Il Grande Goblin delle Montagne Nebbiose
? – Città dei Goblin, 2.941 T.E.
Tra i “nemici” con cui si sono confrontati gli eroi dei popoli liberi della Terra di Mezzo durante la Terza Era, un ruolo particolare lo ricopre la popolazione della città dei Goblin, nascosta tra i cunicoli delle Montagne Nebbiose non lontano dall’Alto Passo, lungo la via che da Gran Burrone conduceva alla valle dell’Anduin e alla vecchia Via della Foresta.
Erano costoro un popolo di origine orchesca, costituito da individui di costituzione più piccola e meno tarchiata rispetto agli Orchi di Mordor, che viveva di saccheggi e di assalti ai viandanti che si spingevano lungo questa pericolosa via. Da soli non costituivano una particolare minaccia – perfino Gollum (non certo un guerriero) ha avuto modo, in passato, di avere la meglio su alcuni di loro – ma durante i lunghi secoli della pace vigile avevano proliferato negli anfratti oscuri sotto le montagne, divenendo un popolo numeroso, capace di attaccare in massa il malcapitato divenuto loro preda.
Sommo tra di loro era il Grande Goblin, che svolgeva il ruolo di capo dell’intera tribù. Come osservato a proposito di Azog, la sua primarietà nei confronti dei membri del proprio popolo derivava con ogni probabilità dalla sua stazza e dalla sua forza: sormontava i suoi simili di quasi tutto il busto, raggiungendo altezze quasi umane. I suoi domini si estendevano nelle montagne al di sotto dell’Alto Passo, fino alle propaggini più basse. Vicino ai suoi confini vi era anche lo stagno di Gollum, dove talvolta i Goblin andavano a pescare.
Correva l’anno 2941 della Terza Era quando le grotte della città dei Goblin video l’arrivo di inaspettati viaggiatori: Thorin Scudodiquercia e la compagnia caddero infatti nelle loro grotte dopo essersi ritrovati al centro di un incredibile evento, sulle vette delle Montagne Nebbiose. Come raccontavano le leggende, infatti, giganti di roccia avevano iniziato a colpirsi, lanciandosi enormi massi da una all’altra cresta. Infilatisi in una caverna per cercare via di scampo, scivolarono per una galleria fino a ritrovarsi di fronte all’intera popolazione della città, che li arrestò immediatamente, conducendoli al cospetto del Grande Goblin.
Egli li interrogò sommariamente chiedendo le loro intenzioni e accusandoli di essere spie, ladri, assassini e amici degli Elfi. Questo episodio ci permette però di capire che, anche tra gli Orchi delle Montagne Nebbiose, esisteva una qualche forma di “condotta diplomatica” anche nei confronti dei propri nemici, tanto da dare l’impressione di poterli anche lasciare andare una volta comprese le loro intenzioni.
Ma, mentre Thorin veniva perquisito, i Goblin notarono ch’egli non portava con sé una spada qualunque, ma nientemeno che Orcrist, la spada Elfica Noldorin, un tempo brandita da Echtelion di Gondolin, che si riteneva perduta nella Caduta quando egli sconfisse Gothmog, Signore dei Balrog, venendone ucciso a propria volta. Ma ora era lì, di fronte al Grande Goblin, che la chiamò “Il Coltello”.
Tanto bastò per chiudere ogni dubbio: il Grande Goblin andò su tutte le furie e si lanciò avanti per colpirlo, ordinando agli altri Orchi di imprigionarli. Ma proprio in quel momento tutte le torce presenti nella sua grande caverna si spensero contemporaneamente, e fu subito illuminata da un lampo brillante come una fiamma azzurra.
Gandalf apparve sopra di loro brandendo Glamdring, la spada di Re Turgon tornata alla luce dopo lunghi secoli, ma ben presente nella memoria collettiva degli Orchi. “Il Martello!” gridarono tutti. E approfittando del loro sgomento, Gandalf si lanciò al fianco dei Nani e trafisse il Grande Goblin con la spada, uccidendolo sul colpo.
Così morì il Grande Goblin delle Montagne Nebbiose, e la sua caduta rovinosa diffusa un nero terrore tra i suoi sudditi, che fuggirono lontani, nascondendosi in neri cunicoli lontani dalla brillante luce di Glamdring e di Orcrist. I Nani poterono così uscire dalle caverne e continuare la propria missione verso Erebor.
Insieme a loro, ma da un’altra grotta, uscì anche il loro compagno Bilbo Baggins, che aveva da poco “vinto” uno scontro di indovinelli e lasciava le Montagne con un oggetto in più nelle proprie tasche.