Lama dell’Ovesturia

La daga dell’Ovesturia

Cardolan, prima metà T.E. – Campi del Pelennor, 3.019 T.E.

 

Le cronache degli antichi tempi sono ricche di oggetti, gioielli, manufatti capaci attraversare epoche e regioni, rivelandosi decisivi durante eventi che hanno segnato la storia di Arda e della Terra di Mezzo in particolare. Questa rubrica vuole accompagnarvi in un viaggio alla loro scoperta, cominciando, non casualmente, da una spada: oggetto che testimonia la grandezza raggiunta dagli Uomini dell’Ovest nell’arte della metallurgia e che ci permette di approfondire il concetto di “oggetto magico” durante le epoche passate.

Oggi parliamo infatti della Lama dell’Ovesturia che toccò in regalo a Meriadoc Brandybuck quando, durante la fuga degli Hobbit dalla Contea verso Brea, Tom Bombadil le assegnò a ciascuno di essi dopo averli salvati dagli Spettri dei Tumuli. Era questa una spada corta tipica delle modalità di combattimento all’arma bianca dei Nùmenoreani e dei loro eredi, che la utilizzavano insieme a una spada più lunga di cui Narsil è un esempio. Questo genere di spade era chiamato Eket in Adûnaico e, come lo stesso Tom Bombadil ha sottolineato, “vecchi coltelli sono lunghi come spade per gli Hobbit”, disse. “Lame taglienti e punte acuminate sono una buona cosa per la gente della Contea che va peregrinando a est, a sud, o lontano nel pericolo e nell’oscurità”. E disse loro che quei pugnali erano stati forgiati tanti anni addietro dagli Uomini dell’Ovesturia, nemici dell’Oscuro Signore, ma sopraffatti dal malvagio Re di Carn Dûm nella terra di Angmar.

Le parole di Tom ci permettono già di tracciare una prima storia di queste lame, e di quella assegnata a Merry in particolare: forgiata durante la Terza Era, apparteneva probabilmente a un Uomo della stirpe regnante del Principato di Cardolan, dal momento che il tumulo in cui fu trovata pare appartenesse all’ultimo Re di questo lignaggio. Poiché all’epoca della sua costruzione i Dùnedain di Cardolan e di Arthedain erano impegnati a combattere contro i servi dell’Oscuro Signore, e in particolare dal Re degli Stregoni di Angmar, cercarono di infondere in questa spada tutta la propria maestria nel combattimento contro le arti oscure e gli spettri da lui guidati. Le lame erano tenenti al nero, di un metallo sconosciuto, leggero e forte, ed erano adornate di pietre preziose. E, nonostante il tempo trascorso tra i tumuli di Tyrn Gorthad, erano ancora affilate e prive di ruggine.

È qui opportuno un inciso: sebbene alcuni abbiano sottolineato che doveva trattarsi di spade “magiche” o dotate di qualche potere particolare, è bene ricordare che nell’Universo di Arda sono ben pochi gli oggetti caratterizzati “di per sé” di un potere magico. E quasi sempre si tratta di oggetti dall’effetto maligno, perché la magia di trasformazione, fatta per “comandare” la Natura e stravolgerne le regole stabilite da Eru e codificate durante l’Ainulindalë, corrisponde sempre a una corruzione di colui che ha eseguito questo sortilegio. Ne sono esempi l’Unico Anello e gli Anelli di Uomini e Nani. Diverso è invece il caso della magia di “conservazione”, di cui gli Elfi sono maestri e che rappresenta il tipico effetto dei tre anelli costruiti da Celebrimbor, così come ad esempio dei Silmaril e dell’Elessar di cui parleremo certamente in futuro.

 

Si trattava dunque di spade di grande qualità, sicuramente capaci di colpire uno spettro o un essere maligno, ma prive di potere magico come potremmo intenderlo noi oggi. Molta della “magia” di questi grandi artefatti è infatti legata alle circostanze del loro utilizzo e all’animo di colui che le brandisce o le utilizza, convogliando la propria forza interiore nell’azione dell’oggetto.

Ed è per questa ragione che molti secoli dopo la sua creazione, a coronare l’anelito dei fabbri che l’avevano forgiata nei tempi oscuri che precedevano la fine del Regno del Nord, Meriadoc il Mezzuomo fu in grado di trafiggere alle spalle il Re Stregone di Angmar, rivelatosi come il Signore dei Nazgûl, durante la Battaglia dei Campi del Pelennor, “squarciando il nero manto e la cotta di maglia, e colpendo il tendine del suo possente ginocchio”.

Il Re Stregone, colpito nel momento del suo trionfo, perse l’equilibrio esponendosi così all’attacco di Éowyn di Rohan, che – notate: con una normale spada di Rohan! – poté quindi trafiggerlo tra corona e manto, uccidendolo mentre una voce senza corpo, lontana e disperata, si librava nell’aria.

 

La spada di Merry si frantumò al momento del colpo. Come a sottolineare che il suo compito era esaurito e non aveva più ragione ch’ella continuasse la sua esistenza. Tutto il suo “essere” era stato concentrato in quel momento: nel riuscire a colpire e a ferire il più grande nemico degli Uomini che l’avevano creato. Come recita il Libro Rosso, “tale fu la fine della spada dei Tumulilande, forgiata nell’Ovesturia. Ma ben felice di conoscerne il destino sarebbe stato colui che l’aveva fabbricata anni ed anni addietro nel regno del Nord quando i Dunedain erano ancora giovani, e il principale nemico era il terrificante regno di Angmar e il suo re negromante. Nessun’altra lama, anche se forgiata da mani più possenti, avrebbe procurato a un simile avversario una ferita così profonda, affondando nella carne viva e rompendo l’incantesimo che gli permetteva di rimarginare i propri tendini con la sola forza del volere”.

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