SÔVAL PHÂRË – (La“Lingua Comune”) ~ Rubrica sulla Traduzione in Tolkien - EXTRA (3/3): La seconda edizione del Signore degli Anelli (1966) e l’evoluzione esterna del testo

Cari amici, ben ritrovati al consueto appuntamento con Sôval Phârë, la rubrica dedicata alla traduzione nell’opera letteraria tolkieniana.

Nel post precedente abbiamo raccontato qualche gustoso aneddoto sulla fortuna commerciale di Tolkien negli USA. Sia quell’episodio sia il procedere delle traduzioni in lingue straniere fecero sì che Il Signore degli Anelli si trovasse in quel periodo in una fase molto “vitale” del suo corso.

Tra la fine degli anni ’50 e la prima metà degli anni ’60 il romanzo era infatti già stato trasposto in tre diverse lingue: olandese, svedese e polacco.

Tolkien, anche in reazione ai feedback che riceveva a causa delle traduzioni, aveva già, come abbiamo visto negli scorsi appuntamenti, preso in esame un certo numero di punti critici del testo, cominciato a revisionarlo da capo, e perfino iniziato a redigere un testo di approfondimento linguistico (che sarebbe diventato “Words, Phrases and Passages in The Lord of the Rings”) e un indice analitico completo.

Per inciso, a quest’indice, a sua volta revisione dell’indice redatto da Nancy Smith nel 1958 sulla base delle indicazioni di Tolkien, fu allegato un indice di canzoni e poesie preparato da Baillie Klass (futura seconda moglie di Christopher Tolkien).

La struttura di quest’indice, che fu integrato nell’edizione economica Ballantine Books del 1965, di cui abbiamo parlato nel precedente post, era la seguente:

  • I – Canzoni e poesie

    • (a) [Titoli]

    • (b) Primi versi

  • II – Persone, Bestie e Mostri

  • III – Luoghi

  • IV – Cose

[È negli stessi anni che, mettendo in ordine queste liste di nomi, metterà a punto la Nomenclatura, già in uso presso la casa editrice italiana Astrolabio quando nel 1966-67 verrà realizzata da Vittoria Alliata di Villafranca la traduzione della Compagnia dell’Anello.]

Questo grande e ponderoso lavoro di rielaborazione e messa in ordine avrebbe portato Tolkien e i suoi editori, a metà degli anni ’60, alla decisione di dare alle stampe una nuova edizione inglese, data anche la grande diffusione commerciale di cui il romanzo aveva beneficiato nel corso del decennio precedente.

Copertine della revised edition (1966) di The Lord of the Rings, ed. Allen & Unwin

Se è vero che il Professore non risparmiava colpi a nessuno (!), l’“intransigenza” che riservava agli altri era intimamente accompagnata da una severissima autocritica: ce ne accorgiamo dai commenti che fa nel 1965, proprio in occasione del testo che scrive per la Prefazione alla seconda edizione del Signore degli Anelli, in cui si lascia andare a un bilancio sulle critiche ricevute, sui difetti riscontrati, sulle modifiche applicate rispetto alla prima edizione; tutto questo compone un quadro di continua dialettica tra (a) un’instancabile attitudine alla “scoperta” del testo, al non voler “reprimere” la sua evoluzione esterna, alla costante ricerca di margini di miglioramento, e (b) una cura sollecita per “difenderne”, preservarne le caratteristiche fondative, lo “specifico”.

Questa evoluzione non riguarda in maniera precipua le traduzioni, anzi per ovvi motivi investe in primo luogo il testo originale. Scrive infatti Tolkien:

Il Signore degli Anelli appare ora in una nuova edizione, e l’opportunità è stata sfruttata per rivederlo. Un certo numero di errori e di incoerenze che ancora rimanevano nel testo sono stati corretti, e si è fatto un tentativo di fornire informazioni su pochi punti che alcuni attenti lettori avevano sollevato. Ho preso in considerazione tutti i loro commenti e le loro richieste, e se sembra che alcune siano state trascurate ciò può essere dovuto al fatto che non sono riuscito a mantenere in ordine i miei appunti; tuttavia molte domande potrebbero ricevere risposta solo con appendici aggiuntive, o magari con la pubblicazione di un volume accessorio che contenga molto del materiale che non ho incluso nell’edizione originale, in particolare dettagliate informazioni linguistiche. Nel frattempo questa edizione offre questa Prefazione, un’aggiunta al Prologo, alcune note, e un indice dei nomi delle persone e dei luoghi. L’indice è intenzionalmente completo nei lemmi ma non nei riferimenti, dato che per la pubblicazione è stato necessario ridurne la stazza. Un indice completo, che faccia pieno uso del materiale preparato per me da Mrs. N. Smith, apparterrebbe piuttosto al volume accessorio.

In questo avviso, Tolkien fa un discreto sunto delle modifiche e aggiunte al volume uscito l’anno dopo, nel 1966.

Qualche esempio notevole delle modifiche al testo è:

  1. La Note on Shire Records, che solo in questa occasione viene inserita (è l’“aggiunta al Prologo” qui citata), ne abbiamo parlato qui.

  2. I già discussi casi di [Elen síla lúmenn’ omentielmo > omentielvo] e [Arwen Vanimalda > Vanimelda], per le ragioni che Tolkien stesso annota in Words, Phrases and Passages.

Alcuni di questi appunti e note avrebbero senz’altro fatto parte del “volume accessorio” di materiali extra di approfondimento, di cui Tolkien parla in questa prefazione, insieme ad altri elementi di “cut content” che sono poi stati pubblicati nei volumi VI-VII-VIII-IX-XII della History of Middle-earth (ovvero la parte dedicata alla History of The Lord of the Rings e Peoples of Middle-earth, su Prologo e Appendici) e a qualche altra nota linguistica, sempre presente in WPP (quelle cui Tolkien alludeva nella Lettera 297); infine vi sarebbero rientrati anche i materiali aggiuntivi preparati da Nancy Smith, contenuti in un leggendario documento manoscritto, mai completato (e ciononostante più ampio e completo di quello pubblicato nell’edizione Ballantine Books che abbiamo citato sopra), venduto a una collezione privata presso un’asta di Christie’s nel 2002, non prima che Christopher vi attingesse per gli indici e le appendici presenti nel Silmarillion e nei Racconti Incompiuti.

Insomma: stiamo parlando di un mare magnum di integrazioni, supplementi, “contenuti speciali”, per un romanzo che in un certo senso non ha mai smesso di “crescere” e di evolvere, nel complesso mosaico testuale che lo compone.

A questo proposito, vi vorrei linkare, per completezza di informazione, un formidabile documento, rinvenuto tra le pieghe del vasto world wide web, che raccoglie e ordina TUTTE le modifiche testuali intervenute sul Signore degli Anelli dalla sua pubblicazione fino all’edizione inglese del 2021, comprese ovviamente quelle introdotte con la seconda edizione (ed elencate nella Reader’s Companion & Guide di Hammond e Skull). Si tratta di un lavoro davvero ben fatto, che non si limita alle modifiche più macroscopiche e intenzionali, ma fa un inventario anche dei refusi mai corretti o, cosa ancora più bizzarra, di quelli capitati solo a partire da una certa edizione in poi.

https://docs.google.com/document/d/1BM-RjHkHfUHZD1-0hYUFGFPw9RNbs78NI5bmhIGe5Qw/edit?usp=sharing

Dopo tutto ciò che abbiamo detto, mi sembra chiaro che un testo non può mai essere considerato “scolpito nel marmo” alla sua pubblicazione: essendo qualcosa di così vivo e “magmatico”, esso attraversa diverse fasi di assestamento, di collocamento nell’immaginario collettivo; si esprime attraverso una sua legacy in parte al di fuori del controllo del suo autore, soprattutto dopo la sua morte. Di questo Tolkien era più che conscio, né attribuiva giudizi di valore a questo inevitabile destino di “condivisione del senso”, tuttavia ha sempre fatto tutto ciò che era nel proprio potere per consegnare alla posterità un’opera quanto più vicina alla sua idea, vedi appunto le riedizioni del Signore degli Anelli e dello Hobbit, quest’ultima ancora più clamorosa a causa del capitolo V.

Per di più, complice il proprio perfezionismo, e il fatto che la costruzione di una mitologia non cessò mai di interessarlo e impegnarlo, egli era, nonostante quanto abbiamo detto, eternamente “insoddisfatto” del risultato. Quasi quasi avrebbe riscritto tutto da capo, se avesse potuto! Questo è uno dei motivi, probabilmente il principale, per cui non arrivò mai a “finalizzare” Il Silmarillion finché era in vita, né riuscì mai a concludere opere come il Late Quenta, il Lai del Leithian ricominciato, o quella che sarebbe dovuta essere la nuova versione del racconto di Tuor e la Caduta di Gondolin, etc: ogni volta che si avvicinava a una conclusione veniva “distratto” da qualche altra cosa (un saggio, una poesia, un’altra riscrittura…) e lasciava dunque un altro incompiuto.

Questo “paradigma di incompiutezza”, che a posteriori potremmo quasi considerare (forse un po’ romanticamente, e facendo una lieve forzatura) una vera e propria cifra stilistica del Professore, quasi fosse deliberato (non lo era) nel tentativo di restituire la frammentarietà di un Legendarium mitologico, è qualcosa di cui bisogna tener conto leggendo le sue opere, e qualcosa che influisce pesantemente anche sulle traduzioni, ovviamente.

A parziale discolpa delle imprecisioni che si possono riscontrare nelle traduzioni del SdA rilasciate in quegli anni, tutti i materiali che abbiamo menzionato erano ancora inediti, pressoché impossibili da reperire a meno che l’autore stesso non ne avesse fatto copia personalmente e inviata al traduttore di turno, e tuttavia nessuno eccetto Tolkien stesso avrebbe saputo proporre un’istanza simile, in quanto nessuno conosceva per ovvi motivi la materia bene quanto lui.

Inoltre, a complicare ulteriormente il quadro vi è anche l’evoluzione del costrutto linguistico e del corpus leggendario del “Silmarillion”, nella misura in cui questi due aspetti influivano su cambiamenti dei nomi (Aiglos > Aeglos; Finrod > Finarfin), per cui non è raro trovare all’interno del Signore degli Anelli 1a edizione ancora strascichi, rimasugli di vecchie concezioni, tanto linguistiche quanto narrative, proprio perché il SdA stesso costituì un fondamentale terreno di prova per questi processi, e rappresentò in un certo senso uno spartiacque tra stadi diversi del Legendarium, dando origine a quella fase di ristrutturazione e messa in discussione generale di cui abbiamo parlato.

In effetti, considerando la quantità di informazioni (già considerevole e soverchiante!) contenuta all’interno del SdA e delle sue Appendici, e confrontandola con tutto ciò che Tolkien fu costretto a lasciar fuori per mantenere il romanzo in una forma e dimensione che fossero pubblicabili, ci rendiamo conto che Il Signore degli Anelli non è altro che una concrezione superficiale, al primo livello di carotaggio, per così dire!, di tutto ciò che vi ruota intorno.

La quantità enorme di informazioni ulteriori (sia il “cut content” cui alludevamo prima, sia le leggende che fanno da sfondo alla vicenda principale) che è possibile richiamare a questo “centro magnetico” è in un certo senso la sua forza: i lettori intuiscono che dietro questa storia si cela molto altro, e si incuriosiscono per quel mondo. Nei primi anni dopo la pubblicazione capitava molto spesso che Tolkien ricevesse da lettori epistole con richieste di chiarimenti su aspetti particolarmente oscuri del suo mondo leggendario, e lui pazientemente parlava loro del “Silmarillion” e dello “sfondo” del suo romanzo. “Il Silmarillion” è la presenza incantata che permea tutto Il Signore degli Anelli.

Se pensiamo che il sogno del loro autore sarebbe stato quello di pubblicare Il Signore degli Anelli e Il Silmarillion insieme, possiamo avere un’idea di ciò che sarebbe risultato!

Sarebbe anche interessante domandarsi «Quale “Silmarillion”? Quale delle numerose stesure in atto o in potenza all’epoca della composizione del SdA?», e capiremmo allora la difficoltà di questo dilemma, e il motivo per cui, quasi vent’anni dopo la pubblicazione del SdA, ovvero alla morte del Professore, Il Silmarillion fosse ancora lungi dall’esser pronto.

Giunti al termine di questa nostra riflessione, non mi resta che salutarvi fino al prossimo appuntamento, dove inizieremo finalmente ad affrontare il testo della Guide to the Names of The Lord of the Rings. Vi troveremo molti spunti, sul tema della traduzione e su argomenti linguistici disparati.

Alla prossima!

-Rúmil

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