Cari amici, ben ritrovati al consueto appuntamento con Sôval Phârë, la rubrica dedicata alla traduzione nell’opera letteraria tolkieniana.
Negli scorsi appuntamenti abbiamo ricordato come Tolkien si auto-definisca il “traduttore” del Signore degli Anelli. A giudicare da quanto scrive nell’Appendice F sembrerebbe che la sua opera di traduzione fittizia sia da Ovestron a inglese moderno. Tuttavia siamo sicuri sia possibile escludere l’Anglosassone come passaggio intermedio?
I “precedenti” di Ælfwine, con le sue traduzioni in Anglosassone di opere della sapienza eldarin, parrebbero avvalorare questa ipotesi.
Ricordiamo che Tolkien era Professore di Anglosassone all’Università di Oxford, nonché uno dei compilatori, tra il 1918 e il 1921, dell’Oxford English Dictionary: alquanto “plausibile”, all’interno della finzione letteraria, che egli avesse “trovato” una traduzione in Anglosassone DALL’Ovestron, con testo originale a fronte, una sorta di “vulgata” medievale del Libro Rosso.
D’altronde, sebbene nell’Appendice F – vedi qui – il nostro Tolkien compia numerosi esempi di traduzione diretta Ovestron > Inglese, potremmo chiederci, un po’ scetticamente: dove avrebbe egli appreso i rudimenti di questa lingua così remota e (per noi moderni) esotica?
Una vera risposta non esiste. Possiamo divertirci a immaginare uno scenario come quello appena descritto, oppure arrenderci al fatto che non sapremo mai come Tolkien intendesse “giustificare” la conoscenza, da parte dell’ultima incarnazione dell’autore-personaggio del Signore degli Anelli (ovvero se stesso!), della Sôval Phârë.
Se analizziamo la questione da un punto di vista “esterno”, è pur vero che l’Ovestron è un concept introdotto da Tolkien nel Legendarium proprio a partire dal SdA. Al tempo di composizione del Qenta e degli Annali (e delle rispettive traduzioni in Anglosassone ad opera di Ælfwine) il passaggio dall’Elfico di Tol Eressëa all’Old English era ancora “diretto”, senza la mediazione ulteriore di una “lingua comune” parlata nella Terra di Mezzo in Ere successive ai Giorni Antichi, proprio perché il marinaio inglese giungeva in Occidente, apprendeva i racconti e li vergava direttamente nella propria lingua natia; per di più le stesse “Ere successive” non erano ancora state pienamente concettualizzate (sebbene esistessero già le prime stesure della “Caduta di Númenor”).

È proprio a causa dell’espansione dell’universo narrativo, dell’introduzione degli Hobbit, della decisione di descrivere la Terra di Mezzo millenni dopo gli eventi del Silmarillion, che si rende necessario (perché verosimile!) l’Ovestron, e dunque si aggiunge questo ennesimo passaggio linguistico: Lingue Elfiche >> Lingue Umane (1ª Era) >> Adûnaico >> Ovestron, la Lingua Comune parlata dai discendenti dei sudditi dei Regni Númenóreani in Esilio >> **Ere del Mondo successive alla Quarta** >> Lingue europee antiche, tra cui l’Anglosassone >> Lingue europee moderne, tra cui l’inglese.
In occasione di questa parentesi e parziale speculazione, che spero abbia interessato, lascio di seguito alcuni esempi di corpus Ovestron, mentre nel prossimo appuntamento vedremo insieme alcuni estratti dalle traduzioni in anglosassone di Ælfwine.
Quel poco che conosciamo dell’Ovestron è contenuto nell’Appendice F, come accennavamo, nonché, per quanto riguarda le versioni precedenti di alcuni termini, risalenti alle precedenti stesure di questo testo (soprattutto nella sezione Sulla Traduzione), pubblicate in Peoples of Middle-earth. Non riporto di seguito un elenco esaustivo, ma solo una manciata di esempi significativi. Quando tratteremo nel dettaglio le Lingue Umaniche, nella nostra rubrica linguistica, ritorneremo sull’argomento “Ovestron”, e metteremo in risalto la sua filiazione dall’Adûnaico, sia da un punto di vista storico che da un punto di vista filologico.
Per una lista esaustiva dell’intero corpus Ovestron rimando all’ottima scheda di Ardalambion, e come sempre ringrazio Gianluca Comastri per la versione italiana.
Corpus Ovestron
A – Nomi propri e radici correlate:
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Banazîr: “mezzo-saggio, semplice”: nome Ovestron di Samwise, composto da ba-, ban(a) “mezzo” (PM:51) (cfr. anche banakil, “mezzuomo, hobbit”) e zîr(a) “saggio” (Appendice F, PM:51).
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Bilba: “Bilbo” (PM:50). Tolkien ci informa che nomi come questo, il cui significato è andato perduto, sono stati da lui tradotti semplicemente cambiando la vocale finale: in Ovestron la A è una desinenza tipica dei nomi propri maschili (vedi oltre, s.v. “Maura”).
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Bralda-hîm: “birra inebriante”, composto da bralda- “inebriante?” e hîm(a) “birra” (PM:54). Si tratta di un gioco di parole sul nome del fiume Baranduin (in Ovestron Branda-nîn, “Acque di confine” – nîn “acqua”, cfr. Sindarin nîn “umido”), a causa del colore marrone/dorato delle sue acque, e per questo tradotto da Tolkien Brandywine “Brandivino” (Appendice F, note finali).
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Brandagamba: Brandybuck “Brandibuck”. Nome che in inglese è parzialmente adattato foneticamente, il significato letterale sarebbe “Marchbuck”, ovvero “Capro di confine”. Composto da branda- “confine, marca” e gamba “capro, becco”.
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Galbasi: “Gammidge” o “Gamwich”, forma originaria del cognome “Gamgee” (Appendice F, note finali), composto da galap, galab- “gioco” (PM:48/Appendice F, note finali) e bas- , traducibile in inglese con “-wich”, che significa pressappoco “villaggio” (cfr. Northwich, Nantwich e altre cittadine del Cheshire).
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Kalimac: un nome dal significato dimenticato ma inevitabilmente associato con kali “allegro, giocondo, gaio”; perciò Tolkien rese Kalimac con Meriadoc e la forma breve Kali con Merry. (Appendice F).
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Karningul: “Gran Burrone” (Appendice F). Si presume che karnin significhi “spaccato” e gul “valle, forra”.
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Labingi: “Baggins” (PM:48). Deriva da laban “borsa”; vedi anche Laban-neg “Fondo Borsa” (PM:83).
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Maura: “Frodo” (PM:50) Non vi era la parola maur- in Ovestron contemporaneo, ma in Rohirrico arcaico significa “saggio, esperto”; perciò Tolkien rese Maura con un nome germanico dal senso simile.
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Ranugad: “Hamfast, Sta-a-Casa” = “Casalingo” (Appendice F), composto da rân “villaggio, ridotto gruppo di residenze sul fianco di un colle” (PM:49), o ran(u) “dimora, villaggio” (cfr. inglese ham), e gad- “restare”.
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Razanur: “Peregrino” (PM:51), derivato da razar una piccola mela rossa; Razar Pippin “Pipino” diventa così anche il diminutivo di Razanur. (PM:51)
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Tûk (così compitato nell’Appendice F, Tûc in PM:46): “Tuc” (Secondo la tradizione dei Tuc, tûca “era un antico vocabolo indicante ‘audace’, ma questa pare una congettura totalmente infondata”; perciò, Tolkien semplicemente anglicizzò l’ortografia in Took).
B – Nomi comuni e rispettive parole cognate:
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kast “mathom” (dal Rohirrico kastu; tale vocabolo era probabilmente adoperato solamente nel dialetto Hobbit dell’Ovestron, ed era un nome collettivo, appunto tipicamente Hobbit, usato per identificare tutti quegli oggetti di cui non si conosceva più l’origine o il significato, ma non volendoli buttare via venivano esposti nei musei, come ad esempio nella Casa Mathom a Pietraforata).
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kuduk “hobbit”, termine esclusivo del dialetto Hobbit; il resto dei parlanti Ovestron preferiva il termine banakil “mezzuomo” (Appendice F, note finali). Imparentato con ogni probabilità con il termine Rohirrico kûd-dûkan (reso da Tolkien con la forma anglosassone holbytla, “scava-buchi”).
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Sôval Phârë “Lingua Corrente”, composto da phârë “idioma?” e sôval “comune”, sebbene non vi sia certezza su quale delle due indichi “comune” e quale “lingua”.
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sûza sfera d’occupazione; divisione di un reame; Sûza “Contea”, Sûzat “La Contea” (PM:45).
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trân “smial”, la tipica caverna hobbit (probabilmente unico nel dialetto Hobbit; cfr. il Rohirrico trahan) (Appendice F).

Bibliografia e sitografia utile:
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The Lord of the Rings (1955; 1966) di J. R. R. Tolkien ~ Appendice F
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Peoples of Middle-earth (1996), XII volume della History of Middle-earth ~ Parte I, Cap. 2: “The Appendix on Languages”.
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Scheda sul Westron in Ardalambion by Helge Fauskanger: https://ardalambion.net/westron.htm
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Versione tradotta in italiano by Gianluca Comastri: http://ardalambion.immaginario.net/ardalambion/westron.htm
-Rúmil