Cari amici, benvenuti alla rubrica di LINGUE TOLKIENIANE, gestita da Rúmil della redazione di Where Once Was Light Now Darkness Falls.
Si tratterà di una rubrica il più possibile ricca ma senza alcuna pretesa di esaustività (impossibile compendiare oltre 3000 pagine di appunti manoscritti, diagrammi, dizionari, alfabeti in post di poche righe).

L’ispirazione per il nick da me assunto in questa sede risale ovviamente al personaggio di Rúmil di Tirion, il leggendario erudito Noldo noto per aver congegnato il primo sistema di scrittura del Quenya, basato sulle cosiddette Sarati, o “lettere di Rúmil”, da cui successivamente Fëanor trasse le sue Tengwar.
Per ciascun post mi avvarrò di una bibliografia di riferimento, che allegherò in calce a ciascun post. Ciò è dovuto sia alla complessità dell’argomento, che a volte richiede un certo livello di approfondimento, sia alla doverosa necessità di dare credito alle fonti stesse da cui provengono tutte le informazioni riferite nei post. A tal proposito, darò priorità alle informazioni contenute nelle fonti primarie (principalmente i testi di J. R. R. Tolkien, tanto quelli pubblicati direttamente da lui o da Christopher tanto quelli pubblicati su riviste specializzate come Parma Eldalamberon o Vinyar Tengwar), ma attingerò anche a compendi divulgativi, e pertanto segnalerò ogni qual volta sia necessario i testi di Gianluca Comastri, nonché gli articoli da lui tradotti sul portale di Ardalambion.
Per qualsiasi necessità di esegetica ulteriore, i testi che troverete in bibliografia potranno costituire un’ottima guida, e a volte un fondamentale strumento di comprensione, dato che i miei post non possono che fornirvi un abbrivio e uno stimolo, ma non si pongono in alcun modo l’obiettivo di essere un “corso” di lingue elfiche o qualcosa del genere: troppo complesso e magmatico l’argomento, e io del resto non possiedo competenze specifiche di linguistica, sebbene mi sia fatto un po’ le ossa su Tolkien!
Sperando di incontrare l’interesse e la curiosità di quanti approderanno a questa pagina, vi auguro buone letture!
Iniziamo con una breve introduzione al tema.
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Come tutti sappiamo, J. R. R. Tolkien fu ispirato alla sua subcreazione, e a quello che nel corso della sua vita sarebbe divenuto il Legendarium di Arda, dalla sua passione per l’invenzione di “lingue artificiali”.
È lui stesso a “confessarcelo”, nel discorso (divenuto ormai celebre, e quasi una sorta di “manifesto culturale” che fa luce su tutta la sua produzione letteraria e filologica) A Secret Vice, tenuto nel 1931 di fronte alla società letteraria A Hobby for the Home.

Pubblicato nella raccolta The Monsters and the Critics, and Other Essays (1983), e tradotto per la prima volta in italiano per Rusconi come Un vizio segreto, incluso nella raccolta Antologia di J. R. R. Tolkien (1995), questo speech riassume lo spirito che soggiace a tutte le creazioni linguistiche del Professore di Oxford: un mix tra divertissement, sensibilità per la linguistica, gusto estetico nella ricerca del bel suono e amore per la letteratura e la poesia.
Fin dalla più tenera adolescenza (circa 13 anni), Tolkien si era dilettato nel costruire linguaggi inventati, addirittura ancor prima di intraprendere il cammino di studi di filologia e la propria carriera accademica nel settore. Più o meno a quell’epoca risale l’invenzione del Nevbosh, del Naffarin, dell’Animalic. Linguaggi a volte puramente nonsense e scherzosi, ma che contengono già in nuce tutto ciò che costituirà, nei decenni successivi, la creazione di Qenya (poi Quenya), Gnomish (poi Noldorin e infine Sindarin), e di tutti gli altri costrutti linguistici del Professore Oxoniense.
Per provare a contestualizzare la natura di questo autore come enfant prodige e chiarire come sia innegabile che è dall’aspetto linguistico che deriva tutto il resto del suo impianto creativo, e non viceversa (cfr. Lettere 165 e 205), possiamo raccontare un aneddoto ancora antecedente: è risaputo che all’età di otto anni il giovanissimo Tolkien già coltivasse i propri interessi per l’etimologia e la storia delle lingue germaniche.
Nella lettera 324 del suo epistolario, stuzzicato da un lettore riguardo al suo processo di invenzione dei nomi propri, afferma di ricordare distintamente di aver tratto la radice *gon(o)/*gond(o) “pietra” – di cui si compongono per esempio “Gondor” e “Gondolin” – da “un libriccino dichiaratamente per ragazzi”, nel quale si argomentava riguardo i linguaggi delle popolazioni primitive pre-celtiche e pre-germaniche del Nord Europa.
Bene, si dà il caso che quel libriccino, come è stato poi ricostruito dai redattori di Vinyar Tengwar (rivista specializzata in studi linguistici tolkieniani, pubblicata tra il 1988 e il 2013), fosse Celtic Britain (1882) del Professor John Rhys. Una lettura, come puntualizzano i redattori di VT, ricolma di dissertazioni etimologiche, passaggi in latino non tradotti, parole greche non traslitterate; che oggi non faticheremmo a definire specialistica, nonostante l’intento divulgativo per ragazzi – questo anche per darci un’idea di cosa potesse essere considerato “per ragazzi” nell’anno di grazia 1901 (quando questo “libercolo” cadde nelle grinfie del piccolo Ronald), e deprimerci un pochino!
Per farla breve: il gusto di cesellare minuziosamente etimologie e derivazioni; congegnare argutamente forme verbali, declinazioni, costrutti grammaticali, fonologie; tracciare sistemi di scrittura con rispettive varianti; ricostruire la storia interna delle proprie stesse lingue [vale a dire, l’evoluzione di queste all’interno del Mondo Secondario, processi che Tolkien ha concepito e descritto ispirandosi a fenomeni reali nell’evoluzione delle lingue del Mondo Primario]… sono solo alcuni degli elementi costitutivi della sua attività di creatore di linguaggi, del suo “vizio segreto”.
Senza alcuna pretesa di esaustività, anzi sperando di risvegliare curiosità e desiderio di approfondimento, vorremmo restituire nei prossimi appuntamenti di questa rubrica, un breve saggio su quanto l’elemento linguistico risulti imprescindibile per capire e amare un autore come Tolkien, e apprezzarne sempre più anche la creazione letteraria.
Bibliografia essenziale di riferimento:
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A Secret Vice (1931), tratto da The Monsters and the Critics, and Other Essays (1983). Traduzione italiana: Un vizio segreto, tratto da Il Medioevo e il Fantastico (2000) e edizioni successive.
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The Letters of J.R.R. Tolkien (1981). Traduzione italiana: La realtà in trasparenza. Lettere 1914-1973 (2001) e edizioni successive.
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Le lingue degli Elfi della Terra di Mezzo (2016) di Gianluca Comastri.
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Vinyar Tengwar #30 (1993), Words and Devices, A column by Carl F. Hostetter & Patrick Wynne.
Sitografia:
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Portale di Ardalambion, di Helge Kåre Fauskanger. /originale: https://ardalambion.net/
/tradotto in italiano da Gianluca Comastri: http://ardalambion.immaginario.net/ardalambion/indice.htm -
Sito ufficiale della Elvish Linguistic Fellowship. https://www.elvish.org/
-Rúmil