Vuoto Atemporale, prima del Tempo – Fine dei Giorni

 

Tra le schiere di Maia che, all’inizio dei tempi, hanno destinato la propria devozione a Ulmo, Signore del Mare e delle Acque, due sono ricordati nelle cronache di Elfi e Uomini per il ruolo cruciale che ebbero nelle cronache degli antichi giorni: Ossë e Uinen.

Eppure, benché fossero spiriti affini già durante l’Ainulindalë, dopo la loro discesa su Arda i reciproci sentieri sembravano destinati a dividersi. Paludatosi di un corpo fatto di onde e spuma, Ossë sentì il richiamo della materia farsi strada in lui, mentre assisteva alla potenza del mare sulle coste, capace di portare speranza e distruzione al contempo, e di scalfire montagne con una perenne, incessante furia. Fu per questo, dicono i saggi, che quando Melkor tentò di corrompere i Maia, nel pieno della beatitudine di Arda, Ossë fu sul punto di volgere le spalle ai Valar e di unirsi alle sue schiera.

Ma Ulmo, dalla sua reggia nella profondità del mare, mai avrebbe permesso che uno dei propri più prodi vassalli cadesse in tentazione. Parlò dunque a sua moglie Uinen, che sommamente amava le creature che popolavano i flutti e le sponde da essi lambiti. Ed ella si volse al suo sposo, di cui sola sapeva interpretare le profondità dello spirito, e a cagione dei mali ch’egli avrebbe portato agli esseri viventi da lei protetti, riuscì a convincerlo a mettere a tacere il proprio orgoglio e a tornare leale al Signore delle Acque.

 

Ossë e i Teleri, di Steamey

Al risveglio dei Quendi nella Terra di Mezzo, l’ombra che sembrava aduggiare il cuore di Ossë non era scomparsa del tutto. Ma quando, al termine della Grande Marcia, molti degli Elfi della Terza Schiera indugiarono sulle sponde del Grande Mare – chi in attesa del ritorno di Elwë e chi, impaurito dalla potenza delle onde, non osava avventurarsi sui suoi flutti – Ossë fu inviato ad accudirli e a proteggerli. E Ossë imparò ad amarli, insegnando loro le storie del mare e la musica delle profondità. Uinen sua moglie era insieme a lui, e trasmise ai Lindar l’imperituro rispetto per le creature del mare.
Fu per questo che alcuni Elfi, tra i quali Cìrdan il Carpentiere, scelsero di non abbandonare mai le sponde della Terra di Mezzo. Furono costoro i Falathrim, che popolarono i porti di Brithombar ed Eglarest nel corso della Prima Era e poi i Porti Grigi del Lindon in quelle successive, fino alla partenza dell’Ultima Nave.

Ma anche coloro che tra i Teleri decisero di seguire Olwë e di raggiungere Valinor, quando udirono il canto di Ossë provenire dal mare proprio in vista delle Terre Immortali, chiesero a Ulmo di potersi fermare al largo per non abbandonare questa musica che tanto amavano. Il Signore del Mare accosentì, e così Ossë fermò l’isola sulla quale viaggiavano, e la saldò con terra e pietra al fondo del mare. E quest’isola fu chiamata Tol Eressëa, l’Isola Solitaria al centro della Baia di Eldamar.

Quivi rimasero per qualche tempo. Ma la luce degli alberi che li illuminava dal Calacirya, e la volontà di ricongiungersi con i propri parenti dai quali a lungo erano stati separati, alla fine li vinsero. E riluttante Ossë accolse l’invito dei Valar e del suo Signore Ulmo, e insegnò agli Elfi l’arte della carpenteria e della costruzione di navi, concedendogli il trasporto a dorso dei suoi cigni fino a Valinor.

Molti anni passarono, anche secondo il computo dei Valar. Ma quando Fëanor, incolpando i Valar della morte del padre e del furto dei Silmaril, sollevò i Noldor verso l’Esilio e il proprio Destino fino all’estremo sacrilegio della strage dei Porti, Ossë non intervenne per fermare le navi in rotta verso la Terra di Mezzo. Questo perché i Valar non vollero ripagare la violenza con altra violenza. E Ossë dimostrò la sua fedeltà a Ulmo suo Signore rispettando questo volere.

La Signora del Mare, di Elena Kukanova

Dopo che i Valar emisero il Fato dei Noldor, Ossë fu incaricato di sorvegliare le sponde del Beleriand, affinché nessuna nave dei Noldor potesse mai raggiungere Valinor. Le sue tempeste distrussero ogni nave che osasse puntare la prua troppo ad Ovest, e solo un Elfo tra tutti coloro che tentarono questa ventura tornò a muovere i propri passi sulla Terra di Mezzo. Il suo nome era Voronwë di Gondolin, e fu lui a incontrare e a portare al cospetto di re Turgon Tuor figlio di Huor, come Ulmo aveva voluto che fosse.

E fu questo forse un’avvisaglia del Destino che lo attendeva. Perché al termine della Guerra d’Ira e della rovina del Beleriand, Ossë e Uinen giocarono una parte cruciale anche nelle vicende degli Edain che aiutarono gli Elfi nelle guerre contro Morgoth. All’inizio della Seconda Era, infatti, fu Ossë a sollevare dal fondo del mare Elenna, la Terra del Dono, che gli uomini chiamarono Nùmenor.

E Uinen sua sposa, la sola che fosse in grado di calmare suo marito nella sua collera, era considerata dai Nùmenoreani una protettrice, patrona dei mari calmi. A lei si rivolgevano prima dei viaggi sul mare, come buon augurio, o durante le tempeste, perché intercedesse sul proprio sposo. E ciò avvenne finché gli Uomini non volsero le spalle ai Valar, imboccando la strada che avrebbe portato alla Caduta.

 

I nomi Ossë e Uinen, con cui i due Maiar sono noti agli uomini, vengono fatti risalire al Quenya. Ossë infatti significa “terrore” in questa lingua, a confermare il timoroso rispetto con il quale i primi Elfi si rivolgevano al Grande Mare. Ma vi è anche chi sostiene che questo nome non sia che l’adattamento di un termine più antico formato nella lingua stessa dei Valar, che significherebbe “colui che è fatto di spuma”, come la schiuma che crea il mare quando tocca le sponde. Similarmente, anche il nome Uinen viene fatto risalire al linguaggio dei Valar, ma al suo interno contiene l’elemento “nen” (“acqua” in Quenya).

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