SÔVAL PHÂRË – (La“Lingua Comune”) ~ Rubrica sulla Traduzione in Tolkien - EPISODIO 19: La Guide to the Names of The Lord of the Rings. Un’introduzione

Cari amici, ben ritrovati al consueto appuntamento con Sôval Phârë, la rubrica dedicata alla traduzione nell’opera letteraria tolkieniana.

Nel 1975 fu pubblicato A Tolkien Compass, una raccolta di saggi dal sottotitolo “Fascinating Studies & Interpretations of J. R. R. Tolkien’s Most Popular Epic Fantasies”, compilata da autori vari, per la maggior parte accademici aderenti alla Tolkien Society dell’Università del Wisconsin, e curata da Jared Lobdell, membro del medesimo ateneo.

La prima edizione di questa raccolta (1975; ristampa paperback 1980) presentava, come contributo finale, un testo originale di Tolkien, editato da Christopher a partire da un dattiloscritto professionale risalente al 1967: la Guide to the Names in The Lord of the Rings”.

Copertina di A Tolkien Compass (1975). AA. VV.

A partire dalla seconda edizione di A Tolkien Compass (2003) il testo, di proprietà della Tolkien Estate, non fu più incluso nella raccolta; tuttavia esso compare anche, comprensivo di alcune note aggiuntive tratte direttamente dal dattiloscritto e dal manoscritto originali, in coda a A Reader’s Companion di Wayne G. Hammond e Christina Scull.

Si tratta di un testo di enorme interesse, che raccoglie le conclusioni alle quali Tolkien era arrivato dopo un decennio di riflessioni e di feedback sulle traduzioni del Signore degli Anelli, e in cui sono fornite note etimologiche, suggerimenti e principi teorici utili ad affrontare la nomenclatura della sua opera (un sottoinsieme minoritario di essa, per essere precisi!), e a renderla sulla base del significato, e non solo.

Questo documento, realizzato entro il gennaio 1967, fu immediatamente reso disponibile in fotocopia dalla Allen & Unwin per le case editrici e i traduttori stranieri che all’epoca erano al lavoro per la traduzione del SdA, tra cui la tedesca Klett-Cotta e la danese Gyldendal.

Si dà il caso che una delle prime traduzioni a beneficiarne fu anche quella italiana, a firma Vittoria Alliata di Villafranca: nello stesso 1967 (dicembre) fu pubblicato La Compagnia dell’Anello per la casa editrice Astrolabio-Ubaldini, e alcune delle scelte traduttive legate alla nomenclatura, in questa prima apparizione in assoluto dell’opera di Tolkien in italiano, ricalcano i principi contenuti nella Guide. A onor del vero non tutte, e non in maniera esatta, come vedremo quando analizzeremo qualche esempio.

Per contestualizzare la genesi di questo testo, vorrei riportare quanto scrivono Hammond e Scull nel loro Reader’s Companion, introducendo l’argomento [traduzione mia]:

[…]

Dopo un po’ Tolkien stesso prese l’iniziativa. Continuava a preferire che Il Signore degli Anelli preservasse anche in traduzione la sostanziale “inglesità” di molti dei suoi nomi di persona e di luoghi; ma arrivò ad accettare il fatto che altri traduttori avrebbero probabilmente adottato una linea simile a delle edizioni olandese e svedese, che avevano talvolta male interpretato le loro fonti, e, invece di insistere sulla non traduzione della nomenclatura, tentò di influenzare i traduttori attraverso un documento esplicativo.

Il 2 gennaio 1967 scrive a Otto B. Lindhart, della casa editrice danese Gyldendals Bibliotek, che stava allora pianificando la pubblicazione in danese del Signore degli Anelli, che “l’esperienza accumulata nel tentare di aiutare i traduttori o nel leggere le loro versioni mi ha fatto rendere conto che la nomenclatura di persone e luoghi offre particolare difficoltà”, ma è importante “dal momento che è stata costruita con considerevole cura, per inserirsi correttamente nella storia ipotetica del periodo descritto. Pertanto ho di recente intrapreso, e ormai quasi completato, un commentario sui nomi di questa storia, con spiegazioni e suggerimenti per l’uso di un traduttore, avendo in mente in particolare il danese e il tedesco” (archivio della corrispondenza tra Tolkien e la George Allen & Unwin, presso Harper Collins).

Copertina di The Lord of the Rings: A Reader’s Companion (2005) di Wayne. G. Hammond e Christina Scull

Da questa lettera di Tolkien è evidente che egli fosse infine giunto a considerare come il “male minore” la scelta di istruire i traduttori sul processo inventivo dei propri nomi, e dare loro alcune coordinate etimologiche utili a tradurli. Per ottemperare alla richiesta di Tolkien i traduttori avrebbero dovuto innanzitutto comprendere il significato dei nomi, ma, in certi casi in cui questo non si fosse rivelato sufficiente, avrebbero dovuto anche compiere qualche sforzo (per il quale era necessaria una conoscenza minima del funzionamento della nomenclatura per nomi di persone e luoghi del proprio paese) per coniare nomi che risultassero credibili nelle rispettive lingue.

Ovviamente i nomi da tradurre non erano tutti, ma solo quelli in cui fosse necessario corrispondere alla scelta dell’inglese come lingua che rendesse l’Ovestron. I nomi in lingue elfiche, naniche etc, e in generale tutti quelli non elencati, avrebbero dovuto restare intatti. Su questo il Professore non transigeva. E infatti esordisce rimarcando proprio questo.

Abbiamo già evocato tutto ciò nel corso degli scorsi appuntamenti. A dimostrazione ulteriore di quanto sto dicendo vorrei presentare di seguito l’introduzione di Tolkien al testo della Guide to the Names (traduzione mia).

Utilizzo il testo nella forma quanto più vicina possibile al dattiloscritto originale, così come è presentato nella The Lord of the Rings: A Reader’s Companion; e non quello editato da Christopher per la raccolta A Tolkien Compass: Tolkien padre infatti utilizza qui abbreviazioni come CS (Common Speech), LT (“language used in translation”) e G (Grey-elven), mentre nella versione editata sono state scritte per esteso.

Nomenclatura del Signore degli Anelli

Tutti i nomi non presenti nella seguente lista dovrebbero essere lasciati interamente invariati in qualsiasi lingua utilizzata per la traduzione (abbrev. LT), eccetto la desinenza -s, -es [indicativa del plurale in inglese], che dovrà essere resa secondo la grammatica della lingua in questione.

È auspicabile che il traduttore legga l’Appendice F [nel Volume III del Signore degli Anelli] e segua la teoria lì esposta. Nel testo originale l’inglese rappresenta la Lingua Comune (abbrev. LC) del periodo preso in considerazione. I nomi resi in inglese moderno rappresentano dunque nomi in LC, spesso ma non sempre essendo a loro volta traduzioni di nomi più antichi in altre lingue, specialmente Sindarin (Grigio-elfico, abbrev. G). La LT rimpiazza pertanto l’inglese in quanto equivalente della LC; i nomi in forma inglese dovrebbero quindi essere tradotti nella LT secondo il loro significato (più fedelmente possibile).

La maggior parte dei nomi di questo tipo non dovrebbe offrire particolare difficoltà a un traduttore, specialmente non ad uno che utilizzasse una LT di origine germanica, imparentata all’inglese: olandese, tedesco, e le lingue scandinave; per esempio Black Country, Battle Plain, Dead Marshes, Snow-mane. Alcuni nomi, tuttavia, potrebbero rivelarsi meno semplici. In alcuni casi l’autore, facendo le veci di traduttore da nomi elfici già concepiti e utilizzati in questo libro o altrove, si è premurato di produrre un nome in LC che costituisse allo stesso tempo una traduzione e (alle orecchie di un lettore inglese) un nome eufonico dal familiare stile inglese, seppur privo di una corrispondenza con luoghi reali dell’Inghilterra. Rivendell è un esempio di un risultato di successo, in quanto traduzione del G Imladris “Valle della Fenditura”. È auspicabile tradurre nella LT i nomi di questo tipo, poiché lasciarli invariati altererebbe l’attentamente congegnato schema della nomenclatura e introdurrebbe un elemento non spiegato e privo di collocazione all’interno della fittizia storia linguistica di quel periodo. Ma ovviamente il traduttore è libero di inventare un nome nella LT che sia adatto al senso e/o alla topografia; non tutti i nomi in LC sono traduzioni esatte di quelli in altri linguaggi.

In alcuni casi può sorgere un’ulteriore difficoltà. Vi sono nomi (di luoghi o di persone), specialmente nella Contea, che non sono “privi di significato”, ma hanno una forma inglese (ovvero, teoricamente, la traduzione adottata dall’autore per i nomi in LC), e contengono elementi che nel linguaggio corrente possono risultare obsoleti o dialettali, oppure si presentano in una forma desueta o oscura. (Vedi Appendice F.) Dal punto di vista dell’autore è auspicabile che i traduttori abbiano qualche conoscenza nella nomenclatura di persone e luoghi nella LT, e di parole che ne facciano parte e che tuttavia appaiano obsolete nella forma attuale di LT, o magari sopravvivano soltanto a livello locale. Le note che offro in questa sede sono finalizzate ad assistere il traduttore nel riuscire a distinguere le “invenzioni”, costituite da elementi attuali dell’inglese moderno, come per Rivendell, Snow-mane, dai nomi realmente in uso in Inghilterra, indipendentemente da questa storia, e dunque elementi della lingua inglese moderna ai quali è desiderabile far corrispondere degli equivalenti nella LT, considerandone il significato originale e anche, laddove possibile, eventuali forme arcaiche o alterate. Ho talvolta fatto riferimento a parole antiche, obsolete o dialettali in lingue scandinave o germaniche che potrebbero forse essere utilizzate come equivalenti degli elementi simili nei nomi inglesi che si trovano nel testo. Spero che questi riferimenti possano rivelarsi d’aiuto, fermo restando che non pretendo di accampare alcuna competenza in alcuna delle versioni moderne di queste lingue, limitandomi a un interesse di studio per la loro storia antica.

Grazie al percorso che abbiamo fatto insieme, nel corso di Sôval Phârë, questo preambolo risulta un’efficace sintesi di tutto ciò che abbiamo detto, tuttavia è comunque interessante leggere questi principi nella forma in cui furono elaborati da Tolkien, scritti di suo pugno.

Nei prossimi appuntamenti procederemo con esempi puntuali e voci specifiche (ad esempio i cognomi dei quattro Hobbit protagonisti), e ci divertiremo a verificare se le traduzioni italiane sono state capaci di rispettare questi suggerimenti, del tutto o in parte, o se hanno avuto la capacità di essere “creative” come Tolkien avrebbe desiderato.

Alla prossima!

-Rúmil

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