Ciò nondimeno, non mi sarebbe piaciuto trovarmi nei panni del signor Baggins. Pareva che il tunnel non avesse mai fine. Bilbo sapeva solo che continuava a scendere costantemente sempre nella stessa direzione, nonostante una curva o due. Ogni tanto sui fianchi della roccia si aprivano dei passaggi laterali, come capiva dal luccichio della spada, o poteva sentire toccando la parete.
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 «Lenta è però Lórien a logorarsi», disse Frodo. «È custodita dal potere della Dama. Ricche e intense sono le ore a Caras Galadhon, quantunque sembrino brevi, perché ivi Galadriel ha nelle sue mani l’Anello Elfico».
 «Sono parole che non dovevano essere pronunciate fuori da Lórien, neanche rivolte a me», disse Aragorn.
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 «La Dama di Lórien! Galadriel!» Gridò Sam. «Dovreste vederla, davvero dovreste, signore. Io non sono che un Hobbit, e a casa il mio lavoro è il giardinaggio, signore, quindi voi capirete che non sono bravo nel comporre versi: forse di tanto in tanto qualche poema comico, sapete, ma non della vera poesia.
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 Bilbo si trovava ora in quella che viene propriamente chiamata una strettoia. Dovete però ricordarvi che per lui non era proprio così stretta come lo sarebbe stata per me o per voi. Gli Hobbit non sono esattamente simili alla gente normale; e dopo tutto, anche se le loro caverne sono dei bei posti allegri e ben arieggiati, molto diversi dai tunnel degli Orchi, tuttavia essi sono molto più avvezzi di noi a scavare gallerie e non perdono facilmente il senso dell’orientamento sottoterra – non quando la loro testa si è rimessa dall’aver preso una botta.
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 «E forse così è», disse Frodo. «In quella terra, chissà, eravamo in un tempo che altrove è ormai molto lontano. Credo che fu solo al momento in cui l’Argentaroggia ci riportò sull’Anduin, che ritornammo nel tempo che scorre attraverso le terre dei mortali sino al Grande Mare.
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 Suonò la campana di mezzogiorno, e nessuno aprì bocca. Frodo lanciò un’occhiata a tutti i visi che gli stavano intorno, ma nessuno era rivolto verso di lui. L’intero consiglio sedeva con gli occhi bassi, come immerso in profonda riflessione. Una grande paura lo sopraffece, e gli parve di attendere la pronunzia di qualche condanna che prevedeva da tempo, nutrendo però la vana speranza che potesse non essere, dopo tutto, formulata.
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 La sguainò. Riluceva pallida e offuscata davanti ai suoi occhi. «Dunque anche questa è una lama elfica,» pensò «e gli Orchi non sono molto vicini, anche se non sono lontani abbastanza».
 Ma si era un po’ rincuorato. Cingere una lama forgiata a Gondolin per le guerre contro gli Orchi, di cui tante canzoni avevano cantato, era una cosa che dava prestigio; ed egli si era anche accorto che questo tipo di armi aveva fatto una grande impressione agli Orchi che erano improvvisamente piombati su di loro.
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 Sam sedeva e pareva stesse contando qualcosa sulle dita poggiate sull’elsa della spada, mentre il suo sguardo era levato al cielo. «È molto strano», mormorò. «La Luna è la stessa che brilla nella Contea e nelle Terre Selvagge, o perlomeno dovrebbe essere così.
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 Gli Ent avanzavano a gran velocità. Erano discesi in una lunga piega del terreno che si abbassava verso sud, e attaccarono la scalata dell’alta e ripida scarpata occidentale. I boschi si diradarono a poco a poco, per lasciare il posto a sparse macchie di betulle, e infine a nudi pendii ove cresceva soltanto qualche pino sparuto.
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 «Io non lo so», disse Gimli. «Ma sono felice che l’ombra non si sia avvicinata ancor di più. Non mi piaceva per nulla. Troppo mi ricordava l’ombra di Moria…, l’ombra del Balrog», soggiunse bisbigliando.
 «Non era un Balrog»,, disse Frodo, rabbrividendo ancora per la gelida corrente che era penetrata in lui.
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