LINGUE ELFICHE/22 IL CORPUS QUENYA (POESIA) - PARTE I ~ Namárië, il Lamento di Galadriel (1/3)

Il Quenya è una lingua perfetta per l’espressione poetica (accompagnata al canto e alla musica), dal momento che è l’espressione più profonda (abbiamo già discusso di come il linguaggio articolato sia per i Quendi qualcosa di estremamente viscerale e innato, ancor più che per gli Uomini) di un popolo che più di ogni altro ha tra i suoi valori fondanti l’arte e la bellezza.

Nel coniare questi idiomi, Tolkien cercò costantemente di perseguire un ideale di armonia ed equilibrio, e basò tanto la propria ricerca linguistica quanto i principi fonologici e morfologici di questi costrutti su criteri prima di tutto estetici, che riuscissero a soddisfare il proprio gusto personale, come ricorda anche nella già citata Lettera 205 al figlio ([…] un mondo in cui una forma di linguaggio accettabile dal mio personale senso estetico possa sembrare reale”).

Sappiamo anche che Tolkien era un (ben più che dilettante!) realizzatore di componimenti poetici. Oltre ai testi che costellano Il Signore degli Anelli, anche la sua idea (mai realizzata in vita) per Il Silmarillion era costituita da un pastiche tra prosa e poesia, in cui i registri del resoconto cronachistico e del poema epico, riportato secondo la tradizione letteraria interna dello stesso mondo narrato, si alternassero e si completassero vicendevolmente, una sorta di Edda ambientato nell’universo di Arda.

È grazie agli sforzi di curatela di Christopher per la History of Middle-earth che riusciamo oggi ad avere un’idea abbastanza precisa dell’aspetto che un testo simile avrebbe avuto.

Infatti, attraverso gli incompiuti Lai del Beleriand (pubblicati da Christopher nel III volume della HoME) abbiamo avuto un (corposo!) saggio del tipo di versi che avrebbero dovuto far parte del Silmarillion nell’idea originale.

Una delle caratteristiche della poesia tolkieniana è il non raro ricorso a stilemi e forme tipiche della poesia anglosassone, financo alcuni metri, come il verso allitterativo, cui dedicò una parte del saggio On Translating Beowulf, e in cui compose numerosi esempi in inglese moderno (tra cui appunto i 2276 versi del Lay of the Children of Húrin, e diverse poesie incluse nel SdA, specialmente attribuite all’ambientazione di Rohan, in assoluto la più “anglosassone” di tutto il Legendarium), e perfino alcuni brevi componimenti in Old English, la maggior parte dei quali pubblicati all’interno di The Notion Club Papers (Sauron Defeated, vol. IX della HoME).

Galadriel’s Song by Anna Kulisz

Bene, si dà il caso che anche in Quenya il verso allitterativo è una forma su cui Tolkien profuse energie e studio, dato che non saprei come altro definire i versi del Namárië, il “Lamento di Galadriel” che leggiamo nella Compagnia dell’Anello, Libro II, Cap. VIII “Addio a Lórien”, quando Galadriel intona un canto di addio rivolto alla Compagnia, e specialmente a Frodo, già sulla barca sul Grande Fiume Anduin. Ricopio qui il testo traslitterato e la traduzione così come la riporta il testo (grassetti miei per evidenziare le allitterazioni):

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Ai! laurië lantar lassi súrinen,

ni únótimë ve rámar aldaron!

ni ve lintë yuldar anier

mi oromardi lissë-miruvóreva

Andúnë pella, Vardo tellumar

nu luini yassen tintilar i eleni

ómaryo airetári-lírinen.

Sí man i yulma nin enquantuva?

An sí Tintallë Varda Oiolossëo

ve fanyar máryat Elentári ortanë

ar ilyë tier undulávë lumbulë,

ar sindanóriello caita mornië

i falmalinnar imbë met, ar hísië

untúpa Calaciryo míri oialë.

vanwa ná, Rómello vanwa, Valimar!

Namárië! Nai hiruvalValimar.

Nai elyë hiruva. Namárië!

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“Ah! Simili a oro cadono le foglie al vento, lunghi innumerevoli anni come le ali degli alberi! I lunghi anni sono fuggiti, come rapidi sorsi del dolce idromele, in aerei saloni oltre l’Occidente, sotto le azzurre volte di Varda ove le stelle tremolano al canto della sua voce, una voce sacra di regina. Chi riempirà ormai per me la coppa? Ahimè! la Vampa, Varda, Regina delle Stelle, ha innalzato le sue mani dal Monte Semprebianco come nuvole che ascendono al cielo, e ogni sentiero è immerso nella più cupa oscurità; fuori dalla grigia campagna, il buio sovrasta le onde spumeggianti che ci separano, e la nebbia ricopre per sempre i gioielli di Calacirya. Perso! Perso è ormai Valimar per coloro che vivono a oriente. Addio! Forse un dì tu troverai Valimar. E forse anche tu lo troverai un dì. Addio!”

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***

Sarebbe superfluo e azzardato provare a improvvisare qui un’analisi letteraria e contenutistica della poesia. È certamente uno dei più iconici e amati brani in tutto il Legendarium tolkieniano, sia per il suo significato di malinconica perdita e rimpianto (non solo da parte di Galadriel per le Terre Immortali, ma per sineddoche da parte del popolo elfico tutto per la Terra-di-Mezzo, che si prepara ad abbandonare per sempre), sia per la sua raffinatezza di stile e la “maturità” del Quenya ivi impiegato, che ne fanno anche uno degli esempi di corpus più studiati in assoluto dai linguisti e dagli esegeti.

Rimando alle voci in bibliografia per valide fonti utili all’approfondimento.

Inoltre nel 1967 è stato musicato (insieme ad altri brani del SdA) da Donald Swann, all’interno del song cycle The Road Goes Ever On. In realtà la melodia inizialmente proposta da Swann per il Namárië fu l’unica a non convincere Tolkien, quando il compositore gli sottopose le sue interpretazioni musicali di canti e poesie tratte dal romanzo. Pare che Tolkien avesse già in testa per il Namárië un motivo specifico, una sorta di canto gregoriano, che canticchiò a Swann. Il buon compositore arrangiò la melodia accennata dal Professore al piano e così nacque il brano. Per approfondire vedi qui.

Poiché prenderebbe molto spazio, rimando al prossimo appuntamento per alcuni cenni di analisi linguistica del brano, ma come sempre lascio in calce la trascrizione Tengwar della poesia:

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[Namárië. Altariello Nainië Lóriendesse (“Addio. Lamento di Galadriel in Lórien”) trascritto in Tengwar (font: Tengwar Annatar)]

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Bibliografia di riferimento e opere citate:

  • The Lord of the Rings (1955; 1966) by J. R. R. Tolkien.

  • The Silmarillion (1977) by J. R. R. Tolkien, ed. Christopher Tolkien.

  • The Lays of Beleriand (vol. III) e Sauron Defeated (vol. IX) della History of Middle-earth, ed. Christopher Tolkien.

  • The Letters of J. R. R. Tolkien (1981) ed. Humphrey Carpenter w/ Christopher Tolkien.

  • On Translating Beowulf (1940) tratto da The Monsters and the Critics, and Other Essays (1983).

  • The Road Goes Ever On: a Song Cycle (1967) registrazione audio, partiture e testi. Musiche di Donald Swann, testi di J. R. R. Tolkien.

  • J. R. R. Tolkien: Author of the Century (2000) by Tom Shippey.

  • Le Lingue degli Elfi della Terra-di-Mezzo, Vol. I: storia e sviluppo delle lingue elfiche di Arda (2016) di Gianluca Comastri.

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Sitografia:

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-Rúmil

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