SÔVAL PHÂRË – (La“Lingua Comune”) ~ Rubrica sulla Traduzione in Tolkien - EXTRA (1/3): La storia editoriale del Signore degli Anelli: i preparativi e la pubblicazione in UK

Cari amici, ben ritrovati al consueto appuntamento con Sôval Phârë, la rubrica dedicata alla traduzione nell’opera letteraria tolkieniana.

Abbiamo di recente passato in rassegna e commentato alcuni brani dall’epistolario di Tolkien per parlare delle traduzioni delle sue opere, arrivando, in questa cronistoria, agli anni ’63-’64.

Trovo utile, a questo punto della nostra disamina, fare cronologicamente un piccolo passo indietro, e accennare a qualche nozione sulla storia editoriale del Signore degli Anelli, per poter infine menzionare un episodio, tanto affascinante quanto emblematico del casus che questo romanzo rappresentò per l’epoca.

The Lord of the Rings venne pubblicato per la prima volta in Regno Unito, diviso in tre volumi, nonostante l’opera fosse concepita da Tolkien come un unico grande volume. Questa scelta fu determinata dalla penuria di carta in conseguenza della crisi economica post-bellica.

Nella Lettera 136 (24 marzo 1953) Tolkien sosteneva di trovarsi già nel “tunnel” della revisione più sfrenata: il tempo stringeva, le scadenze contrattuali si approssimavano, ed era già emersa la necessità di compiere questa divisione in tre “parti”, ciascuna composta da due “libri”.

Tolkien, pur non pienamente soddisfatto da questa soluzione, cominciò ad adoperarsi per inventare un titolo per ciascuna delle tre parti del romanzo, al quale infatti, fin da allora, ci si riferisce comunemente (ed erroneamente) come “trilogia”. Scrive a Rayner Unwin:

Ho pensato alla faccenda dei sottotitoli dei volumi, che secondo te è meglio dare. Ma non lo trovo facile, dato che i “libri”, benché debbano essere appaiati, in realtà non sono stati fatti per andare a due a due; e i due di mezzo (III/IV) non sono collegati.

Non potrebbe andare una titolazione di questo tipo?

Il Signore degli Anelli: vol. I L’Anello si mette in viaggio e L’Anello va a Sud; vol. II Il Tradimento di Isengard, e L’Anello va a Est; vol. III La Guerra dell’Anello, e La fine della Terza Età.

Altrimenti al momento non mi viene in mente niente di meglio di: I L’Ombra cresce II L’Anello nell’Ombra III La Guerra dell’Anello o Il ritorno del re. JRRT

Nella Lettera 139 (8 agosto 1953) arrivò una nuova proposta:

Il Signore degli Anelli

    1. Il ritorno delle Tenebre

    2. Le tenebre si allungano

    3. Il ritorno del Re

Scrive Tolkien a riguardo:

[…] Nessuno dei sottotitoli suggeriti mi convince in pieno; e vorrei che si potesse evitarli. Perché è davvero impossibile individuarne uno che corrisponda ai contenuti; dato che la divisione in due «libri» per volume è esclusivamente una questione di comodo a causa della lunghezza, e non ha alcuna relazione con il ritmo e l’ordine secondo cui si svolge il racconto.

Nella stessa lettera il Professore cita i «facsimili» delle pagine bruciate del Libro di Mazarbul, che secondo le sue intenzioni originali avrebbero dovuto essere inserite all’inizio del capitolo V del secondo libro (“Un viaggio nell’oscurità”), e il disegno della Porta di Durin. Mentre sappiamo che il disegno della Porta fu inserito fin da subito nel testo, ahimè le pagine di Mazarbul non ce la fecero (forse sarebbe stato troppo costoso inserire delle illustrazioni così complesse, magari in carta patinata?), e furono invece pubblicate la prima volta tra le illustrazioni del The Lord of the Rings Calendar del 1977, sempre della Allen & Unwin, mentre la prima volta che furono incluse in un’edizione del SdA fu per la 50th Anniversary Deluxe Edition del 2005.

Pochi giorni dopo questa epistola, nella Lettera 140 (17 agosto 1953), Tolkien era già arrivato a nuove soluzioni (grassetti miei):

Suggerisco ora i titoli dei volumi, sotto il sovratitolo Il Signore degli Anelli: vol. I La Compagnia dell’Anello; vol. II Le due torri; vol. III La guerra dell’Anello (oppure, se lo preferisci: Il ritorno del Re).

La Compagnia dell’Anello funziona, penso; e si adatta bene al fatto che l’ultimo capitolo del volume è La Compagnia si scioglie. Le due torri è il tentativo più riuscito di trovare un titolo che comprenda i Libri 3 e 4 che sono così diversi; e può essere lasciato ambiguo – potrebbe riferirsi a Isengard e Barad-dur, o a Minas Tirith e B.; oppure a Isengard e Cirith Ungol. Riflettendo preferisco per il vol. III La guerra dell’Anello, dato che l’Anello vi ricompare nuovamente; e inoltre è meno impegnativo, e non contiene traccia di come andrà a finire la storia: anche i titoli dei capitoli sono stati scelti con l’intenzione di non svelare nulla in anticipo. Ma non sono ancora convinto della mia scelta.

Le lettere spedite da Tolkien in questo periodo ci fanno rivivere il fermento (e l’ansia!) di quel momento: gli ultimi mesi prima della pubblicazione.

Nella Lettera 141 (9 ottobre) scrive il Professore:

Le mappe. Sono imbarazzato. In realtà nel panico. Sono essenziali; e urgenti; ma non riesco proprio a farle. Ho trascorso un’enorme quantità di tempo al lavoro senza risultati proficui. Mancanza di abilità unita alla sensazione di essere braccato. […]

Penso che le mappe dovrebbero essere ben fatte. I «manoscritti bruciati», che alcuni lettori avevano trovato affascinanti, sono scomparsi, rendendo il testo del Libro II, cap. 5, abbastanza assurdo all’inizio, e perdendo le rune che sembrano attrarre enormemente i lettori di tutte le età (quelli che sono così sciocchi da leggere questo tipo di cose). Anche se costano un po’ di più dovrebbero essere delle mappe ben disegnate, che forniscano qualcosa di più che un semplice indice di quello che si dice nel testo. Io potrei fare delle mappe adatte al testo. È il tentativo di ridurne le dimensioni e di omettere tutto il colore (letterale e non) per ridurle ad una desolazione bianca e nera, su una scala così ridotta che a fatica si può leggere un nome, che mi ha bloccato.

Nella Lettera 143 torna ancora sull’argomento dei sottotitoli:

Non sono molto felice del titolo Le due torri. Deve riferirsi, se esiste un vero riferimento, a Orthanc e alla Torre di Cirith Ungol. Ma dato che si parla così tanto dell’opposizione fra la Torre Nera e Minas Tirith, tutto diventa confuso. In realtà, naturalmente, non c’è nessun vero legame fra i Libri III e IV, se staccati e presentati come volumi separati.

Le lettere successive riguardano l’approvazione del battage pubblicitario negli USA (la casa editrice che si era aggiudicata i diritti era la Houghton Mifflin co.) e delle vesti grafiche per le copertine. A giugno 1954 la copertina era approvata! Scrive Tolkien:

È stato un bellissimo momento ieri quando ho ricevuto una copia della Compagnia dell’Anello. Il libro in se stesso è più che presentabile.

Penso che ora la copertina sia molto migliorata, e fa colpo. Mi piace la carta grigia che è stata usata, e la preferisco ad altri colori. Ma i campioni delle copertine per il II e il III mi ripropongono un problema che non avevo considerato appieno: la necessità di una differenziazione. Dato che lo stesso schema deve essere usato, per motivi di economia, dappertutto, sembrano troppo uguali; e la scelta del colore forse è meno importante di una diversificazione. Ma forse questa si potrebbe ottenere cambiando il colore dei caratteri più grossi? Titolo e autore in rosso?

In realtà non ci tengo molto, e lascio decidere a voi.

Finalmente, il 29 luglio 1954 The Fellowship of the Ring fu pubblicato in Regno Unito!

Copertine delle prime edizioni UK dei tre volumi di The Lord of the Rings (Allen & Unwin)

Tolkien, da bravo perfezionista, cominciò subito a rilevare errori di stampa (dei quali si sentiva in buona parte responsabile, avendo curato personalmente la revisione del testo) e refusi tipografici di ogni genere (per i quali incolpava discretamente i suoi correttori di bozze). Molto divertente quanto scrive nella Lettera 148 a Katherine Farrer:

Temo che ci sia ancora un certo numero di errori di stampa nel vol. I! Compreso quello a pag. 166. Ma nasturtians è intenzionale e rappresenta un trionfo finale nei confronti di quei prepotenti dei tipografi. Sembra che Jarrod abbia un pedante molto colto come capo dei correttori di bozze, e hanno cominciato a correggere il mio inglese senza nemmeno avvertirmi: elfin invece di elven; farther invece di further; try to say invece di try and say e così via. Io mi sono trovato nella spiacevole situazione di dimostrargli la sua ignoranza e di rimproverargli l’impertinenza. Così, anche se non ci tengo molto, ho puntato i piedi per quanto riguarda i nasturtians. Ho sempre detto così. Sembra che sia una naturale anglicizzazione iniziata non appena il «crescione indiano» venne importato (dal Perù, penso) nel XVIII secolo; ma resta un termine usato da pochi. Io lo preferisco perché nasturtium è fintamente botanico e falsamente erudito. A questo scopo ho consultato il giardiniere del College:

«Come chiama queste cose, giardiniere?»
«Le chiamo tropaeolum, sir.»
«Ma quando ne parla con i professori?»
«Dico nasturtians, sir.»
«Non nasturtium?»
«No, sir; quello è il crescione d’acqua.»
E questo è tutto in tema di nomenclatura botanica. […]

Questo gustoso aneddoto ci ricorda anche che Tolkien era, così, en passent, tra i mille altri suoi interessi!, uno studioso e appassionato (più che dilettante!) di botanica. Ma soprattutto ci richiama la questione, già evocata in questa rubrica, dei correttori di bozze, e della loro abitudine a uniformare e appiattire le ortografie di alcune parole (magari obsolete, arcaiche o rare) utilizzate da Tolkien. Una battaglia che, per quanto riguarda termini come Elves e Dwarves, impegnava Tolkien da quasi 20 anni, ovvero fin dalla lavorazione dello Hobbit.

Per concludere brevemente la storia, gli altri due volumi che compongono Il Signore degli Anelli (The Two Towers e The Return of the King) furono pubblicati rispettivamente l’11 novembre 1954 e il 20 ottobre 1955.

Furono mesi concitati a dir poco, ricchi di corrispondenza interessantissima, delle prime recensioni e dei primi feedback dei lettori, e ovviamente di frenetiche correzioni di bozze per l’ultimo volume.

Risalgono a questo periodo alcune famose missive, tra cui:

  • l’incredibile abbozzo mai spedito in risposta a Peter Hastings – Lettera 153 – in cui Tolkien compie un excursus teologico sulla sua opera;

  • alcune lettere indirizzate al poeta W. H. Auden – di cui si è conservata ad esempio la 163 – sulla struttura filosofica e linguistica del romanzo;

  • una serie di annotazioni alla Houghton Mifflin co. – Lettera 165 – inviate come protesta per alcune affermazioni di Tolkien che erano state pubblicate, decontestualizzandole, in un articolo giornalistico dedicato alle sue opere.

Insomma, leggendo tutte queste testimonianze possiamo farci un’idea sull’assoluta eccentricità del momento. Già all’epoca era evidente che Il Signore degli Anelli avrebbe costituito un caso epocale, avrebbe fatto discutere, avrebbe incuriosito, irritato, estasiato, fatto innamorare milioni di lettori, critici, autori. Di lì a pochi anni il suo fenomeno commerciale globale sarebbe diventato senza precedenti, diventando una delle opere narrative più influenti del XX secolo, e avrebbe generato, da solo, un’enorme fetta di pop-culture, specialmente dopo l’esplosione che ebbe negli Stati Uniti a partire dalla seconda metà degli anni ’60, come vedremo la prossima volta.

-Rúmil

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