LINGUE TOLKIENIANE / Stagione 2, SPECIALE (1/3) - Gautisk

Cari amici, ben ritrovati alla rubrica sulle Lingue Tolkieniane.

Come abbiamo potuto osservare nel corso della nostra disamina di A Secret Vice, gli esperimenti che Tolkien attraversò prima di approdare alle lingue che avrebbero poi fatto parte della sua costruzione glossopoietica principale, ovvero le lingue di Arda (in special modo le lingue elfiche), furono molteplici, e tutti fantasiosamente diversi tra loro per ispirazione, stile e “percentuale di completamento”, per così dire.

Vorrei, in questo e nei prossimi due appuntamenti, portare alla vostra attenzione qualche accenno (limitato, ovvero quanto è consentito dalla scarsa quantità di informazioni reperibili su questi argomenti) su alcuni linguaggi inventati minori, ovvero il Gautisk e il Mágol.

Nella terza parte di questo “speciale” dirò qualcosa anche sul Fonwegian, sebbene vi siano numerosi dubbi (più che ragionevoli) sulla probabilità che questo sia stato ideato dallo stesso Tolkien, e si tende a propendere per l’ipotesi che sia un linguaggio inventato da uno dei suoi figli oppure da un amico stretto come C. S. Lewis.

Gautisk

Frontespizio di Primer of the Gothic Language (1899) di Joseph Wright

Di questo linguaggio, di derivazione germanica e ideato da Tolkien presumibilmente nel periodo di sua massima fascinazione e passione per lo studio del Gotico (che egli aveva “scoperto” nel 1908 da un manuale acquistato da un suo compagno di classe, una copia del Primer of the Gothic Language [1899] di Joseph Wright), si sa poco o nulla, essendo gli scarni accenni alla sua stessa esistenza così sparpagliati e vaghi da non consentire alcuna assunzione se non puramente speculativa.

Nella famosa Lettera 163 a W. H. Auden (del 7 giugno 1955), in cui Tolkien riassume le origini della propria passione per l’invenzione linguistica, egli parla brevemente del suo incontro con il gotico e di come lo avesse da subito appassionato:

[…] Ho studiato anglosassone a scuola (anche gotico, ma per caso, perché non rientrava nel curriculum eppure è stato decisivo – vi ho scoperto non solo la moderna filologia storica, che mi piaceva per il suo aspetto storico e scientifico, ma per la prima volta ho studiato un linguaggio semplicemente per passione: voglio dire per l’intenso piacere estetico derivato da un linguaggio che di per sé non solo non era utile ma non era nemmeno «veicolo di una letteratura»).

A un certo punto, Tolkien sembra far riferimento ad una lingua a cui stava lavorando nel periodo intorno al 1912-13, quando studiava per le Honour Mods (il corrispondente oxfordiano di una laurea di primo livello), e che abbandonò in favore di una nuova estetica, che aveva incontrato per puro caso nel finlandese, e che lo aveva semplicemente folgorato:

La cosa più importante dopo il gotico, forse, fu la scoperta nella biblioteca dell’Exeter College, dove avrei dovuto studiare per l’esame di laurea, di una grammatica finlandese. Fu come scoprire una cantina ben rifornita, piena di bottiglie di un vino meraviglioso, di qualità e sapore mai assaggiati prima. Quasi mi intossicò; e rinunciai al tentativo di inventare una lingua germanica “non documentata”, e il «mio linguaggio» – o la serie di linguaggi inventati – diventò profondamente finnicizzato nei modelli fonetici e nella scrittura. [grassetto mio]

Conosciamo il seguito della storia, e le conseguenze di questa “intossicazione da finnico”: nacque l’estetica che avrebbe portato Tolkien a creare il Qenya. Infatti, già prima del 1915 furono scritti entrambi i lessici della prima fase di elaborazione delle lingue elfiche: il Qenyaqetsa (“Lessico Qenya”) e I·Lam na·Ngoldathon (“Lessico Gnomico”), sebbene quest’ultimo idioma fosse debitore, più che del finlandese, di un altro grande amore linguistico di Tolkien, il gallese – ne riparleremo!

È proprio in uno di questi taccuini, ovvero quello del Qenyaqetsa (il cui contenuto è stato pubblicato in Parma Eldalamberon XII), che compare qualche piccolo indizio dell’esistenza di una lingua germanica “non documentata” su cui evidentemente Tolkien era al lavoro, prima di “convertire” i propri sforzi sulla nuova invenzione del Qenya.

Sulla seconda di copertina Tolkien aveva appuntato un “alfabeto utilizzato” per il Lessico che avrebbe occupato il resto del quaderno, correggendolo poi diverse volte man mano che “metteva a terra” la fonologia del nascente idioma di Kortirion. È probabile che la prima versione di questo alfabeto non si riferisse ancora al Qenya, bensì a questa lingua germanica inventata, in quanto era seguita da un’annotazione (poi cancellata con un tratto di penna, e ormai a stento leggibile), che sembra proprio parlarne. I curatori di Parma Eldalamberon hanno riportato in una nota il contenuto di questo paragrafo:

“Gautisk is characterised by open[ing] out[?] of ǣ, ō (similar[?] to hæs, gold); the [???] of z; the [?absence] of ult. umlaut; the [?historical] [???] its[?] declensional preservation.”

Il Gautisk potrebbe dunque essere la lingua di cui parlava Tolkien nella lettera a Auden? Quella che abbandonò in corso d’opera non appena fu folgorato dall’incontro con il finnico? E dunque da quel momento cominciò a utilizzare lo stesso quadernino dove stava fino ad allora appuntando le regole fonologiche della propria “reinterpretazione del gotico” per un nuovo scopo, ovvero la stesura del “dizionario” della nuova lingua che stava cominciando a ideare, il Qenya? Tutto ciò sembra altamente probabile.

L’altro indizio dell’esistenza del gautisk si trova nella terza di copertina del medesimo quadernino, in un’intestazione, capovolta rispetto al resto del contenuto del notebook, che recita:

Ermanaþiudiska Razda
eþþau
Gautiska tungō

che significa “Linguaggio del Grande Popolo, o Lingua Gautish”. Sebbene questa frase sia in gotico – con una tralitterazione più fonetica rispetto a quella usuale (eþþau anziché aiþþau “o, oppure”; tungō anziché tuggō “lingua”; tutte parole attestate, come anche razda “idioma, linguaggio”, mentre l’aggettivo *aírmans “grande, potente” si può trovare anche in nomi propri come Ermanarico, re degli Ostrogoti nel IV secolo) – è da escludere che la parola gautisk(a) sia il termine gotico per “gotico”, ma deve riferirsi a qualcos’altro.

L’unico vocabolo attestato del gotico per “Goti” si trova nel composto Gutþiuda “il popolo gotico”, e pertanto si è supposto che la forma autonoma per “goti” sia *Gutōs, da cui sono stati adattati il greco Γότθοι e il latino Gothi.

Mappa dell’area scandinava con gli insediamenti geati nel VI secolo

I curatori di Parma Eldalamberon ipotizzano (sensatamente) che gautisk(a) sia un riferimento al popolo dei Γαυτί (o Gauts in svedese meridionale, o Gautar in Antico Norreno, o Géatas in Anglosassone), ovvero i Geati, il popolo di Beowulf! È perciò possibile che il Gautisk nascesse come tentativo, da parte di Tolkien, di inventare (quella che definiva una “lingua germanica non documentata”) proprio l’idioma dei guerrieri del famoso poema, i Wederas.

Come fa notare Arden R. Smith nel saggio “Tolkienian Gothic” (tratto dalla raccolta di paper The Lord of the Rings 1954-2004. Scholarship in Honor of Richard E. Blackwelder), dai pochi dati in nostro possesso sembrerebbe che il gautisk fosse stato strutturato da Tolkien ispirandosi fortemente al gotico, appunto, il che spiegherebbe anche perché l’intestazione sulla “lingua del Grande Popolo” sia in gotico (sebbene curiosamente traslitterato), anziché in questo misterioso linguaggio fittizio.

Effettuando un confronto incrociato tra la prima versione dell’alfabeto appuntato da Tolkien sul taccuino [a (b) k (d) [?] e f (g) h i j l m n o p r s t u v ǽ ǫ́] e la traslitterazione consueta dell’alfabeto gotico [a b g d e q z h þ i k l m n j u p r s t w f χ ƕ o], Smith suggerisce che, malgrado le differenze che intercorrono tra i due, questi siano quasi completamente sovrapponibili, e che le poche discordanze possano essere pressoché tutte spiegate con scelte fonetiche arcaizzanti, effettivamente attestate nelle più antiche opere sul gotico: Tolkien utilizzerebbe hv invece della lettera gotica ƕ [hwair]; utilizzerebbe kv in luogo della q; v per la w; mentre le lettere ǽ, ǫ́ sono valori fonetici che alcuni studiosi utilizzano per rendere gli antecedenti germanici di ē e ō. Il carattere illeggibile dopo la d potrebbe essere una ð o un altro carattere foneticamente equivalente a þ, o in alternativa un digramma che Tolkien utilizza per il suono ty (che assomiglia alla t dell’inglese tune, e che esiste anche in Qenya); le lettere tra parentesi (b – d – g), come Tolkien ci informa in un’altra nota, possono trovarsi solo se precedute da nasale (come si ipotizza avvenisse nei linguaggi proto-germanici, e come poi resterà nel Qenya); infine la z risulta assente (forse affetta da sonorizzazione in s, o da rotacismo?), come è probabilmente segnalato nell’illeggibile annotazione in seconda di copertina che abbiamo riportato sopra. Annotazione dove peraltro sembra affermarsi che il gautisk fosse conservativo del sistema di declinazioni: preservava perciò le desinenze di caso che invece andarono perdute in alcune lingue germaniche più tarde.

Insomma, il gautisk sembrerebbe essere un’immaginaria versione arcaica del gotico, di cui condivide buona parte della fonologia. Purtroppo il materiale che avrebbe dovuto comporre un dizionario gautisk (che Tolkien sembra avesse iniziato ad abbozzare sotto l’intestazione “Ermanaþiudiska Razda”, dove compaiono i segni obliterati di parole che iniziano per a, ovvero l’inizio di un glossario) è stato interamente cancellato o smarrito, pertanto non sapremo mai come Tolkien immaginasse esattamente la lingua scandinava di Beowulf e dei suoi fedeli guerrieri, prima che l’Anonimo del Beowulf immortalasse la loro storia in anglosassone.

A proposito di corpus gautisk, se volessimo prescindere dal quadernino che abbiamo fin qui analizzato, esistono solo alcuni incerti candidati:

  • Andrew S. Higgins suggerisce che la parola gotica aiþei “madre” possa essere un elemento di lingua gautisk, forse un prestito diretto, in quanto inserita da Tolkien in una breve lista di “corpus proprio” che figura tra gli appunti preparatori per A Secret Vice (cfr. A Secret Vice, Tolkien on Invented Languages [2016], l’edizione annotata del saggio a cura di Dimitra Fimi e Andrew Higgins, comprensiva dell’analisi dei manoscritti – e anche Tolkien’s A Secret Vice and ‘the language that is spoken in the Island of Fonway’, articolo in cui Higgins approfondisce ulteriormente alcune questioni).

  • John Garth in Tolkien and the Great War menziona, da alcune lettere inedite, due nomignoli (plausibilmente inventati da Tolkien) che risalgono al periodo 1911-12, per indicare se stesso e l’amico (membro dei T.C.B.S.) Geoffrey B. Smith: rispettivamente Mr. Undarhruiménitupp e Haughadel / Hawaughdall. Potrebbe trattarsi di composti in gautisk, anche se decifrarli è tutto un altro paio di maniche e si possono solo avanzare ipotesi.

Trovo molto interessante rintracciare questi indizi di uno dei primi amori linguistici del Professore, ed è ancora più interessante osservare, come fa Arden Smith, che almeno una parola di origine gotica si è preservata nel Qenya, ovvero miruvóre. Ne scrive infatti Tolkien in un manoscritto del 1967:

“La sua effettiva origine in quanto “invenzione” risale almeno al 1915, la sua vera fonte essendo la parola gotica *midu (= Germanico među) [‘mead’ “idromele”] + wōþeis [“dolce”], dunque si può ipotizzare che si sia sviluppata in questo modo: miđuwōþi > miđuwōđi > miřuwōři > miruvóre.”

Nel cordiale elfico, ben noto a chiunque abbia letto Il Signore degli Anelli, sopravvive dunque una traccia della passione di Tolkien per il Gotico, lingua della quale si rammaricava di non poter leggere i poemi perduti.

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Bibliografia:

  • The Letters of J. R. R. Tolkien (1981) ed. Humphrey Carpenter w/ Christopher Tolkien

  • Qenyaqetsa. The Qenya Phonology & Lexicon (1915) tratto da Parma Eldalamberon 12 (1998) ed. Gilson – Hostetter – Wynne – Smith

  • Tolkien and the Great War: : The Threshold of Middle-earth (2003) by John Garth

  • A Secret Vice: Tolkien on Invented Languages (2016), ed. by Dimitra Fimi and Andrew Higgins

  • Tolkienian Gothic (2004) by Arden R. Smith, in The Lord of the Rings 1954-2004. Scholarship in Honor of Richard E. Blackwelder

  • Tolkien’s A Secret Vice and ‘the language that is spoken in the Island of Fonway’ (2016) by Andrew Higgins, in Journal of Tolkien Research: Vol. 3: Iss. 1, Article 3

Sitografia:

-Rúmil

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