Aule Atemporali, Prima del Tempo – Dopo il Tempo

 

Prima del Tempo, quando ancora nulla esisteva al di fuori delle Aule di Eru l’Unico, prima della Terra e prima dell’Aria, prima della Guerra e del germoglio, prima del Mare e del Firmamento infinito, solo vi erano Forze e Accidenti, Indoli e Desideri, disciplinati dal Volere di Ilúvatar che è al di sopra di ogni cosa.

 

Ma poi, Egli scelse di fare della musica sostanza, e del pensiero una forma, e creò Eä, cio che è, e molti Ainur decisero di scendere in essa e contribuire a dar concretezza a questa visione.

 

E in quel momento, gli Ainur scelsero quale sarebbe stato il loro ruolo in questo mondo, ciascuno secondo i richiami che la Musica aveva lasciato nella propria mente. E divennero coltivatrice, fabbro, esploratore, cacciatore e guaritrice, cantore e rimembranza. E con loro scese Manwë Súlimo primo Re, e poi venne Tulkas il combattente: e loro rappresentarono in Arda il Potere di Eru, la mano destra che impugna la spada e stringe lo scettro.

 

Ma la sinistra che giudica, impone e concede l’oblio, eterna, inflessibile e profonda come l’occhio di Ilúvatar, a chi sarebbe spettato rappresentarla?

 

Námo fu colui che assunse questo fardello, quando giunse con il fratello Irmo su Arda primigenia, s’avvide che v’era una sola forza immutabile e infinita che agiva nel mondo, specchio dell’immagine che tutti loro videro nel nulla delle Aule di Eru ove tutti cantarono: la Legge di Arda, quelle regole volute dall’Altissimo e che nessuno, Valar inclusi, potevano valicare senza l’assenso di Colui che è di sopra di loro. Perché il Volere di Eru è legge, e la sua parola è destino che tutti avvince.

 

E tanto Námo si calò in questo ruolo, che quando i Valar edificarono Valinor, dopo la prima sconfitta di Melkor, egli predispose un luogo in cui i Figli di Ilúvatar potessero riposare quando il loro tempo fosse giunto, uno spazio di ombre e di attesa, più duraturo del Tempo eppure ad esso avvinto, fino a quando Arda sarebbe esistita: e il nome di questo luogo divenne il suo, e da allora Námo fu conosciuto dagli Elfi, e dagli Uomini che prestavano loro orecchio, come Mandos il Profeta Antico.

E in Mandos egli dimora con sua moglie Vairë la Tessitrice, che ricopre i muri delle Aule al di là del Tempo con gli arazzi che ritraggono la Storia del Mondo.

 

Fedele alla sua veste di Giudice e Conservatore, di rado Mandos era visto dagli Elfi. E ciò avveniva solo in occasione di grandi celebrazioni alle quali nemmeno a lui era concesso di mancare. Poiché la presenza era Legge, ed egli la proteggeva. Ma proprio questa è la ragione per cui pochissime sono le occasioni nelle quali un figlio di Ilùvatar poteva vederlo, e ancora meno quelle in cui lo aveva sentito parlare, perché la sua parola era Giudizio, le cui conseguenze avrebbero avuto effetto fino alla fine di Arda.

 

Di queste occasioni in cui Mandos prese la parola, ne conosciamo poche, da poterle contare sulle dita di una mano.

 

La prima di esse fu quando Arda era giovane, e ci viene tramandata dagli scritti sapienziali che i Noldor in esilio lasciarono al di qua del Grande Mare: durante uno dei primi concili dei Valar dopo il trasferimento ad Aman, le Potenze espressero preoccupazione sulla venuta dei Primogeniti, temendo che il mondo si presentasse loro come oscuro e pieno di pericoli a causa di Melkor. Fu allora che Mandos espresse la sua prima profezia decretando che sarebbe stato il destino dei Figli di Ilúvatar che il loro Risveglio accadesse nel riverbero della luce degli astri di Varda. Ciò dette lo stimolo ad Arda per la creazione delle stelle:

 

In quest’era invero i Figli di Ilùvatar verranno, ma non è ancora il momento. Inoltre, è destino che i Primogeniti giungano nella tenebra, e innanzitutto vedano le stelle. Grande luce ci sarà al loro declino. E sempre nel momento del bisogno invocheranno Varda“.

 

Dopo che Melkor fu sconfitto e imprigionato a Mandos, molto si discusse tra i Valar sul destino dei Figli di Ilùvatar e sul luogo in cui avrebbero dovuto dimorare. E la maggior parte dei Valar voleva condurli in Aman, sotto la loro protezione e lontani dai pericoli della Terra di Mezzo. Solo Ulmo si disse contrario, dicendo che meglio sarebbe stato per loro vivere a Est del Grande Mare, in una Terra a loro destinata. Ma Mandos rispose che ormai la decisione era stata presa, e che, Melkor incatenato, gli Elfi che lo avessero voluto sarebbero stati condotti a Valinor per dimorare insieme ai Valar.

 

La terza volta in cui Mandos parlò avvenne in tempi ancora più difficili, quando le menzogne del Nemico cominciavano già a serpeggiare tra i Noldor e Fëanor parlò in pubblico contro suo fratello Fingolfin, minacciandolo. E così Mandos il Giudice si espresse quando essi furono condotti di fronte a lui per essere giudicati: “Hai parlato di servaggio, Fëanor. Se servaggio deve essere, orbene, tu non puoi sottrarti a esso; che Manwë è Re di Arda, e non della sola Aman. E questo tuo atto è stato contro la legge, in Aman come altrove. Ragion per cui, questo è il verdetto: per dodici anni, te ne andrai da Tirion dove la tua minaccia è stata pronunciata. In questo periodo consigliati con te stesso, e rammentati chi e che cosa sei. Dopo tale periodo, la questione sarà chiusa e dimenticata, posto che altri non nutrano rancori nei tuoi confronti”.

Pochi anni passarono, e quando Melkor e Ungoliant avvelenarono gli Alberi, Fëanor venne convocato dai Valar per convincerlo a cedere i Silmaril a Yavanna in modo che potesse romperli per ridare vita a Telperion e Laurelin. Ma l’Elfo era restio e disse alle Potenze: “Volete dunque che sia il primo del mio popolo a morire in Aman?” e fu allora che Mandos parlò. “No, non il primo” lasciando tutti nell’incertezza. Poiché Egli sapeva che prima di avvelenare gli Alberi, Melkor si era recato a Formenos ove aveva ucciso Finwë e sottratto i Grandi Gioielli.

 

La volta successiva in cui Mandos parlò fu pochi anni dopo. E non lo fece a Valmar né a Tirion, ma sulla brulla strada a Nord di Alqualondë, ove i Noldor avevano attaccato e ucciso i Teleri che vi dimoravano per sottrarre loro le navi che non intendevano conceder loro. E chi lo ha raccontato, ha detto che il volto di Mandos era in questa occasione grave come mai era avvenuto, e segnalava che la sua Profezia avrebbe avuto effetti sul Destino non solo degli Elfi, ma anche di Uomini e Nani, nei lunghi secoli a venire: “Lacrime innumerevoli voi verserete; e i Valar fortificheranno Valinor contro di voi e ve ne escluderanno, sì che neppure l’eco del vostro lamento varcherà le montagne. Sulla Casa di Fëanor l’ira dei Valar piomberà […] ed essa sarà anche su tutti coloro che ne seguiranno i membri. Il loro Giuramento li impellerà, e tuttavia li tradirà, per sempre privandoli di quei tesori che hanno giurato di perseguire. […] Sconterete il sangue col sangue, e fuori da Aman dimorerete nell’ombra di Morte. Ché, sebbene Eru vi abbia destinati a non morire in Eä e sebbene le malattie non vi assalgano, pure potete essere uccisi, e uccisi sarete: da armi e tormento e dolore; e i vostri spiriti raminghi verranno poi a Mandos. Ivi a lungo dimorerete bramando i vostri corpi, e troverete scarsa pietà sebbene tutti coloro che avete ucciso impetrino per voi”.

 

Si racconta che in una sola occasione Mandos venne meno al proprio giudizio, e sciolse il proprio cuore nonostante ciò che diceva la Legge. E fu quando Lúthien la bella venne in spirito al suo cospetto dopo che ella e il suo amato Beren morirono dopo aver conquistato un Silmaril dalla corona di Morgoth. E Lúthien cantò di fronte a Mandos, e la sua voce fece breccia nel suo animo così come era successo con il Signore Oscuro: e in ginocchio innanzi al suo trono lo circondò di una melodia celestiale e intensa, pari quasi al canto delle Potenze prima che venisse il Tempo: “Ché Lúthien intrecciò due temi di parole, quello del dolore degli Eldar e quello della pena degli Uomini […]. E mentre gli stava inginocchiata davanti, le lacrime cadevano sui piedi di Mandos come pioggia sulle pietre; e Mandos fu mosso a pietà, come mai era stato prima né mai è stato in seguito”. E Mandos rimise il proprio ruolo di Giudice nelle mani di  Manwë, e l’Antico Re si consultò con Eru al di sopra del Mondo. E questa fu la risposta che Mandos riportò a Lúthien: rimanere per sempre a Valinor e dimenticare tutti i suoi dolori, o ritornare con Beren nella Terra di Mezzo come mortale. Lúthien scelse la seconda possibilità, abbandonando la sua immortalità. Così Beren fu restituito a una seconda vita e Lúthien ricevette un destino unico, per diventare mortale e ritornare con lui nella Terra di Mezzo.

 

Trascorsero diverse decine di anni degli Uomini, fino a che un Messaggero non giunse alle sponde di Aman: era costui Eärendil il Navigatore, giunto a implorare i Valar affinché perdonassero i Noldor e aiutassero i popoli del Beleriand nella loro guerra con Morgoth. Ma la Legge tale rimaneva: e Mandos chiese che fosse giustiziato perché nessun mortale avrebbe potuto mettere piede ad Aman e vivere.

Ulmo si oppose, chiedendo se fosse il figlio di Tuor degli Edain o quello di Idril dei Noldor a essere giunto a Valinor. Mandos obbiettò che in entrambi i casi, poiché i Noldor erano ancora maledetti e banditi da Aman, non avrebbe dovuto vivere. E ancora una volta Mandos rimise il suo mandato a Manwë, che da tempo pativa per le sofferenze dei Noldor, benché cagionate dalla loro ribellione. E così rispose alla sua preghiera e comandò che l’Esercito dei Valar fosse riunito e si dirigesse nella Terra di Mezzo per condurre guerra a Morgoth.

 

E con la Guerra d’Ira, la distruzione del Beleriand e la partenza di molti Elfi per le Terre Immortali, dopo che la Maledizione di Mandos fu terminata in virtù delle loro azioni, del loro eroismo e delle loro sofferenze, più parola non viene fatta del Giudice Antico e del suo ruolo negli eventi del mondo.

 

Tranne una volta.

Si racconta infatti che durante la Terza Era, i Valar erano sempre preoccupati del destino degli Uomini e dei pochi Elfi che ancora vivevano nella Terra di Mezzo – tra i quali sapevano esservi personaggi di grande levatura e saggezza come l’orgogliosa Galadriel, il vecchio Cìrdan e Elrond Mezzelfo, possessori dei Tre Anelli non intaccati da Sauron. E durante una riunione, fu deciso di inviare degli emissari nella Terra di Mezzo, che potessero sostenere la resistenza di Elfi e Uomini ispirando loro coraggio e buoni propositi, e contrapponendo al Potere del Male la Forza della Saggezza. E cinque ne furono scelti: Alatar e Pallando suggeriti da Oromë, Aiwendil suggerito da Yavanna e Curumo voluto da Aulë. Ma in quell’occasione Manwë chiese dove si trovasse Olòrin. Ed egli si trovava in disparte, perché – come lo stesso Mandos e il fratello Irmo di cui era un Maia – egli preferiva intervenire ispirando le menti degli Elfi piuttosto che con l’azione delle sue mani. E quando Manwë gli chiese perché non si era proposto, egli disse che non pensava di essere in grado di portare a termine un simile compito, e che temeva Sauron. E l’Antico Re sottolineo che proprio per questo egli doveva partire, terzo del gruppo composto da Aiwendil e Curumo.

E fu allora che Mandos parlò per l’ultima volta. E disse: “Non come terzo”. Che ciò significasse che il Vala era Giudice e Parola di Legge, e sapeva che Colui che veniva proposto da Manwë non potesse seguire nessun altro, o che dipendesse dal fatto che Egli aveva veduto ciò che il futuro serbava, e ioè che solo Olòrin, chiamato Gandalf dagli Uomini e Mithrandir dagli Elfi, avrebbe portato a termine il suo compito, e sarebbe tornato in Aman dopo la distruzione dell’Unico Anello.

 

E ancora oggi Nàmo risiede in Mandos, Signore delle Anime e protettore della Legge, custode – e non già Signore come Altri si definirono – del Destino di coloro che vivono in Arda. E lì resterà fino a Dagor Dagorath, quando, raccontano le Profezie, lascerà per la seconda volta uscire dalle proprie Aule l’ombra di un Uomo – molti millenni dopo Beren Erchamion.

E Tùrin Turambar combatterà al fianco di Tulkas l’ultima battaglia contro Morgoth Bauglir, Vendetta e Redenzione per tutti i Secondinati.

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