Il Libro Rosso dei Confini Occidentali

3018 T.E. – esistente in copia?

 

Oggi non tratteremo un oggetto che ha avuto un ruolo cruciale nello sviluppo degli eventi di Arda o della Terra di Mezzo, ma piuttosto l’oggetto grazie al quale la maggior parte di noi ha potuto fruire delle Grandi Storie degli antichi tempi.

 

Il Libro Rosso dei Contini Occidentali è infatti la raccolta di memorie, redatta da Bilbo e Frodo Baggins e poi ampliata con l’aiuto di amici, sapienti e discendenti, nella quale gli Hobbit hanno tramandato gli eventi degli ultimi secoli della Terza Era, che noi oggi fruiamo, in traduzione dall’Ovestron, nei libri Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli.

 

In origine, il primo Libro Rosso fu scritto da Bilbo Baggins dopo il suo ritorno dalla Cerca di Erebor, nel quale egli riportava tutti i fatti che gli occorsero dopo che, una sera ormai lontana, un drappello di Nani si presentò alla porta di casa sua per spingerlo a una grande avventura.

Quando molti anni dopo decise di lasciare tutti i suoi averi al nipote Frodo, trasferendosi a Gran Burrone a vivere con gli Elfi, portò con sé il libro, ancora incompleto, e altri tre libri rossi non ancora compilati.

 

Negli anni successivi Bilbo arricchì il proprio diario di molte informazioni, ampliamenti, note a margine e traduzioni che ci sono pervenute solo in parte. Fu nell’ultimo anno della Terza Era, quando Frodo, insieme a Samvise, Meriadoc e Peregrino, tornarono trionfanti da Gondor ove si era nuovamente insediato un Re, che Bilbo lasciò il libro al nipote in modo che lo riportasse nella Contea. Sulla copertina, insieme a molti altri cancellati, era rimasto il titolo: ‘Andata e Ritorno: un racconto Hobbit di Bilbo Baggins’.

 

Quando Frodo lo lesse, si accorse che conteneva ancora la prima versione dell’incontro tra Gollum e Bilbo, secondo il quale la creatura avrebbe dato spontaneamente l’anello all’Hobbit. Sarà solo durante le copie successive alla loro partenza per Valinor che il testo sarà aggiornato con ciò che avvenne realmente: gli enigmi nell’oscurità e il colpo di genio di Bilbo, che gli permise di sottrarre l’anello (e diede il via a molti eventi ancora da venire).

 

E fu così che Frodo concepì l’idea di continuare l’opera dello zio, aggiungendo alle memorie della riconquista di Erebor anche quelle relative alla Compagnia dell’Anello, al Ritorno del Re e alla Caduta di Sauron l’Oscuro Signore.

 

Frodo era un Hobbit colto, educato e fedele nelle relazioni. Poté dunque contare, nella sua stesura, sull’aiuto – oltre che degli appunti di Bilbo – anche delle conoscenze dei propri amici, con molti dei quali aveva condiviso grandi pericoli.

 

E così il Libro Rosso si arricchì di informazioni su Gondor e Rohan, in parte compilate da Meriadoc, Cavaliere del Mark, e Signore della Terra di Buck, e da Peregrino Tuc, Conte e Guardia della Cittadella di Gondor. E vi è chi dice che, negli anni successivi, perfino Re Elessar, Gimli figlio di Gloin Signore delle Caverne Scintillanti e Legolas figlio di Thranduil vi aggiunsero note, commenti e approfondimenti sulle proprie terre.

 

Nell’ultimo anno della Terza Era, Bilbo e Frodo, portatori dell’Anello, fecero vela verso le Terre Immortali insieme ai Grandi Elfi ancora rimasti nella Terra di Mezzo. E Frodo lasciò il Libro Rosso, che ora mostrava anche un secondo titolo sul frontespizio “La Caduta del Signore degli Anelli e il Ritorno del Re”, a Sam, la cui famiglia da allora in poi lo conservò nella Contea, facendone molte copie.

L’opera originale fu infine portata ai Colli Torrioni da Elanor la Bella, Prima figlia di Sam, e qui assunse la denominazione di Libro Rosso dei Confini Occidentali, che negli anni crebbe ulteriormente con nuove memorie dei Grandi Anni e con alcuni approfondimenti sullo stile di vita degli Hobbit della Contea, le loro usanze e le loro abitudini, oltre a molte pagine spaiate che contenevano saggi di folklore e storia elfica, annotazioni sapienziali e traduzioni dalle lingue delle creature parlanti della Terra di Mezzo.

 

Queste opere sarebbero andate perdute se molti anni dopo, come ci racconta nella prefazione alla prima edizione, un professore inglese non rinvenne un’edizione del Libro Rosso scritta in una lingua sconosciuta, che egli studiò e imparò a tradurre, facendone le opere che ancora oggi leggiamo. Come Tolkien lo abbia trovato, e come abbia sviluppato la propria competenza sull’Ovestron e le altre lingue di Arda possiamo immaginarlo, anche se non ci viene mai raccontato.

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