? Prima Era – utilizzato nella Quarta Era
Tra gli oggetti di grande ingegno che gli Eldar inventarono durante il tempo della loro giovinezza, la Naltalma (più correttamente traslitterato Ñaltalma) rappresenta uno strumento di grande interesse, perché ci permette di comprendere le modalità con le quali gli Elfi esploravano un territorio e comunicavano a grandi distanze.
Si trattava infatti di un dispositivo di comunicazione: un piccolo specchio capace di riflettere la luce del Sole o della Luna, e di essere visto da un Elfo – ma non da Uomo, Nano e tantomeno Orco – anche a grande distanza.
Come molte invenzioni di questa importanza e di questa utilità, è tradizionalmente attribuita la più geniale dei fabbri Elfici, Fëanor figlio di Finwë, che poi avrebbe distribuito la tecnologia ai Noldor e poi, attraverso gli Esuli, ai Sindar.
Non vi sono tuttavia conferme che ciò sia realmente avvenuto, e vi è chi, tra i saggi degli Eldar, sostiene invece che si tratti di un dispositivo molto più antico, poiché non vi è alcuna prova certa che fosse una delle molte cose che i Sindar impararono dai Noldor. E dunque potrebbe trattarsi di un oggetto tradizionalmente utilizzato dagli Elfi fin dalla Lunga Marcia poi perfezionato da Fëanor a Valinor.
Ricostruire questa genealogia non è facile perché, come molta della saggezza elfica durante le successive ere, la storia delle sue origini, così come i dettagli sulla sua forma e sul suo utilizzo, sono andati perduti.
I dettagli sulla forma e sull’uso del dispositivo sono dunque ricostruibili solo in base a scarsi indizi.
Si può certamente dedurre che fosse uno strumento portatile (poteva essere trasportato in tasca o in una sacca) e avesse una superficie luminosa per sfruttare la luce del Sole o della Luna piena, indirizzando i suoi lampi verso un osservatore designato.
Il termine Naltalma non è tradotto, ma è chiaramente Quenya e contiene l’elemento ñalta (“splendore, riflesso scintillante”).
Il suo nome in Sindarin era glathralvas (“vetro/cristallo lampeggiante”).