LINGUE ELFICHE/1 - QUENYA. UNA PANORAMICA

J. R. R. Tolkien ha ideato numerose lingue fittizie, parlate da ciascuno dei popoli facenti parte del suo Legendarium (Elfi, Uomini, Nani, Hobbit, Orchi, etc). Di quasi ognuna di queste lingue sono attestati dizionari, costrutti linguistici più o meno sviluppati, corpus in prosa o in poesia… è stato calcolato (così scrive Lisa Star in Tyalië Tyelelliéva # 6, altra rivista specializzata sull’argomento, pubblicata tra il 1994 e il 2001) che la lista di vocaboli pubblicati conta circa dodicimila voci.*

Di tutte queste lingue il gruppo maggiore, e quello su cui Tolkien lavorò maggiormente nel corso della sua vita e su cui pertanto siamo in grado di compiere veri e propri studi, è indubbiamente la famiglia delle Lingue Elfiche.

Vale dunque la pena dire qualcosa su Quenya e Sindarin, che, tra tutte le lingue di questo gruppo, sono i due idiomi cui Tolkien dedicò gran parte del cesello e dello studio comparato, e che subirono negli anni poderose revisioni. Per chi fosse interessato ad approfondimenti più dettagliati rimando alla bibliografia in calce.

Il Quenya era la lingua degli Alti Elfi, coloro che andarono a vivere nel Reame Beato, in Valinor, agli inizi della Prima Era.

Il Sindarin era la lingua dei Sindar, gli Elfi Grigi del Beleriand, la contrada più occidentale delle Terre Al-di-Qua, e che in seguito si diffuse, differenziandosi leggermente, in tutta la Terra-di-Mezzo, essendo adottata anche dagli Elfi Noldor in Esilio, in seguito agli avvenimenti narrati nel Silmarillion.

Il poema Namárië in scrittura calligrafica, by J.R.R. Tolkien, tratto da The Road Goes Ever On (1967, Houghton Mifflin

Nella Terza Era, ovvero l’epoca in cui è ambientato Il Signore degli Anelli, il Quenya è ormai una lingua in disuso nel parlato quotidiano. È relegata a situazioni cerimoniali o a un utilizzo poetico/letterario. Mentre il Sindarin è diventata la lingua Elfica comune, in uso anche, in parte, tra gli Uomini discendenti dei Numenóreani (i quali comunque hanno per molti secoli fatto un utilizzo esteso del Quenya, praticandolo come una lingua simbolo di alto lignaggio, sebbene possedessero un proprio idioma, l’Adûnaico).

Pertanto il Quenya può essere considerato una sorta di corrispondente del Latino del nostro mondo. Abbandonata dagli Elfi della Terra-di-Mezzo, preservata dagli eruditi numenóreani, rappresenta il retaggio di un’epoca passata, ed è divenuto sinonimo dei fasti della Prima Era, quando il mondo era meno decadente, anche se già squassato da Male e guerre.

Per fornire qualche esempio di Quenya, e consentirci alcune considerazioni per i nostri prossimi appuntamenti, vorrei riportare tre celebri esempi di corpus Quenya, contenuti nel Signore degli Anelli.

Il primo esempio (celeberrimo) è la frase augurale rivolta a Frodo dall’Elfo Gildor, poco dopo l’inizio dell’avventura (SdA, Libro I, Cap. X):

Elen síla lúmenn’ omentielvo!

oppure il lamento di Galadriel per la morte di Gandalf (uno degli esempi celeberrimi e più studiati), il celebre canto Namárië

(SdA, Libro II, Cap. VIII, riporto solo i primi due versi):

Ai! laurie lantar lassi súrinen,
yéni únótime ve rámar aldaron!

oppure ancora, il cosiddetto “giuramento di Elendil”, pronunciato da Aragorn in occasione della propria incoronazione (SdA, Libro VI, Cap. V):

Et Earello Endorenna utúlien.
Sinome maruvan ar hildinyar tenn’ Ambar-metta!

The Wedding of Tuor & Idril, “Quenya text & illumination” by Tom Loback (1989), tratto da Parma Eldalamberon #9

Sull’analisi e il significato di questi samples rimando ai testi in bibliografia. In futuro vedremo di approfondirne qualcuno, comprese le loro trascrizioni in lettere Tengwar.

Già da questi primi accenni al corpus elfico possiamo notare come Tolkien amasse coniare lingue ed espressioni in cui trionfa un’estetica basata sull’armonia delle giustapposizioni sonore, fatta di fonemi dolci ed eleganti.

In effetti, entrambe Quenya e Sindarin sono caratterizzate dall’estrema musicalità.

Vedremo in seguito le ragioni, comprendendo l’importanza per così dire “meta-narrativa” di questo concetto, e cercheremo al tempo stesso di approfondire quali siano state per Tolkien le ispirazioni (in lingue esistenti nel nostro mondo, il Mondo Primario, evidentemente), realizzando come non sia mai possibile risalire a un’unica fonte diretta, specialmente per i singoli lemmi e la rispettiva evoluzione, e come ci si trovi sempre di fronte a una raffinata e complessissima rielaborazione di fonti e ispirazioni diverse.

* Considerando che sono passati quasi trent’anni da questa stima, e che il lavoro instancabile degli addetti ai lavori ha nel frattempo permesso di accedere a moltissimo materiale di studio ulteriore, direi che possiamo arrotondare per eccesso.

Bibliografia essenziale di riferimento:

  • The Lord of the Rings (1955; 1966).

  • The Silmarillion (1977), ed. Christopher Tolkien.

  • Quendi and Eldar (1959-60) tratto da The War of the Jewels (1994) ed. Christopher Tolkien.

  • Le lingue degli Elfi della Terra di Mezzo. Vol. I: storia e sviluppo delle lingue elfiche di Arda (2016) di Gianluca Comastri.

  • Les Langues elfiques (2002) di Edouard J. Kloczko. Traduzione italiana Lingue Elfiche. Quenya: dizionario, grammatica, storia.

  • Parma Eldalamberon #17 (2007). Rivista specializzata, ed. Christopher Gilson.

  • Tyalië Tyelelliéva #6 (1995). “Lege Artis”, Lisa Star.

– Rúmil

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