo è un principio con cui ci scontriamo sempre quando ci affacciamo a lingue e culture diverse dalla nostra; e Tolkien, in quanto filologo, si sarà senz’altro confrontato, nel corso della sua carriera, con testi antichi in cui referenti culturali, visioni del mondo, utilizzo di espressioni, linguaggio figurato, sono così avulsi dai nostri da suggerire un approccio alla realtà totalmente diverso, e dunque anche un diverso tentativo di esprimere il rapporto con essa attraverso le parole.
Questo discorso, se applicato agli Eldar, è acuito dal fatto che stiamo parlando di esseri provvisti di un’“immortalità legata al mondo”, che vivono, pensano e formano discorsi con una sensibilità nettamente diversa dalla nostra. Ecco perché Tolkien ritiene necessario sottolineare come il carattere remoto della “visione” suggerita dal termine Fanuilos non abbia alcunché di irreale o incerto. La “visione” è una “forma” assolutamente concreta, benché sublime e ineffabile.
Gli Elfi hanno le “loro” parole. Parole spesso intraducibili, o che, se si prova a tradurne il senso, lo si fa inevitabilmente a rischio di una semplificazione e banalizzazione. Il linguaggio degli Uomini è impotente, può restituire solo fino a un certo punto le sfumature che gli Elfi vi riescono a imprimere.
Non è un caso se noi uomini non siamo Quendi: la parola è per noi una dimensione accessoria, artificiale, rispetto alla vita. Mentre invece gli Elfi sono creature eminentemente linguistiche, che vivono la loro intera esistenza in una dimensione legata al canto e alla poesia. E questi aspetti, insieme all’arte, hanno per loro un valore quasi più concreto della realtà tangibile.
Riporto di seguito la trascrizione dell’Inno in lettere Tengwar (modo ómatehtar):
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Bibliografia di riferimento:
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The Lord of the Rings (1955; 1966) by J. R. R. Tolkien.
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Words, Phrases & Passages in The Lord of the Rings, tratto da Parma Eldalamberon #17 (2007) ed. Christopher Gilson.
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Le Lingue degli Elfi della Terra di Mezzo, Vol. I: storia e sviluppo delle lingue elfiche di Arda (2016) di Gianluca Comastri.
Sitografia:
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Ardalambion/A Elbereth Gilthoniel https://folk.uib.no/hnohf/elbereth.htm
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Eldamo.org/A Elbereth Gilthoniel https://eldamo.org/content/words/word-4032837847.html
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Parf Edhellen/An Elvish Hymn to Varda
https://www.elfdict.com/phrases/1-sindarin/11-an_elvish_hymn_to_varda?offset=1#!3/7296
-Rúmil