I nove Anelli degli Uomini
Eregion, circa 1.500 S.E. – Distrutti al termine della Terza Era
“Nove agli Uomini mortali che la triste morte attende” è il passo della celebre poesia dell’Anello che si riferisce ai doni che Sauron diede agli Uomini che risposero al suo richiamo per sete di potere, cupidigia, crudeltà o paura.
Insieme ai fabbri di Eregion, quando ancora egli ancora si paludava d’un bel sembiante e del nome di Annatar, Signore dei Doni, egli guidò la mano degli artieri elfici di Eregion nella creazione di Anelli di Potere, per loro null’altro che strumenti utili a dare maggior potere ai Grandi per far più bella la Terra di Mezzo – e forse, chissà, rallentare il declino che è ineluttabile destino di Arda Corrotta.
Ma essi ignoravano l’influsso che Sauron ebbe in questi gioielli. Perché con oscure arti egli li intessè di poteri di dominio, sulle sostanze e gli accidenti, non tali da modificare le regole del mondo ma sufficienti a elevare i suoi destinatari a un livello più alto di quello dei comuni Figli di Ilùvatar.
E così concepì l’idea di farne dono agli Uomini, che più di ogni altra specie ambiva al potere sopra ai propri simili in un’epoca nella quale, al di fuori di Nùmenor, pochi erano gli Amici degli Elfi e ancor meno coloro che serbavano ricordi delle grandi Case degli Edain e del loro ruolo nella guerra contro il Grande Nemico.
Nove ne furono creati. E quando Sauron, infine rivelatosi, forgiò l’Unico nelle profondità del Monte Fato, immediatamente ad esso furono avvinti, perché troppo grande era l’influenza ch’egli vi aveva infuso.
Ed essi furono donati a nove Uomini, capi o comandanti di eserciti dei popoli umani che ancora vivevano nella Terra di Mezzo o, come per i Nùmenoreani, spesso vi si recavano, celando con l’ardimento e la scoperta l’invidia crescente verso gli Eldar e la loro immortalità. E coloro che li ricevettero, fossero essi discendenti degli Edain o figli di stirpi dell’Est e del Sud della Terra di Mezzo, divennero potenti e temuti Signori tra gli Uomini. Fin quando, uno dopo l’altro, e in un tempo tanto più lungo quanto maggiore era la loro forza interiore, essi cominciarono a svanire, entrando nel Regno delle Ombre e non rispondendo più a nessuno se non all’Unico e a Sauron il suo Signore.
E come la loro forma umana, anche il loro nome e la loro origine è andata perduta nel corso dei secoli, e non rimane nemmeno nei racconti orali dei popoli da cui venivano. Ma i saggi hanno sviluppato alcune ipotesi riguardo alle loro identità. Il Re Stregone di Angmar, e altri due tra i Nazgûl, si dice che fossero di origine Nùmenoreana, e che furono facilmente irretiti da Sauron perché condividevano il suo disprezzo verso gli Elfi e gli Uomini inferiori. Un quarto, che poi crebbe così tanto da divenire il capo in Seconda degli Spettri in virtù della sua connessione con l’Unico, che era in grado di percepire come nessun altro tra i Nazgûl, era di origine Esterling, e di lui si tramanda ancora il nome di Khamûl l’Orientale.
Da dove venissero gli altri cinque, nessuno lo sa. Ma si presumo che tra di loro vi fosse almeno un Uomo di Harad e un membro della stirpe dei Variaghi del Khand, che proprio per questo, nei lunghi secoli che seguirono, sempre si schierarono dalla parte dell’Oscuro Signore contro gli Uomini di Nùmenor e i loro discendenti.
Ma cosa avvenne degli Anelli quando i loro possessori iniziarono a svanire? Vi è chi sostiene che gli Anelli rimanessero in loro possesso, ultimo legame fisico con il mondo dei vivi. Tuttavia riteniamo che così non sia, e che come ripetuto più volte nelle antiche cronache, i Nove fossero infine tornati a Sauron, che attraverso di essi rafforzava il proprio potere in attesa di ritrovare l’Unico, che lo avrebbe completato.
È dunque probabile ch’essi siano andati definitivamente perduti alla caduta di Barad-Dûr, quando il volere che li conservava venne meno, e l’Anello che li teneva avvinti si scioglieva nelle profondità del Monte Fato.