Cari amici, ben ritrovati al consueto appuntamento con Sôval Phârë, la rubrica dedicata alla traduzione nell’opera letteraria tolkieniana.
Oggi vorrei presentare gli ultimi due estratti dalle Lettere dedicati alle traduzioni straniere delle sue opere, nello specifico rispettivamente alla traduzione polacca del Signore degli Anelli (Lettera 217 del 1959) e alla traduzione spagnola dello Hobbit (Lettera 239 del 1962), entrambe indirizzate alla Allen & Unwin. Nulla di sostanzialmente nuovo viene aggiunto a ciò che abbiamo già discusso, tuttavia è interessante notare come la questione non venne abbandonata tanto presto e, in una certa misura, contribuì anche a “problematizzare” certe questioni linguistiche care a Tolkien. Di seguito gli estratti:
Lettera 217 alla Allen & Unwin, 11 settembre 1959
Mi dispiace di aver trascurato, a causa di problemi familiari e del trambusto conseguente, la lettera di Mrs. Skibniewska. Mi è del tutto impossibile scrivere delle annotazioni perché lei ne faccia uso. […] Come principio generale, preferisco che i nomi siano tradotti e alterati il meno possibile. Come lei ha intuito, questo è un libro inglese e la sua «inglesità» non deve essergli tolta. Che gli hobbit in realtà parlassero un antico linguaggio tutto loro naturalmente è un’affermazione pseudo-storica resa necessaria dalla natura del racconto. Potrei fornire o inventare la forma del linguaggio hobbit originario di tutti i nomi che appaiono in inglese, come Baggins o Contea, ma sarebbe del tutto superfluo. La mia opinione è che tutti i nomi di persona debbano essere lasciati così. Preferirei che anche i nomi dei posti fossero lasciati stare, compresa la Contea. Il modo più corretto di affrontare questo problema credo sia una lista di tutti i nomi che in inglese hanno un significato da dare alle fine con glosse o spiegazioni in polacco.
Lettera 239 alla Allen & Unwin, 20 luglio 1962
Se gnomos è usato per tradurre dwarves, allora però non deve uscire a pag. 63 come «gli elfi che ora vengono chiamati gnomi». Non voglio tormentare il traduttore e voi nemmeno con la lunga spiegazione necessaria per spiegare questa scelta; ma la parola è stata usata come traduzione del vero nome, in base alla mia mitologia, degli Alti Elfi dell’Occidente. In modo pedante, associandolo al greco gnome, «pensiero, intelligenza». Ma ho abbandonato questa versione, dato che era del tutto impossibile svincolare questo nome dalla popolare equivalenza, stabilita da Paracelso, gnomo = pigmeo. Dato che questa parola è usata – non so giudicare se sia più idonea rispetto allo spagnolo enano – per nani, ci creerà una deplorevole confusione se sarà riferita anche agli Alti Elfi. Io suggerisco che a pag. 63, alle righe 6-7, il traduttore traduca così «le vecchie spade degli Alti Elfi dell’Occidente»; e a pag. 173, alla riga 14, cancelli tutto. Penso che questi siano gli unici punti dello Hobbit dove appare il termine gnomi.
Abbiamo già abbondantemente trattato la questione dell’opportunità di tradurre o meno i nomi propri, secondo Tolkien. Riferendosi alla traduzione polacca (uscita nei soliti tre volumi tra il 1961 e il 1963) egli sembra suggerire che, nei casi in cui gli è più difficile giudicare la bontà del nuovo costrutto tradotto, sia preferibile deporre la coerenza “diegetica” e preservare la “englishry”, come discutevamo già la scorsa volta. Ciò non significa, a mio parere, che questa costituisca la scelta ideale, ma la più semplice da gestire in quei casi in cui non ci si possa o voglia affidare ciecamente all’iniziativa del traduttore. Resta il problema, forse mai del tutto risolvibile, dell’immediatezza comunicativa che molti nomi hanno come funzione intrinseca. Le “glosse o spiegazioni” creano comunque un filtro, che non potrà mai pareggiare l’efficacia di un nome che si “spieghi da solo”, per così dire.
Per quanto riguarda invece gnomes e dwarves, Tolkien si scontra qui con uno strascico di un vecchio problema! che credeva ormai lasciato alle spalle: le complicazioni della scelta di utilizzare gnome come sinonimo di “Noldo” o “Alto Elfo esule” si moltiplicano in presenza lingue straniere, nelle quali l’accezione paracelsiana del termine “gnomo” non è certo meno presente che in inglese, anzi. Purtroppo l’idea di Tolkien, di tradurre ngolodh con un termine che sfruttasse la radice greca legata alla “sapienza” e al “pensiero”, per quanto affascinante, era decisamente poco intuitiva, e fu abbandonata, come abbiamo detto in passato, nel corso della stesura del Signore degli Anelli, insieme a “goblin” a favore di “orc”, etc.
Questa traduzione in spagnolo dello Hobbit (El hobito, uscita nel 1964) era per il mercato argentino: in Spagna non sarebbe uscito fino al 1982. Mentre Il Signore degli Anelli spagnolo (El Señor de los Anillos) uscirà, già dopo la morte di Tolkien, tra il 1977 e il 1980.
Altra curiosità: la prima traduzione portoghese, uscita nel 1960, si intitola O Gnomo, dunque “Gnomo” era, per questa prima edizione portoghese, la traduzione di “Hobbit”! Cosa che di sicuro, se arrivata alle orecchie di Tolkien, non gli avrà fatto minimamente piacere! E non solo per la confusione con gli “gnomi”, ma per l’ardire di aver modificato il nome della specie “proprietaria” della creazione del Professore! L’onta è stata comunque emendata con la versione successiva, del 1985, che si intitola, in maniera meno originale ma più in linea con la richiesta di Tolkien O Hobbit.
Giunti al termine di questo nostro percorso, non resta che dare qualche cenno su ciò che arriverà in seguito, nel corso degli ultimi anni della vita del Professor Tolkien.
La prossima traduzione del Signore degli Anelli in ordine cronologico è… proprio quella italiana! Ebbene sì, nel 1967 finalmente (dopo ben due rifiuti di Mondadori) la piccola casa editrice Astrolabio riuscì a pubblicare la prima parte del Signore degli Anelli, La Compagnia dell’Anello, tradotta da Vittoria Alliata di Villafranca. Il progetto non riuscì ad essere completato dalla casa editrice di Mario Ubaldini, e passò a Rusconi, che ripubblicò il primo volume con una traduzione rivista da Quirino Principe, e pubblicò entro il 1970 l’intera trilogia. In seguito parleremo più a fondo di questa vicenda. Alla prossima!
-Rúmil