Ombromanto
Edoras, ? T.E. – Aman, ?, Q.E.
Tra le creature minori che popolano la Terra di Mezzo, un ruolo cruciale svolgevano i cavalli, fondamentali cavalcature per tutti i popoli di Arda. Sommi tra di essi erano i Mearas, stirpe di cavalli dotati di grandi intelligenza, velocità e forza, e caratterizzati da un’indole orgogliosa e indipendente.
Si racconta che essi furono portati nella Terra di Mezzo da Oromë in persona, che con essi cavalcava lungo le praterie dell’Est, quando la Terra era giovane. E alcuni di questi cavalli rimasero nella Terra di Mezzo anche dopo la Prima Era, popolando le verdi vallate dell’Eriador e del Grande Fiume.

I cavalli di quest’ultima regione erano particolarmente apprezzati dagli Uomini della valle dell’Anduin, e dagli Éothéod tra di essi. Uno dei loro capi, divenuto poi famoso come padre di Eorl il Giovane, era Léod, che tentò di domare Felaròf, il più grande e il più selvaggio tra i Mearas. Ma egli morì nel tentativo, e fu suo figlio Eorl a riuscire a cavalcarlo, prendendolo in servitù in cambio della vita del padre che il cavallo gli aveva sottratto.
Passarono i secoli, e i Mearas si moltiplicarono nel Regno di Rohan, fondato da Eorl dopo la vittoria sul campo di Celebrant e il dono che gli fu fatto, da parte di Cirion Sovrintendente di Gondor, del Calenardhon tra i Monti Bianchi e il Grande Fiume.
508 anni dopo, il più grande e il più forte dei Mearas era Ombromanto, gioiello delle scuderie di Edoras, che fu scelto da

Gandalf come propria cavalcatura quando,
fuggito da Orthanc, si presentò alla corte di Re Théoden chiedendo il suo aiuto. Per riuscire a domarlo, lo Stregone dovette inseguirlo per più di due giorni tra i campi di Rohan. Un’impresa notevole, se si considera che, dopo essersi lasciato domare da Gandalf, Ombromanto percorse 620 miglia (quelle che separavano Rohan dalla Contea) in cinque soli giorni.
Da quel giorno in avanti, Ombromanto sarà fedele compagno di Gandalf. Tutti i cavalli che incontrò durante la loro avventura, a partire da Hasufel e Arod con cui viaggiavano Aragorn, Legolas e Gimli, lo riconoscevano come loro Signore.
Dopo la vittoria del Fosso di Helm, Ombromanto diede nuova prova delle sue capacità conducendo Gandalf e Pipino da Edoras a Minas Tirith senza alcuna sosta, riuscendo anche a seminare le bestie alate su cui si spostavano i Nazgûl. Durante l’assedio e la Battaglia dei Campi del Pelennor, Ombromanto fu il solo, tra i cavalli, a non indietreggiare quando si trovò di fronte il Signore di Angmar, capo dei Nazgûl, quand’egli spezzò il bastone di Gandalf poco prima dell’arrivo della cavalleria di Rohan, pochi minuti prima dell’alba decisiva dell’ultimo giorno di battaglia.
Qualità che testimoniano una natura fortemente diversa da quella dei comuni cavalli della Terra di Mezzo, che non poteva che risalire al sangue dei suoi antenati, cresciuti a Valinor durante l’Era degli Alberi e portatori di impareggiabili ardore e forza.
Non stupisce allora che, quando la Terza Era volse al termine e la nave che portava Frodo, Bilbo, Elrond, Galadriel e Gandalf al di là dal Mare salpò dai Porti Grigi, anche Ombromanto salì con loro e tornò all’Ovest, terra dei suoi padri. Perché il mondo non era più fatto per ospitare prodigiosi animali com’egli era; e la magia degli Elfi andava spegnendosi, e perfino l’influsso dei Valar non era più che una lontana eco di un mondo che stava per essere dimenticato. Ombromanto era l’esempio d’una natura antica e primigenia, che i popoli liberi erano chiamati a governare ma che manteneva la sua indipendenza, segno di un indomito orgoglio. Ma con l’inizio della Quarta Era, l’Uomo si apprestava a stendere la sua mano su ogni aspetto dell’esistente, e a farne un proprio strumento.
Un destino al quale Ombromanto non avrebbe mai saputo, né potuto, rassegnarsi.