Faramir, Sovrintendente di Gondor e Principe dell’Ithilien
Minas Tirith, 2.983 T.E. – Ithilien, 82 Q.E.
Nel grande affresco degli eventi che hanno caratterizzato la fine della Terza Era di Arda, Faramir di Gondor si era ritagliando un ruolo tra le figure di sfondo. O almeno così riteneva. Perché come spesso accade quando la speranza vacilla e ogni scelta può condizionare il destino di tutti, sono proprio le persone capaci di seguire il proprio cuore, più che la mente o lo spirito, a condizionare in positivo lo svolgersi degli eventi.

Faramir figlio di Denethor II nacque nel 2983 della Terza Era, fratello di Boromir, di cinque anni più anziano. Aveva cinque anni quando sua madre Finduilas morì di una male incurabile, e la mancanza di una figura materna fece sì che tra i due fratelli si generasse un profondo legame, che perdurò nei decenni a venire.
Faramir fu educato come figlio del Sovrintendente Regnante, sia nelle arti della spada e del combattimento che in quelle della mente. Ma a differenza del fratello non traeva diletto dalla battaglia: come ebbe modo di dire alcuni anni dopo al Portatore dell’Anella, “io non amo la lucente spada per la sua lama tagliente, né la freccia per la sua rapidità, né il guerriero per la gloria acquisita. Amo solo ciò che difendo”. Un coraggioso guerriero, riluttante nell’alzare la sua spada contro chi non lo aveva per primo fatto contro di lui, i suoi cari e il suo popolo.
Questa sua indole si è certamente sviluppata, almeno in parte, grazie alla frequentazione che Faramir ebbe con Mithrandir, che a quei tempi spesso si recava a Minas Tirith e a lungo si intratteneva con il figlio del Sovrintendente. Ma Denethor vedeva il favore con cui lo stregone trattava suo figlio, e ne trasse malcelato malcontento. E sempre favorì il figlio maggiore, più simile a lui nel braccio e nel corpo, ma non nella mente. Perché pur nella distanza che si venne a creare tra loro nel corso degli anni, Faramir rassomigliava a Denethor nella sua capacità di leggere l’animo umano e ciò che pensavano gli altri intorno a lui. Ma non ne traeva vantaggi per la usa posizione di comando, né ne faceva scherno o irrisione come talvolta accadeva a suo padre: il suo spirito era infatti più mosso alla comprensione e alla compassione, e sempre era pronto a riconoscere in alcuni comportamenti che dall’esterno potevano apparire futili, meschini o finanche crudeli l’effetto di minacce, menzogne o ignoranza più che l’azione di un’indole malvagia.
Nonostante le preferenze del padre, nessuna rivalità nacque tra i fratelli, e anzi Faramir rimase sempre il primo ammiratore di Boromir, così come quest’ultimo era sempre pronto ad aiutare e proteggere il fratello, anche nei confronti di Denethor.
In qualche misura, si racconta che Faramir fosse dotato del dono della preveggenza, perché due volte egli sperimentò dei sogni profetici. Il giorno seguente al primo sogno, Sauron sferrò per la prima volta un attacco in forze a Osgiliath, nel tentativo di scacciare la guarnigione di Gondor e avere strada libera per marciare su Minas Tirith.
Faramir era al comando della guarnigione presente nell’antica capitale, ma troppo pochi erano gli Uomini a sua disposizione: e la riva orientale fu perduta. Ma venne Boromir in suo soccorso, con alcune migliaia di soldati, e i due fratelli guidarono una resistenza casa per casa che ridusse l’impeto delle forze del Nemico, ricacciandole di là dal fiume. Ma consapevoli d’essere in numero inferiore, si risolsero a far crollare il grande ponte sopra l’Anduin, che franò nel fiume. I due fratelli si salvarono a nuoto con pochi compagni. Ma grande fu l’eco di questa impresa nella Capitale, e sebbene la maggior parte degli onori, come sempre, fu destinata a Boromir, pure Faramir fece onore al proprio ruolo di Capitano di Gondor.
Il secondo sogno premonitore è noto a tutti, perché fu il motivo per cui il fratello Boromir partì per Imladris. Nel suo sonno, sentiva una poesia:
“Cerca la Spada che fu rotta,
A Imladris la troverai;
I consigli della gente dotta
Più forti di Morgul avrai.
Lì un segno verrà mostrato,
Indice che il Giudizio è vicino,
Il Flagello d’Isildur s’è svegliato,
E il Mezzuomo è in cammino.”
Denethor disse ai propri figli che Imladris era il nome elfico di Gran Burrone, ove risiedeva Elrond Mezzelfo, maestro di saggezza. E Faramir si dichiarò volontario per recarvisi e ottenere consiglio. Ma il padre non mancò di mostrargli la scarsa fiducia che nutriva nei suoi confronti, e scelse Boromir per questo compito. Fu quella l’ultima volta che padre e fratello lo videro vivo. Perché come è noto Boromir divenne uno degli otto compagni del Portatore dell’Anello, e infine fu avvinto dal richiamo dell’Unico, e tentò di sottrarlo a Frodo. Ma nobile rimase il suo cuore, e morì sacrificandosi nel tentativo di salvare Meriadoc Brandybuc e Peregrino Tuc dagli Uruk-Hai di Saruman. All’Anduin affidarono le sue spoglie i Compagni, il grande corno di Gondor sul grembo.
E proprio Faramir lo ritrovò sulla propria barca funebre, alcuni giorni dopo, lungo l’Anduin. In lutto, suo padre comprese trattarsi di un segno di sventura, e lo inviò a pattugliare l’Ithilien con la sua compagnia, aspettandosi un nuovo attacco da Mordor a breve.
Qui Faramir diede nuovamente prova delle sue capacità di comando e di strategia, guidando un drappello di Ranger a danneggiare attraverso attacchi furtivi le linee di rifornimento di Mordor e impedendo l’arrivo di forze maggiori dal Sud. Durante uno di questi raid contro gli Haradrim, si imbatté in due creature che mai avrebbe immaginato di trovare: Frodo Baggins e Samvise Gamgee. I due Hobbit vennero catturati come spie, ma presto si accorsero reciprocamente di essere alleati in questi grandi eventi. E Frodo raccontò a Faramir dei propri viaggi, e così Faramir scoprì ch’egli aveva viaggiato sia con suo fratello che con Aragorn il Dunèdain, l’Erede di Isildur. Fu proprio Faramir a rivelare a Frodo della morte di Boromir, della quale l’Hobbit nulla ancora sapeva.

Incerto dunque sul da farsi, li condusse nel rifugio di Henneth Annûn, ove a lungo li interrogò. Finché non scoprì che la missione di Frodo, e della Compagnia di cui faceva parte suo fratello, era legata al Flagello d’Isildur. E subito s’avvide che nel suo malvagio potere risiedeva la ragione della morte del fratello. Così disse a Frodo: “Non prenderò quest’oggetto, nemmeno se fosse lasciato al margine di una strada. Nemmeno se Minas Tirith stesse cadendo in rovina e solo io potessi salvarla, usando il potere dell’Oscuro Signore per il mio bene e la mia gloria. No, non desidero simili trionfi”.
E quando Sam gli rivelò che il flagello era un Anello, Faramir riuscì laddove suo fratello aveva fallito, rifiutando di prenderlo.
Fu quella notte che le guardie di Faramir notarono una creatura muoversi nello stagno proibito. Faramir chiamò Frodo a lui che confessò il ruolo di Gollum nella loro impresa, implorandolo di non ucciderlo. Gollum fu catturato e interrogato e poi si arrese a Frodo. La mattina seguente Faramir liberò Frodo, Sam e lo stesso Gollum, ma li avvertì fortemente di non prendere il passo di Cirith Ungol. Eppure, questa era l’unica strada.
Anche Faramir e i suoi uomini lasciarono il rifugio il giorno successivo per tornare a Gondor, perché la guerra incombeva. Giunto a Osgiliath ai primi di marzo, ne assunse il comando. Ma le forze del Nemico erano ormai ammassate sulla sponda orientale, e i Nazgûl la presidiavano a cavallo delle Bestie Alate. Quando decise di attraversare il Pelennor per avvisare suo padre, esse lo inseguirono. Ma venne il Bianco Cavaliere, più veloce di qualunque creatura del Nemico, e li scortò a Minas Tirith, da dove ripartì il giorno seguente per predisporre l’ultima resistenza dell’Antica Capitale.
Troppo grandi erano infatti le schiere del nemico. Il 12 marzo vi giunse anche il Re Stregone di Angmar, costringendo la guarnigione a una fuga senza speranza. Faramir fu colpito da un’arma Morgul e cadde nel deliquio causato dall’Alito Nero, e solo una sortita guidata da Imrahil, Principe di Dol Amorth, riuscì a respingere l’avanguardia di Mordor e a riportarlo in città.
Molto si è detto di quanto avvenne dopo: della follia di Denethor che vedendo suo figlio sul ciglio della Morte, più non trattenne la propria disperazione, cercando di dare fuoco a sé e al figlio nelle oscure cripte di Rath Dìnen. Solo il pronto intervento di Pipino, Gandalf e Beregond impedì che Denethor causasse la morte del suo erede, che venne portato alle Case di Guarigione dove fu vegliato tutta la notte dal fedele Beregond.
Intanto, le difese di Gondor ressero: perché dall’Ovest giunse la carica dei Rohirrim, che schiantò gli alleati di Mordor al prezzo di grandi sofferenze, e dal Sud e dal Grande Fiume arrivò Aragorn figlio di Arathorn, Capitano dei Dùnedain, alla testa di un forte esercito del Sud da lui liberato dall’assedio dei pirati di Umbar.
E Faramir rimase nelle Case di Guarigione anche quando l’esercito dell’Ovest partì da Minas Tirith per sferrare l’estremo attacco al Nemico proprio di fronte al Cancello Nero. Qui trascorse il resto della Guerra, e qui incontrò Éowyn di Rohan, che aveva compiuto grandi imprese in battaglia ma come lui era rimasta colpita dall’Alito Nero di Mordor, e dove fu guarita da Aragorn. Ma il suo cuore era triste, poiché a lui ella rivolgeva il proprio disperato amore. E così nei giorni trascorsi nelle Case di Guarigione a lungo lei e Faramir parlarono, ed ella s’avvide ch’egli era un uomo nobile, coraggioso e d’una profondità d’animo che mai aveva trovato in altri. E il suo cuore si sciolse, ed ella acconsentì a divenire sua sposa, e abbandonò per sempre le armi per divenire una Guaritrice.

Com’altrove è narrato, alfine il Portatore dell’Anello compì la propria impresa, e l’Anello fu distrutto e Sauron definitivamente sconfitto. E poche settimane dopo il suo ferimento, Faramir assunse il suo ruolo di Sovrintendente di Gondor, preparando la città al Ritorno del Re. E quando fu di fronte ad Aragorn, egli rimise il bianco bastone dei Sovrintendenti nelle sue mani, chiedendo al Re di liberarlo da suo compito. Ma Aragorn rifiutò, perché grandi erano il coraggio e l’eroismo dimostrati da Faramir, e li voleva al suo servizio. Così rinnovò a Faramir il ruolo di Sovrintendente del Regno di Gondor, ammettendolo al proprio concilio, e lo nominò Principe dell’Ithilien, la contrada che a lungo aveva difeso da Mordor, e che tornò ad essere per alcuni anni la più bella delle Terre mortali.
Come Principe dell’Ithilien, Faramir fu uno dei due principali Capitani di Re Elessar, responsabile delle difese orientali così come il Principe di Dol Amroth lo era per quelle occidentali. In questa veste, fu suo compito combattere gli ultimi gruppi di Orchi che ancora si rintanavano nella Valle di Morgul, liberando la città che fu rasa al suolo e bonificata.
Faramir ed Éowyn vissero allora a Emyn Arnen, le colline in vista di Minas Tirith, ove crearono la propria corte. Ebbero un figlio di nome Elboron che divenne Sovrintendente e Principe dell’Ithilien alla morte del padre, giunta al suo centoventesimo anno d’età nell’82 della Quarta Era. E Faramir fu sepolto tra i Grandi di Gondor, lui che solo con Re Elessar fu tra gli Uomini capaci di rifiutare il Potere dell’Anello e di scegliere sempre per il bene, quando si trovava di fronte a un dubbio.
Un eroe moderno, simile eppure dissimile ai grandi eroi della Prima Era di cui anch’egli era discendente, simbolo ed emblema di Giustizia proprio quando il mondo ne aveva più disperatamente bisogno.