Nan Elmoth, 320 P.E. – Gondolin, 510 P.E.
Tra le molte storie tragiche che costellano la saga dei Noldor nella Terra di Mezzo, poche sono paragonabili a quella di Maeglin, passato dall’essere vittima d’un padre troppo a lungo vissuto lontano dalla civiltà e dai suoi simili, all’esser vittima della propria gelosia, cieco al punto da trascinare volutamente nella rovina i parenti che gli restavano.
Era un giorno di primavera a Nan Elmoth quando Aredhel, figlia di Fingolfin e sorella di Re Turgon, diede alla luce Maeglin. Erano passati ormai alcuni anni da quando la madre, che aveva lasciato Gondolin per la nostalgia che provava per le foreste e i boschi della Terra di Mezzo, troppo radi nella vallata di Tumladen, per trasferirsi tra i figli di Fëanor (per quanto Turgon pensasse ch’ella si fosse recata da Fingon loro fratello), dalle cui terre, di tanto in tanto, partiva per lunghe cavalcate da sola o in compagnia di un piccolo gruppo di compagni.
Fu durante una di queste escursioni, che giunse a Nan Elmoth e incontrò Eöl da tutti soprannominato “l’Elfo Scuro”, che era diventato signore di quella foresta. Quand’egli l’avvistò, a tal punto fu avvinto dalla sua bellezza che le gettò addosso un incantesimo di confusione e nebbia, al punto da farle perdere l’orientamento fino a giungere alla sua magione. Non è chiara la ragione per cui Aredhel accettò di diventare sua sposa, ma fatto sta che i due si unirono in nozze officiate dai servi di Eöl, e presto ella fu incinta del figlio che chiamarono Maeglin.

Egli crebbe ascoltando la madre, che col tempo si pentì delle scelte fatte – poiché Eöl era un Elfo geloso e possessivo, e poca libertà concedeva a lei e al figlio, raccontargli di Gondolin e del tempo ivi passato alla corte del fratello Turgon. E così, un giorno in cui Eöl si era recato a svolgere degli affari con i Nani di Nogrod, ella prese Maeglin e insieme partirono alla volta del Reame Celato, ove il Re, per quanto deluso dal fatto che ella si fosse sposata senza il suo consenso, e con un Elfo di così basso lignaggio comparato al suo, li accolse con gioia, facendo di Maeglin un membro della propria corte.
Eöl però non era uso a darsi per vinto su ciò che riteneva essere di sua proprietà. E così li seguì, rintracciando i loro passi tra i Monti Cerchianti e presentandosi alle porte di Gondolin, reclamando la propria famiglia.
Egli fu condotto di fronte a Turgon, che così sentenziò: egli sarebbe rimasto in vita, ma non avrebbe più potuto lasciare Gondolin, per tema che rivelasse alle spie del Nemico l’ubicazione della città. Ma Eöl mai si sarebbe sottoposto a un simile giudizio. E diede di piglio a una dardo avvelenato che teneva celato, cercando di uccidere Maeglin. Aredhel si lanciò a protezione del figlio, e venne colpita in sua vece: e tale era la potenza del veleno, che nonostante l’arte medica degli Elfi ella morì poco tempo dopo.
Per il suo crimine, Eöl fu condannato a morte e gettato dall’alto delle mura della città, mentre malediva suo figlio e l’intero popolo di Turgon. Maeglin assistette all’esecuzione senza battere ciglio, perfino quando il padre profetizzò che a lui sarebbe toccata la medesima sorte.
Negli anni successivi a Gondolin Maeglin crebbe nel fisico e nella mente, diventando uno dei più stimati consiglieri del Re. Fu capace di trovare nuove vene minerarie nei monti che circondavano Gondolin, e la sua miniera di Anghabar forniva il miglior ferro per le armi delle guardie della città. Ed egli divenne un buon fabbro anche agli occhi degli Uomini del reame celato: la più esterna delle porte di Gondolin, la porta di Acciaio, fu creata da lui nelle falde dei Monti Cerchianti.
Crescendo, cominciò anche a sentire il richiamo dei propri sentimenti. E il suo cuore si volse a Idril Celebrindal, figlia di Turgon. Un amore disperato e impossibile, perché ella era sua cugina di primo grado e gli Eldar non usavano contrarre matrimonio con parenti così prossimi. Il suo animo ne fu esulcerato, e vieppiù concentrò i propri sforzi nel lavoro e nella politica, crescendo fino a diventare il braccio destro del Re.
Fu così che, quando nel 472 della Prima Era Fingon e Maedhros strinsero un’alleanza contro Morgoth, egli si unì all’esercito di Turgon che, inaspettatamente, si presentò ai margini dell’Anfauglith la mattina della battaglia. Le saghe riportano degli atti di valore di Eldar ed Edain durante la Nirnaeth Arnoediad, e di Maeglin non tra gli ultimi. Egli era con Turgon quando questi incontrò Hùrin e Huor nel bel mezzo dello scontro, quando già le forze degli Elfi stavano cedendo a seguito del tradimento degli Uomini di Uldor il Maledetto. E qui ascoltò i due fratelli offrirsi di proteggere la ritirata delle truppe di Turgon, ormai divenuto Re Supremo dei Noldor dopo che Fingon fu circondato dai Balrog e ucciso da Gothmog. Maeglin udì anche Huor pronunciare parole profetiche, dicendo che da lui e dal Re sarebbe nata una nuova stella che avrebbe ridato speranza a Elfi e Uomini.
Ed egli non dimenticò quelle parole, sebbene ne comprese il significato solo molti anni dopo, quando un Uomo si presentò alla porta da lui costruita palliato d’una armatura che Turgon aveva lasciato molti secoli prima a Vinyamar, su consiglio di Ulmo. E proprio come emissario di Ulmo si presentò l’Uomo, che disse di chiamarsi Tuor, figlio di Huor della stirpe di Hador. Egli veniva per avvertire il Re del pericolo che s’approssimava su Gondolin e sulla sua gente, ma ben presto divenne parte integrante del popolo della città e più volte dimostrò la propria forza e il proprio valore, sia agli occhi di Turgon che di sua figlia. E Idril s’innamorò di lui a tal punto che il padre acconsentì alla loro unione, la seconda mai avvenuta tra Elfi e Uomini dopo Beren e Lùthien.
E questo fatto sconvolse a tal punto Maeglin che il suo cuore si volse all’oscurità, ora più che mai desideroso di avere vendetta verso Tuor e verso Idril, della quale si diceva che, se non poteva appartenere a lui, non sarebbe appartenuta a nessun altro. Ma nulla rivelò per un certo periodo, impegnato com’era nella ricerca di miniere sempre più profonde e inaccessibili.
Così un giorno si spinse talmente lontano da Gondolin da essere avvistato da spie di Morgoth, sempre intente a cercare l’ubicazione del Reame Celato che l’Oscuro Signore sospettava trovarsi intorno ai Monti Cerchianti. Catturato dagli Orchi e trascinato ad Angband, fu condotto di fronte a Morgoth, che gli promise la Signoria su Gondolin e la mano di Idril in cambio delle indicazioni su come raggiungere la città. Ed egli accettò, commettendo uno dei più gravi tradimenti che la Storia degli Eldar ricordi, secondo per gravità solo ai Fratricidi commessi dai figli di Fëanor a seguito del Giuramento ch’essi avevano pronunciato.

Morgoth lo fece liberare, ed egli tornò a Gondolin in attesa di quella che pregustava come la propria vendetta. Eppure molti, tra cui Idril stessa, notarono in lui un cambiamento. Ed ella decise di costruire una via di fuga segreta dalla città, avendo cura che nessuno, se non le persone più fidate, ne fossero a conoscenza. Passarono forse quindici o vent’anni, e i piani di Morgoth giunsero al proprio compimento: Gondolin fu cinta d’assedio e attaccata da Draghi, Balrog e Orchi, e tutta la sua popolazione fu sterminata, nonostante gli atti d’eroismo compiuti dai suoi Signori come Ecthelion della Fonte e Rog del Martello d’Ira.
E durante l’assalto Maeglin tentò di rapire Idril e suo figlio Eärendil, poco più che infante. Ma Tuor si precipitò al loro soccorso, e affrontò Maeglin in singolar tenzone sulle mura della città in fiamme. L’Uomo ebbe la meglio, e lo gettò dalle mura come suo padre aveva profetizzato molti anni prima: e il suo corpo rimbalzò tre volte contro il costone della montagna prima di essere consumato dalle fiamme sottostanti.
Così morì Maeglin il Traditore, il cui nome sarà per sempre legato alla fine della più bella tra le città elfiche della Terra di Mezzo.