La più grande e la più tragica delle battaglie del Beleriand e ultimo scontro prima della Guerra d’Ira. La battaglia, la Quinta di quelle combattute nella prima era tra i Figli di Iùvatar e Morgoth, divenne nota come Nirnaeth Arnoediad, “Innumerevoli Lacrime”, un nome che, descrivendo le conseguenze ch’essa ebbe per Elfi, Uomini e Nani, si riferisce in particolare ai fatti successi il Quarto Giorno di battaglia
Dopo la Battaglia della Fiamma Improvvisa i Regni Noldor, Sindar ed Edain si erano riorganizzati ed erano riusciti a contenere le forze di Morgoth ottenendo anche qualche vittoria nei conflitti periferici di questo periodo, durante il quale mai lo scontro cessò del tutto. E ancora Gondolin, Nargothrond e Doriath rappresentavano territori nascosti e ben protetti, ove il Nemico non era in grado di accedere.
Inoltre, l’impresa di Beren e Luthien e lo smacco che essi avevano inflitti a Morgoth aveva riacceso i cuori elfici e Maedhros, maggiore dei figli di Fëanor, si mise all’opera per creare una grande alleanza di Elfi, Uomini e Nani per ristabilire l’assedio ad Angband. Perché, si disse, presi singolarmente i Regni del Beleriand non avevano speranze contro Angband. Ma insieme costituivano ancora una grande forza, a cui serviva solo una strategia condivisa per avere successo.
Così Maedhros spiccò messaggeri all’amico Fingon, Re Supremo dei Noldor, e grazie al suo aiuto l’accordo prese vita e vide riunite le Case degli Edain, i Regni Noldor e i Nani di Belegost. Nacque così L’Unione di Maedhros, la più grande alleanza tra popoli liberi mai vista al di qua del mare. Le fucine di Nogrod e Belegost erano in piena attività per forgiare armi, mentre gli Esterling seguaci di Bóre Ulfang venivano addestrati per la guerra. Nel Beleriand occidentale, anche i Noldor di Hithlum, gli Uomini della casa di Hador e il popolo di Haleth si prepararono. E le notizie dell’Unione e dei preparativi in corso giunsero anche a Turgon, il Re Celato.
Nirnaeth Arnoediad, autore sconosciuto
A causa delle malefatte di Celegorm e Curufin, i piani di Maedhros furono però ostacolati: Orodreth, re di Nargothrond, rifiutò di partecipare, ma Gwindor si unì all’Unione, comandando un gruppo di Elfi desiderosi di prendere parte a quelle grandi gesta. All’appello mancavano solo le forze del Doriath, che Thingol era restio a inviare alla pugna al fianco dei fëanoriani, poiché ancora viva era in lui il rancore per il massacro di Alqualondë, del quale Galadriel aveva rivelato la storia a Melian. Così da Menegroth solo Mablung e Beleg decisero di partire, non volendo restare indietro in quella che si preannunciava come una battaglia decisiva per le sorti dei loro tempi, e si unirono all’esercito di Fingon.
Un anno dopo, Maedhros mise alla prova la sua forza per la prima volta, liberando le regioni settentrionali del Beleriand dagli Orchi e riconquistando gran parte delle terre perdute dagli Elfi nella Dagor Bragollach, compreso il Dorthonion. Tuttavia, Maedhros ignorava che Ulfang e i suoi seguaci fossero segretamente alleati di Morgoth, che grazie a queste spie conosceva bene i piani dell’Unione.
Queste erano le forze messe in campo da Fingon e Meadhros, divise in due schiere così costituite:
L’esercito Occidentale, comandato da Fingon, era formato dai Noldor dell’Hithlum, dalle forze di Nargothrond guidate da Gwindor e da Mablung e Beleg del Doriath. Ad essi si unì un drappello di Falathrim inviati da Cìrdan oltre agli Uomini del Dor-Lòmin comandati da Húrin e Huor e agli Uomini del Brethil guidati da Haldir.
L’esercito Orientale, comandato da Maedhros, che raccoglieva le armate dei Figli di Fëanor, a loro volta divise in un battaglione guidato da Maedhros e Maglor, che conteneva anche gli Uomini di Bòr, e uno guidato da Caranthir e gli altri fratelli, ai cui ranghi si erano uniti anche gli Orientali di Ulfang. Con loro combatterono anche i Nani di Belegost guidati da Azaghâl.
La mattina di Mezzestate, le trombe degli Eldar salutarono il sorgere del sole mentre gli eserciti di Fingon e Maedhros si riunivano rispettivamente a ovest e a est. Dalle mura di Eithel Sirion, Fingon osservò il suo esercito schierato, nascosto nei boschi, e guardando verso est vide attraverso la polvere il bagliore dell’acciaio: Maedhros si era mosso e stava avanzando su Anfauglith.
La carica di Gwindor, di Peter Xavier Price
Tuttavia, Morgoth conosceva quel piano e operò con astuzia perché fosse Fingon a muovere per primo, senza attendere l’arrivo di Maedhros. Con ogni mezzoprovocò le schiere avversarie, gettando l’ombra del dubbio e dell’impazienza tra i cuori degli Elfi.
Infine, portò dinanzi a loro molti prigionieri Noldor, tra cui Gelmir di Nargothrond, uomo nobile e valoroso. E gli Orchi, con crudele scherno, iniziarono a massacrarli sotto gli occhi dei compagni: li mutilarono, li oltraggiarono, li gettarono nella polvere.
Allora Gwindor, fratello di Gelmir, fu sopraffatto dal dolore e dalla collera, e si pose alla testa della sua schiera di cavalieri del Nargothrond. Senza attendere il comando di Fingon, si lanciò all’assalto, e la furia del suo impeto trascinò con sé il resto dell’esercito dei Noldor, che si gettò nella battaglia con grido possente, come fiume in piena che spezza gli argini.
Turgon e Glorfindel arrivano alla Nirnaeth Arnoediad, autore sconosciuto
Una nera nube si addensò sopra Thangorodrim e l’ira di Morgoth si risvegliò. Il Vala aveva accettato la sfida. Un’ombra di dubbio cadde allora sul cuore di Fingon, perché il Nemico indugiava anziché attaccare l’armata orientale. E nel frattempo le sue truppe erano già impegnate nella Battaglia, poiché Morgoth aveva nel frattempo scagliato sull’avanguardia occidentale molte forze che aveva tenuto di riserva e che ora uscirono da gallerie e varchi nascosti.
Ma all’improvviso levò un grido di meraviglia e gioia, poiché inaspettatamente e senza che fosse stato spronato a farlo, Turgon aveva aperto le porte di Gondolin e si era presentato con il suo esercito – “forte di diecimila uomini, con luminose armature, lunghe spade e lance come una foresta” – nella Valle del Sirion per combattere fianco a fianco al fratello e agli altri Figli di Ilùvatar.
E Fingon accolse l’esercito di Turgon con il grido “Utúlie’n aurë!” e lo schierò a difesa dei passi del Sirion, sentendosi finalmente pieno di speranza. Morgoth, però, aveva appreso il piano di battaglia grazie alle sue spie, e i suoi servitori traditori avevano ritardato l’avanzata di Maedhros per impedire la rapida unione dei due eserciti.
Le forze degli Elfi riuscirono ad arrivare nella piana di Anfauglith ma lì Morgoth riversò nuove e terribili schiere. E da Angband uscirono Balrog e Draghi, con Glaurung il Verme alla loro testa.
Nirnaeth Arnoeadiad, di Jenny Dolfen
Ma si dice che forse vi sarebbe stata ancora speranza per gli Elfi se gli Orientali, che formavano la retroguardia, non avessero tradito e non si fossero schierati con Morgoth. Fingon si trovò accerchiato da Orchi e Esterling e nemmeno le forze di Turgon riuscirono ad aiutarlo. E lì, sul campo di Anfauglith, Fingon affrontò Gothmog, Signore dei Balrog.
La battaglia fu terribile, ma molti nemici erano stati abbattuti, e il Re Supremo era rimasto solo: una frusta di fuoco lo avvinse, e la scure nera di Gothmog lo abbatté. Lo colpirono poi con mazze possenti, finché il suo vessillo non giacque nella polvere, infangato dal suo stesso sangue. Così spirò Fingon il Re Supremo, da molti amato e cantato anche nei secoli a venire.
Le rimanenti forze dei figli di Fingolfin, guidate da Turgon, furono costrette alla ritirata nella valle del Sirion. E soltanto il sacrificio estremo degli Uomini del Dor-Lomin capitanati da Húrin e Huor permisero a Turgon e ai Gondolindrim di completare il proprio movimento, scomparendo nelle montagne. Prima di partire, Turgon ebbe un ultimo colloquio coi fratelli, durante il quale Huor gli disse, con le parole profetiche di chi è prossimo alla morte: “dalla tua Casata verrà la speranza degli Elfi e degli Uomini. […] Sebbene qui ci si debba separare per sempre e mai più rivedrò le tue bianche mura, da te e da me sorgerà una nuova stella. Addio!
E molto si è narrato dell’eroica resistenza degli Uomini della Casa di Hador, come raccontato nel Silmarillion:
Aure Entuluva, di Jenny Dolfen
“Rimase, ultimo superstite, Hùrin, il quale allora gettò lo scudo, brandendo un’ascia a due mani; e cantava mentre l’arma fumava del sangue nero dei giganti che costituivano la guardia del corpo di Gothmog, finché questa tutta si dissolse, e ogniqualvolta menava un colpo Hùrin gridava: “Aure Entuluva! il giorno risorgerà!“. Settanta volte lanciò quel grido; ma lo presero vivo per ordine di Morgoth che pensava così di fargli più male che se lo avesse fatto uccidere.”
Nel versante orientale le cose non andarono meglio, i Draghi travolsero le forze di Maedhros e misero in fuga gli altri figli di Fëanor, poiché non erano preparati a resistere al fuoco e alle fiamme dei Draghi. Ma il tradimento degli Orientali non andò impunito: Maglor affrontò Uldor in duello singolo e lo uccise, mentre Bór e i suoi figli abbatterono Ulfast e Ulwarth, prima di essere a loro volta uccisi. Così, se pure tutti i figli di Fëanor sopravvissero, i loro Regni erano ormai in rovina. E il nord del Beleriand un fuoco che continuò ad ardere per lungo tempo dopo la battaglia.
Azaghâl, di Steamey
L’armata dell’est, assalita da tre lati, fu così dispersa, e solo il valore dei Nani di Belegost permise a una parte di loro di fuggire. Il loro signore, Azaghâl, con le sue schiere si frappose tra Glaurung e i figli di Fëanor, trattenendo il drago e permettendo ai superstiti di rifugiarsi in Ossiriand.
Azaghâl e i suoi combatterono con feroci elmi di ferro calati sul volto, e resistettero al fuoco meglio di qualsiasi Elfo o Uomo. Ma infine Glaurung lo travolse, schiacciandolo sotto le sue zampe. Tuttavia, prima di cadere, Azaghâl piantò un pugnale nel ventre del drago, che fuggì urlando per il dolore. Con lui si ritirarono molte delle bestie che avevano seminato rovina, ed è probabilmente per questa ragione che le forze di Morgoth non riuscirono a esondare nella valle del Gelion.
Allora i Nani, in un silenzioso rito di onore, sollevarono il corpo del loro signore e abbandonarono il campo di battaglia, procedendo in solenne processione verso le loro montagne. E tanta era la loro ira e maestà, mentre cantavano con voci profonde, che nessuno osò fermarli.
La battaglia si concluse così con un esito disastroso.
Il Regno di Hithlum non era più, e il Dor-Lòmin e il Brethil furono poi assegnati da Morgoth ai discendenti degli Orientali che avevano tradito l’Alleanza. I Regni degli Edain furono spazzati via e tanti Uomini decisero di oltrepassare gli Ered Luin, lontano dal fuoco, dalla paura e dal dolore del Beleriand. A Oriente, I Regni dei figli di Feanor scomparirono, e anche le città Sindar delle Falas furono distrutte, con molti del popolo di Cìrdanche trovarono rifugio sull’isola di Balar.
Il Colle dei Caduti, di Ted Nasmith
Gli Orchi raccolsero tutti gli Elfi e gli Uomini caduti e li ammucchiarono in un tumulo al centro del paesaggio desolato. Così grande era quel cumulo di morte che si poteva scorgere da lontano. Gli Elfi lo chiamarono Haudh-en-Nirnaeth, il Colle delle Lacrime, oppure Haudh-en-Ndengin, il Colle dei Caduti.
Là, su quella collina, crebbe l’erba verde per lungo tempo dopo la battaglia, ma da nessun’altra parte nell’Anfauglith. E nessun servo di Morgoth osava avvicinarvisi.
Elfi e Uomini superstiti cominciarono a spostarsi verso Sud, costituendo presso i Porti del Sirion un primo accampamento che negli anni continuò a crescere, arricchendosi di altri esuli del Nord. E qui resistettero come poterono.
Solo Gondolin, il Regno di Turgon figlio di Fingolfin, Nargothrond guidato da Orodreth figlio di Angrod figlio di Finarfin, e il Regno del Doriath retto da Thingol e Melian rimanevano dei grandi e superbi Reami degli Eldar nel Beleriand.
Ma i più saggi condividevano una preoccupazione. Che, come Turgon disse a Huor sul campo della Nirnaeth, via via che fossero stati scoperti, questi Regni non avrebbero potuto far altro che cadere uno dopo l’altro, schiacciati dalla supremazia di Morgoth e dei suoi alleati.
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