Fingolfin, Alto Re dei Noldor
Tirion, A.A. 1.190 – Anfauglith, P.E. 456
Interrogati a proposito di quale sia stato l’Elfo più celebre tra i molti eroi cantati dalle antiche saghe, in molti potrebbero pronunciare il nome di Fëanor, perché le conseguenze delle sue azioni ebbero un ruolo cruciale nello sviluppo di tutti gli eventi della Prima Era e di quelle successive.
Ma se si prova a individuare il più coerente rappresentante dei Noldor cantati dalle cronache, depositario della loro voglia di sapere, del loro coraggio e della loro naturale inclinazione alla giustizia e al rispetto del creato, è certamente Fingolfin la figura a cui stiamo pensando.
Il più forte, il più leale, e il più saggio dei Figli di Finwë nacque a Tirion da Finwë e Indis, sua seconda moglie, mentre ancora gli Alberi splendevano in Valinor, ed era già un Elfo adulto capace di grandi prove di destrezza e ingegno quando un’Ombra iniziò ad aduggiare il Reame Beato, dopo la liberazione di Melkor dalla sua prigionia.
Fëanor era suo fratello, e alcuni anni dopo giunse anche Finarfin, loro fratello minore. E se con quest’ultimo, anch’egli figlio di Indis, vi fu da subito un tenero amore fraterno, lo stesso non avvenne con l’orgoglioso maggiore, che in più di un’occasione, rimpiangendo la madre, dimostrò di mal sopportare i nuovi venuti.
Mentre viveva in Valinor Fingolfin sposò la fanciulla Anairë e da lei ebbe quattro figli: Fingon, Turgon, Aredhel e Argon.
Fingolfin si avvide molto presto che le menzogne di Melkor stavano iniziando a serpeggiare tra i Noldor di Tirion, ed egli stesso ne fu coinvolto: il Vala infatti intendeva sobillare i due figli di Finwë l’uno contro l’altro, dicendo a ciascuno che l’altro stava progettando un piano per farlo cacciare da Tirion. Ma fu un’altra menzogna a dare il via ai tragici eventi che ne seguirono: quella secondo cui i Valar stavano in realtà tenendo prigionieri gli Elfi a Valinor per loro capriccio, cullandoli in una prigione dorata per dar loro un’impressione di libero arbitrio tale da impedire loro di tornare a Cuiviénen, dove si erano svegliati i loro progenitori.
Altrove è narrato in dettaglio come i fatti si dipanarono, seguendo la traiettoria verso cui Melkor li aveva sospinti. Un giorno Fëanor, primo fra i Noldor, prese pubblicamente la parola contro i Valar. E tale fu la preoccupazione che ne sortì, che Finwë il Re Supremo dovette convocare tutti i Signori della sua Casa per risolvere l’incidente.
In quella sede, Fingolfin parlò con suo padre chiedendogli che facesse valere il suo prestigio per trattenere Fëanor dal generare scandali di quel tipo: «Re e padre, non vuoi tu mettere freno alla superbia di nostro fratello Curufinwë, che è detto lo Spirito di Fuoco, e fin troppo veracemente? Con quale diritto egli parla in nome di tutto il nostro popolo, quasi fosse Re?».
Ma proprio mentre conversavano, Fëanor giunse alla casa del padre palliato da armi e armature che segretamente aveva forgiato. E per quanto Fingolfin sia sempre stato leale nei confronti della primogenitura del fratello, cionondimeno quest’ultimo ne temeva la mire, pensando che i buoni uffici della madre potessero convincere Finwë a volgersi a lui anziché rispettare le regole di successione. Così estrasse la spada e minacciò Fingolfin di ucciderlo se egli avesse contestato il suo primato. E quest’ultimo, dando ancora una volta prova della sua indole, non rispose alla provocazione, si inchinò al padre e lasciò in consesso. Ma Fëanor non ne fu soddisfatto, e inseguì il fratello reiterando la sua minaccia anche nella piazza principale, di fronte a molti testimoni.
Anche stavolta Fingolfin non reagì, e si voltò nonostante gli scherni del fratello. Troppo importante era per lui l’unità della casa di Finwë rispetto a questi screzi.
Ma un simile atto non poteva restare impunito. E così Fëanor fu allontanato da Tirion, rafforzando vieppiù la sua convinzione che il fratello volesse soppiantarlo. Ma il padre Finwë decise di andare con lui, consapevole del fatto ch’egli avesse più che mai bisogno della sua vicinanza, e i due si ritirarono a Formenos insieme al proprio seguito e ai 7 figli di Fëanor.
Manwë in persona assegnò a Fingolfin la reggenza sulla popolazione di Tirion in assenza del padre. Ma la questione non poteva rimanere in sospesa, troppo importante essendo l’unità dei Noldor a fronte della prova costituita dal ritorno di Melkor. E così i Valar indissero una festa di riconciliazione, alla quale Fëanor partecipò controvoglia, consapevole che non avrebbe potuto negarsi dopo un invito pervenuto dall’Antico Re. E l’occasione fu in verità un evento lieto, perché Fingolfin e Fëanor si riavvicinarono, e il primo pronunciò lo salutò chiamandolo “Mezzo fratello nel sangue, fratello del tutto nel cuore”.
Ma fu una lietezza di scarsa durata. Mentre tutti gli Elfi si trovavano a Valmar per la celebrazione, Melkor risalì dalle oscurità di Avathar insieme a Ungoliant, e si recò a Formenos dove rubò i Silmaril e uccise Finwë sulla porta della sua magione. E poco dopo, giunti alla collina di Ezellohar, uccisero e avvelenarono gli Alberi, piombando il Reame Beato nell’oscurità.
Le conseguenze furono funeste: Fëanor non solo rifiutò di cedere i Silmaril a Yavanna, qualora fossero stati recuperati, ma aizzò la folla dei Noldor contro i Valar attraverso un discorso infuocato che si concluse con il blasfemo giuramento che condivise con i propri figli. E Fingolfin, che pure aveva il cuore esulcerato dalla morte del padre, lo guardava con angoscia e al contempo era in grado di comprenderne le motivazioni: decise dunque di prendere anch’egli la strada dell’esilio, nel quale condusse gran parte della schiera dei Noldor. Si dice che, più della saggezza di cui era maestro, fosse la sete di vendetta a guidarne le scelte, ansioso com’era di recarsi nella Terra di Mezzo e di esigere il pagamento di Melkor per l’assassinio di Finwë.
Ma non erano le uniche motivazioni: lo stesso Fingon, suo primogenito, lo esortò, non volendo essere separato dal suo popolo che era ansioso di partire. E Fingolfin non intendeva lasciarli ai consigli avventati di Fëanor, né dimenticava le sue parole davanti al trono di Manwë.
Le sue decisioni si mostrarono più sagge di quanto sembrarono in origine: non passarono che pochi giorni, che molti dei Noldor cominciarono a mostrare insofferenza alla guida di Fëanor, perché difficile era il loro viaggio ed egli era un capo passionale ed esigente. Ma la goccia finale fu l’assalto ai porti dei Teleri e il massacro di Alqualondë, in cui per la prima volta Elfo uccise Elfo sulla terra del Reame Beato. Fëanor e i suoi figli acquisirono le navi con cui attraversare il mare, ma tale fu l’incendio che si sviluppò nel porto che troppo poche rimasero utilizzabili: e non bastavano per l’intera schiera.
E così l’esercito di Fingolfin risalì le distese di Araman a piedi, mentre Fëanor e i suoi li seguivano in nave, appena al largo. Viaggiarono per diverse leghe, fino a che una figura ammantata non si palesò di fronte a loro, rivolgendosi a tutti i Noldor. Era costui Mandos il Profeta Antico, e in quell’occasione pronunciò la sua Sorte: che chiunque avesse abbandonato il Reame Beato senza il permesso dei Valar non avrebbe più potuto rientrarvi, e che i fatti di Alqualondë, qualora non fossero giudicati tramite processo, erano così gravi da impedire qualunque intercessione dei Valar con i loro responsabili, che sarebbero dunque stati abbandonati nella Terra di Mezzo, a una incerta guerra contro Morgoth.
E Fëanor se ne fece beffe, dicendo che era proprio ciò che voleva per ottenere giustizia. Si consumò allora una delle più meschine azioni del figlio di Finwë: nella sua follia, scelse di attraversare il mare da solo abbandonando Fingolfin e i suoi sulle sponde occidentali.
Molti avrebbero scelto di tornare pagando il fio voluto dai Valar. Ma i Noldor sono un popolo orgoglioso, e ciascuno di loro si era ormai figurato il proprio futuro nei territori vergini della Terra di Mezzo. E così decisero di proseguire a piedi, sfidando il gelo del Nord nell’attraversamento del temuto Helcaraxë, lo stretto ghiacciato che univa Valinor alla Terra di Mezzo.
Il viaggio fu durissimo, e molti perirono nell’impresa.

Fingolfin e le sue genti giunsero nel Beleriand nel 1 PE quando per la prima volta la Luna si levò in cielo, come un segnale di speranza dopo i molti dolori patiti; Fingolfin fece dare fiato alle trombe delle sue schiere annunciando così il suo arrivo nella Terra di Mezzo e affinché l’Oscuro Signore e i Figli di Fëanor fossero consci della sua brama di vendetta. Morgoth, temendo una possibile riunione delle forze dei Noldor, inviò un forte esercito di Orchi per ricacciare in mare le schiere di Fingolfin, ma essere risultarono vincitrici nella successiva Battaglia di Lammoth, nella quale suo figlio Argon trovò però la morte in combattimento, dopo aver ucciso il comandante dell’esercito nemico.
E così i Noldor si ritrovarono nello Hithlum, separati solo dal lago Mithrim: il popolo di Fingolfin a nord, l’armata fëanoriana a sud, lì accampata dopo la morte di Fëanor per mano di Gothmog, Signore dei Balrog. Inizialmente i due schieramenti stettero per un po’ a guardarsi con diffidenza e ostilità, con somma soddisfazione di Morgoth, il quale sperava nello scoppio di una guerra civile tra i Noldor; tuttavia Fingon, figlio di Fingolfin, ristabilì la pace nel suo popolo salvando il cugino Maedhros, cui era legato da profondo affetto, dalla prigionia sulle vette del Thangorodrim a cui Melkor lo aveva costretto dopo averlo catturato quando aveva ucciso il padre Fëanor.
Riconoscente per l’aiuto prestatogli e anche per ripagare le sofferenze patite dalla gente di Fingolfin a causa di suo padre, Maedhros rinunciò al titolo di Re Supremo dei Noldor e si trasferì con la sua gente ad est, andando a fondare la Marca di Maedhros.
Fingolfin governò come Re Supremo dei Noldor del Beleriand per circa 450 anni del Sole, sempre guardando le marche settentrionali dalla sua fortezza di Barad Eithel in vista di Angband, e tenendo in scacco Morgoth in un lungo e serrato assedio reso possibile dalla Dagor Aglareb, in cui condusse con valore il suo esercito alla vittoria.
Quando, alcuni decenni dopo, i primi Uomini giunsero nel Beleriand, egli inviò loro ambasciatori con messaggi di benvenuto, invitandone i capi alla propria corte. Fu così che la gente di Hador divenne vassalla della casa di Fingolfin, insediandosi nel Dor-Lòmin e inviando i propri figli come scudieri dei signori dei Noldor.
Così proseguì la vita nel Beleriand fino al 455 della Prima Era, quando l’eruzione improvvisa dei picchi di Thangorodrim spezzò l’assedio, riducendo Ard-Galen in un lago di cenere e mettendo in fuga la prima linea di Elfi e Uomini. E con le fiamme venne Glaurung il Grande, che grande terrore seminò nei difensori. E tutto quanto di bello i Noldor e i loro alleati avevano creato nel Nord del Beleriand fu spazzato via.
Vedendo la rovina delle proprie genti, Fingolfin montò in collera, balzò in sella al proprio cavallo Rochallor e aggirò le forze del nemico, cavalcando a gran velocità verso Nord. Giunto ai cancelli di Angband, li percosse ripetutamente, sfidando l’Oscuro Signore a duello. E tale era il suo impeto, che il rimbombo dei suoi colpi scese fin nelle profondità di Angband, fino al trono stesso di Morgoth. E il Re chiamava il suo nemico, esigendo giustizia sul campo di battaglia.
E Morgoth rispose, non potendo evitare una sfida lanciatagli davanti ai propri servi. Ma molti raccontano che lo fece di malavoglia, e solo per non esserne umiliato, perché sebbene non temesse rivali sulla Terra di Mezzo, pure era molto che non combatteva di persona. E lenti e pesanti risuonavano i suoi passi mentre dagli abissi risaliva in superficie.

Qui Fingolfin l’attendeva, una figura lucente in mezzo alla cenere, la spada Ringil in pugno. Morgoth s’era palliato di una nera armatura, e in mano stringeva Grond, la grande mazza dell’oltretomba. E a lungo i due contendenti si sfidarono, con Fingolfin che ogni volta evitava un colpo e rintuzzava con la spada grazie alla sua grande velocità. Sette volte l’Oscuro Signore fu ferito, e sette volte gridò per il dolore al cielo del Beleriand. Ma vieppiù ne accrebbe la rabbia. E quanto avvenne allora ce lo descrive la cronaca stessa:
“Tre volte Fingolfin fu premuto ginocchioni, e tre volte si risollevò, rialzando lo scudo infranto e l’elmo ammaccato. Ma tutt’intorno a lui la terra era fessa e sfondata, ed egli incespicò e cadde supino ai piedi di Morgoth; e Morgoth gli posò sul collo il sinistro, e fu il peso di una collina che crolli. Ma, con un ultimo, disperato fendente, Fingolfin tagliò il piede con Ringil, e il sangue ne zampillò nero e fumigante e andò a riempire le fosse scavate da Grond”.
E così morì Fingolfin, Supremo Re dei Noldor, amato e rispettato da Uomini, Elfi e ogni creatura parlante che l’abbia incontrato. E da allora Morgoth, ormai incapace di cambiare forma, dovette spostarsi zoppicando a causa della ferita infertagli.
Dall’alto Thorondor assistette alla sua fine, e intervenne per impedire che Morgoth facesse scempio del suo corpo: e il battito d’ali del Re delle Aquile fu tempesta, e i suoi artigli lasciarono cicatrici sul volto del Signore Oscuro, che mai ne guarì del tutto. Thorondor raccolse le spoglie di Fingolfin e le portò sulle vette dei Monti Cerchianti, ove venne Turgon Signore di Gondolin per edificare un tumulo per suo Padre e suo Signore, che vi rimase a sfida verso Morgoth finché il mondo non ne fu mutato.