Cari amici, ben ritrovati al consueto appuntamento con Sôval Phârë, la rubrica dedicata alla traduzione nell’opera letteraria tolkieniana.
Quest’oggi cominciamo il nostro excursus sulla “Guida ai Nomi” del Signore degli Anelli, riportando e analizzando una selezione delle voci più interessanti. In questo modo potremo comprendere sulla base di quali indicazioni dell’autore si sono potuti ispirare i traduttori dei vari paesi per coniare le proprie scelte.
Ricordo che nella Nomenclature non sono elencati tutti i nomi propri del romanzo, ma solo quelli costruiti con elementi della lingua inglese, e coniati da Tolkien con il preciso intento di sostituire (e dunque tradurre) nomi Ovestron, ovvero la lingua nella quale è fittiziamente scritto il Libro Rosso dei Confini Occidentali. Va da sé che, essendo questa operazione parte integrante della finzione letteraria, non tutti i nomi che hanno ricevuto questa “traduzione in inglese” esistono davvero. Tuttavia, man mano che incontreremo nomi che hanno un effettivo corrispondente in Ovestron (inventato da Tolkien) li citeremo e li spiegheremo etimologicamente.
Partiamo con i cognomi dei quattro hobbit protagonisti. Riporto le relative voci (traduzione mia). Tra parentesi quadre inserisco miei commenti o integrazioni utili alla comprensione:
Baggins. Pensato per richiamare ‘borsa’ – cfr. la conversazione di Bilbo con Smaug nello Hobbit [cap. XII] – e inteso perché sia associato (dagli hobbit) a Bag End [“Casa Baggins” nelle traduzioni italiane; più letteralmente “Fondo Borsa”] (ovvero il fondo di una ‘borsa’ o di una pudding bag [sacca di stoffa per la preparazione di dolci o budini, tradizionalmente usata in Terranova e Labrador] = cul-de-sac, [ovvero “vicolo cieco”]), il nome locale della casa di Bilbo. (Era il nome locale della fattoria di mia zia in Worcestershire, che si trovava in fondo a un viottolo di campagna, che conduceva lì e non proseguiva oltre.)
Cfr. anche Sackville-Baggins. La traduzione dovrebbe contenere un elemento dal significato di ‘sacco, borsa’.

Brandybuck. Un raro cognome inglese nel quale mi sono imbattuto. La sua origine in inglese non è rilevante. Nel SdA è ovviamente concepito per contenere gli stessi elementi presenti nel fiume Brandywine e nel nome della famiglia Oldbuck. Quest’ultimo contiene la parola ‘buck’ (animale); ‘buck’ può derivare tanto dall’antico inglese bucc “maschio del cervo” (daino o capriolo) quanto da bucca “capro, becco”.
NB: Anche Buckland [“Terra di Buck” o “Landaino” nelle traduzioni italiane](vedi la sezione “Luoghi”) deve contenere il medesimo nome di animale (tedesco Bock), sebbene Buckland, un toponimo inglese, sia in effetti frequentemente fatto derivare da “book-land”, ovvero un territorio originariamente retto tramite un atto costitutivo redatto per iscritto [come la Magna Charta].

Gamgee. Un cognome che si trova in Inghilterra, sebbene non comune. Non conosco la sua origine; non sembra essere inglese. È anche una parola per “bambagia, cotone idrofilo” (adesso caduta in obsolescenza ma conosciuta da me durante l’infanzia), derivava dal nome di S. Gamgee, morto nel 1886, un eminente chirurgo, che aveva inventato il “bendaggio Gamgee”. In una traduzione la cosa migliore sarebbe trattare questo nome come “privo di significato” e preservarlo, operando qualsiasi cambio di ortografia che si ritenga necessario perché si adatti allo stile della lingua della traduzione.
Sul nome “Gamgee”, Hammond e Scull riportano anche una vecchia stesura manoscritta, non inclusa nella versione finale dattiloscritta della Nomenclature. Si tratta di una lunga voce, che non riporto qui per intero, ma solo alcune considerazioni molto interessanti che fa Tolkien, in merito al rapporto tra il cognome Gamgee e la “versione originale” in Ovestron Galbasi > Galpsi:
[…] Secondo la teoria generale [descritta nel testo introduttivo della Nomenclature] un nome hobbit che non abbia un significato riconoscibile dovrebbe essere lasciato intatto, e il suo suono rappresentato secondo le abitudini della lingua inglese, o di qualsiasi altra Lingua utilizzata per la Traduzione. Dovrebbe pertanto essere una procedura ragionevole, in questo caso, sostituire Gamgee con la sua reale forma contemporanea [NB: in questo caso Tolkien intende “contemporanea agli eventi della storia”! Non al periodo in cui è uscito il SdA], identificata [alla fine dell’Appendice F] con Galbasi o la sua forma contratta Galpsi.
Tuttavia Gamgee è un caso limite. Sebbene l’origine e il significato di Galbasi / Galpsi non fosse più generalmente noto, a quel tempo [n.d.t.: intende, alla fine della Terza Era], all’interno della famiglia si diceva fosse derivato dal nome del villaggio Galabas, che aveva un significato, composto dagli elementi che in inglese sarebbero resi con play + una delle parole comuni nei toponimi, in forma piena o ridotta, come -ham, -ton, -wich o -stow… Gamgee è un cognome inglese, sebbene non comune. Una volta, con mia sorpresa, ho ricevuto una lettera sul mio libro da una persona, ancora in vita, che portava il nome Sam Gamgee [possiamo leggere la risposta di Tolkien a questo Sam Gamgee! è la lettera 184, del 18 marzo 1956]. Lui non aveva, come me, alcuna informazione sull’origine di questo nome, ma qualche relazione con i cognomi Gammidge, Gam(m)age è possibile… […]

Took. Nome hobbit di origine sconosciuta che sta per l’effettivo nome Hobbit Tūk (vedi Appendice F, vol III). Dovrebbe pertanto essere mantenuto, e adattato foneticamente alla Lingua della Traduzione. I nomi di battesimo dei Took dovrebbero essere preservati nella forma e nell’ortografia, come Peregrin, Paladin, Adelard, Bandobras, etc. Nota che il soprannome di Bandobras, “Bullroarer”[“Ruggibrante” o “Muggitoro” nelle traduzioni italiane] è in Lingua Comune e dovrebbe essere tradotto secondo il significato (se possibile allitterando la B). Questo soprannome appariva anche in Bullroarer Took, ne Lo Hobbit, nuova edizione [capitolo 1]. Credevo, quando lo scrissi, che bullroarer fosse una parola usata dagli antropologi, etc. per strumenti utilizzati da popoli primitivi per emettere suoni di ruggiti; ma non riesco a trovare questo significato in alcun dizionario (neanche nei Supplementi dell’Oxford English Dictionary).
Riguardo a questo ultimo appunto di Tolkien sull’accezione di bullroarer come termine utilizzato dagli antropologi per designare strumenti di richiamo primitivi, Hammond e Scull riportano che effettivamente questo significato esiste, sotto la voce “bull” dell’OED, dunque Tolkien ricordava bene! La definizione sembrerebbe essere la seguente: “una striscia di legno piatta lunga alcuni pollici, che si restringe ad una o a entrambe le estremità, e che da uno dei capi era assicurata ad una cinghia per poterla roteare, producendo così un rumore intermittente di ronzio o di ruggito, che si udiva da lunga distanza”.

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Affascinante la quantità e densità di curiosità e piccole chicche linguistiche e trivia sulle nomenclature che è possibile ricavare da queste voci. A prescindere dalle scelte traduttive che ciascun traduttore ha in seguito proposto, è evidente, già da questi primi esempi, come la Guide to the Names sia uno strumento di analisi estremamente generoso da parte di Tolkien. Conferisce a chi si addentra nel suo studio un’incredibile consapevolezza sul suo metodo di coniazione, sulla sua capacità di adattare, modellare, riqualificare nomi ed etimologie, e trovare loro una collocazione e un collegamento con il mondo narrativo.
Per quanto riguarda i nomi Ovestron, questi sono rispettivamente:
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Labingi (dall’Ovestron laban “borsa”.)
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Brandagamba (dall’Ovestron branda- “terra di confine” e -gamba “maschio del cervo o della capra, ariete”.) [vd. articolo sul corpus Ovestron per approfondimento].
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Galpsi (corruzione di Galbasi, ingl. “Gamwich”, composto dall’Ovestron galab- “gioco” e bas- “villaggio”, corrispondente dell’elemento –wich di cui parla Tolkien, supra.)
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Tûk (nome privo di significato per l’Ovestron di fine Terza Era, supra.) Il cognome gallese “Took” deriva da una parola che designa un tipo di spada, tūca. Quest’ultima parola si trova, come precedente spelling del cognome nella sua forma in hobbitish, perciò possiamo ipotizzare che il richiamo al termine gallese e alla spada fosse intenzionale in Tolkien.
Seguendo le indicazioni di Tolkien, la maggioranza dei traduttori ha tradotto, tanto per fare l’esempio più noto, Baggins, coniando cognomi nelle rispettive lingue che contenessero appunto l’elemento “sacco, borsa”. Vediamone alcuni:
Traduzione in bretone: Sac’heg.
Traduzione in lingua cornica (Cornovaglia): Baggyn.
Traduzione in ceco: Pytlík.
Traduzione in olandese: Balings.
Traduzione in estone: Paunaste.
Traduzione in finlandese: Reppuli.
Traduzione in francese: Sacquet (Bessac nella nuova traduzione dello Hobbit).
Traduzione in tedesco: Beutlin.
Traduzione in ungherese: Zsákos.
Traduzione in norvegese: Lommelun.
Traduzione in polacco: Bagosz.
Traduzione in portoghese: Bolseiro.
Traduzione in spagnolo: Bolsón.
Traduzione in svedese: Secker; Bagger nella vecchia traduzione di Åke Ohlmarks.
I più attenti di voi avranno notato un’“assenza notevole” in questa lista: l’italiano.
Si dà il caso che nella prima traduzione in assoluto, quella che abbiamo citato nello scorso appuntamento, di Vittoria Alliata per Astrolabio (1967), Baggins fosse stato reso Sacconi, coerentemente con il suggerimento di Tolkien di tradurre a senso. Fu il curatore dell’edizione Rusconi (1970), Quirino Principe, a ripristinare il nome inglese (non tradotto), per Baggins e per gli altri tre nomi degli hobbit protagonisti, MA non per tutti gli altri cognomi hobbit, che restarono localizzati in italiano (Bolgeri, Serracinta, Soffiatromba, Tronfipiede, etc).
La dichiarazione di Principe in merito, contenuta in un articolo pubblicato sulla rivista tolkieniana Endóre (“Nota sulla vicenda editoriale di Tolkien in Italia”), nel quale Principe motivò alcune sue scelte, è la seguente:
I Baggins, nella traduzione Ubaldini e nel resto del dattiloscritto, erano divenuti “i Sacconi”: brutto e semanticamente sbagliato, poiché l’onomastica fuori dal tempo e dello spazio poteva e doveva essere adottata nelle parti del libro ambientate fra gli Elfi, o a Brea, mentre nelle pagine ambientate nella Contea occorreva qualcosa d’inglese che alludesse alla similarità tra la Contea medesima e, che so, il Galles, la campagna britannica, i paesaggi di Thomas Hardy o di Mentague Rhodes James. Benissimo “i Serracinta”, famiglia di contorno, benissimo lo “scattanello”, ballo simpatico ma un po’ troppo sfrenato, ma i Baggins devevano rimanere Baggins, per non scivolare in un’aura troppo realistica e familiare. I Serracinta si limitano a mangiare e a bere, come nella bassa padana; i Baggins, vivaddio, sono quelli che contendono il tesoro a Gollum, che lottano contro Shelob e contro i cavalieri neri. Non prendiamoci troppe confidenze con loro.
Dopo tutto ciò che abbiamo detto in questa rubrica, dopo tutti i discorsi sulla coerenza del worldbuilding e della costruzione linguistica e onomastica nell’opera di Tolkien, non commento neanche questo intervento. Mi limito a riportarlo qui, perché vi formiate un giudizio autonomo.
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Continuando la nostra disamina sui nomi hobbit, è interessante notare come Tolkien non lasci pressoché mai, all’interno della Guide, indicazioni sui loro nomi di battesimo. Tant’è che le scelte di traduzione sono state svariate: in molte traduzioni questi sono stati adattati foneticamente alla lingua di destinazione, oppure sono stati lasciati invariati, o ancora sono stati tradotti sulla base della loro etimologia.
In quest’ultimo caso si scoprirà che i nomi dei quattro hobbit protagonisti, Frodo, Sam, Merry e Pippin, hanno etimo disparate. Vediamole un attimo insieme:
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Frodo viene dall’anglosassone (fród significa “saggio grazie all’esperienza”).
In Ovestron è Maura, avendo maur- lo stesso significato di fród-.
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Samwise viene dal medio-inglese:
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sam- è un prefisso medio < antico-inglese, a sua volta derivato dal proto-germanico *sēmi-, e legato ovviamente al prefisso latino semi-, che significa “mezzo, per metà”;
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wise deriva dal medio-inglese wis, wys < anglosassone wīs < proto-germanico *wīsaz, che significa “saggio, sapiente”.
In Ovestron è Banazîr, avendo ban(a)- lo stesso significato di sam-, e zîr lo stesso significato di wise.
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Meriadoc viene dal gallese (significa “Gran Signore”, da mawr “grande” e udd “signore”). Il diminutivo “Merry”, che in inglese significa “felice, gaio”, è un caso piuttosto raro in cui la forma ipocoristica del nome non corrisponde, anche solo vagamente, al significato del nome completo.
Il nome Ovestron di cui Meriadoc è la traduzione è Kalimac, il cui significato non è noto, anche se è notevole osservare che calima in Quenya significhi “splendente”. Il suffisso -ac, come anche -ic e -oc, presenti in molti nomi di Brea e della Terra di Buck, ha una chiara influenza celtica, come lo stesso Tolkien commenta in Peoples of Middle-earth.
Il pet-name di Kalimac è Kali. Il significato di kali in Ovestron è, coerentemente, quello di “felice, gaio”.
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Peregrin deriva dal latino peregrinus “straniero, forestiero”, a sua volta tratto da uno dei significati del verbo peregrinor “viaggiare, errare, peregrinare”.
Pippin, la forma ipocoristica, è un altro caso di difformità di senso rispetto al nome completo: in inglese pippin (o pip) designa il seme di un frutto carnoso (forse un riferimento al fatto che Pipino fosse il membro più giovane della Compagnia), e per estensione un tipo di mele (con buccia gialla o verde, striata di rosso).
In ogni caso, entrambi i significati sono sintetizzati dalla forma “originale” del nome Ovestron Razanur: era il nome di un leggendario viaggiatore, e conteneva elementi come raza “straniero” e razan “estero”, che danno conto del significato di Peregrino; d’altro canto Razar (forma ovestron di Pippin) è in Ovestron una tipologia di mela rossa.
Nota a margine: molti dei nomi di battesimo degli altri hobbit hanno origini ancora diverse, spesso di area germanica (Adalgrim, Gundabald, Isengrim) o neolatina, addirittura spagnoleggiante (Iago, Blanco, Sancho); in altri casi ancora Tolkien afferma che fossero nomi ormai privi di significato in Ovestron moderno, e che lui si sia limitato a cambiare le desinenze (per es. Odo è la “traduzione” dell’Ovestron Oda, essendo la –a la desinenza tipica dei nomi maschili, vedi anche Bilba, Maura, etc). Dobbiamo immaginarci che ciascuno di questi nomi, resi in maniere così eterogenee e creative da Tolkien in virtù della stessa vivacità con cui gli Hobbit della Contea si davano i nomi, abbia un corrispettivo Ovestron, che Tolkien lo abbia inventato o meno. Ovviamente nessuno nella Contea si chiamava realmente Sancho o Marcho, esattamente come il “vero” Frodo non portava un nome di origine anglosassone. Siamo di fronte, ancora una volta, a quella linea di demarcazione tra diegesi e traduzione, di cui abbiamo discusso fin dal primo episodio di questa rubrica.
Come si può notare, non esiste limite all’approfondimento che è possibile compiere a partire dai nomi che Tolkien ha così attentamente coniato. Un traduttore può a ben ragione decidere di lasciare invariati questi nomi, divenuti ormai iconici nelle loro forme originali, ma è auspicabile che vi sia la consapevolezza della profonda stratificazione linguistica sottesa a ciascuna di queste scelte. D’altronde, se usassimo davvero i nomi “originali”, dovremmo usare Maura, Banazîr, Kalimac e Razanur. La scelta di non farlo, da parte dell’autore, denota una precisa preferenza estetica dettata dal carattere di “attualizzazione di un passato mitico” che permea tutta l’operazione linguistica attuata nel Signore degli Anelli.
Nel prossimo appuntamento vedremo le indicazioni di Tolkien sui nomi dei tre ceppi degli Hobbit (Harfoots, Fallohides e Stoors), lo stesso nome “Hobbit”, più qualche nome extra.
Alla prossima!
-Rúmil