Eonwë, l’Araldo di Manwë

Aule Atemporali, Prima del Tempo – Dopo il Tempo

 

Spesso, quando si parla della schiera dei Maia, si tende a identificare tre nomi tra coloro che, palliatisi di carne e assunto un corpo apparentemente mortale, ebbero un ruolo decisivo nelle sorti della Terra di Mezzo e degli eventi che vi si svolsero sin dalla prima accensione della Luna.

 

E costoro sono Melian, che giunse nel Beleriand al tempo della lunga marcia degli Elfi, e nel bosco di Nan Elmoth incontró Elwë Singollo, perdendosi nella profondità degli occhi dell’altro proprio come lui nei suoi, e da allora governando al suo fianco la terra del Doriath, che prendeva il nome proprio dalla cortina di incantesimi e spaesamento che Melian pose ai suoi confini.

Il secondo è Mairon, Maia di Aulë, che cadde nelle tentazioni di Morgoth e da allora fu chiamato Sauron Gorthaur, nemico dei popoli liberi per più di due Ere della Terra di Mezzo.

E il terzo è Olòrin, che gli Elfi chiamarono Mithrandir e gli Uomini Gandalf, che fu il principale rivale di Sauron per gran parte della Terza Era, e poi durante la Guerra dell’Anello.

 

Ma al di fuori di questo novero, una figura si staglia come uno dei più importanti e dei più potenti Ainur, se escludiamo i soli Valar. Perché Eonwë, Araldo di Manwë, comandante dell’esercito dell’Ovest durante la Guerra d’Ira e custode dei Silmaril avulsi dalla corona di Morgoth, è probabilmente il più puro rappresentante di questa categoria.

 

Non è molto ciò che si conosce di Eonwë al di fuori di quanto documentato dagli Eldar e dagli Uomini che assistettero alla Guerra d’Ira. Ma si racconta che Eonwë fosse nei pensieri di Eru uno degli Ainur più giusti e possenti, seppure di grado inferiore rispetto ai Valar. E proprio per queste sue caratteristiche egli si avvicinò a Manwë sin dai primordi, e ne divenne alleato e portavoce.

E tale era la potenza di Eonwë, che si dice che egli fosse il più forte degli Ainur giunti su Arda nel combattimento, dopo il solo Melkor, e terzo dopo Tulkas quando anch’egli decise di scendere nel mondo per aiutare i fratelli nella lotta contro il Vala Rinnegato.

 

Forte e brillante era la voce di Eonwë, e sagge e ponderate le scelte del suo cuore, poiché in esso serbava il mandato che Ilúvatar aveva attribuito agli Ainur giunti in Eä.

 

Quando Eärendil raggiunse le coste di Aman, fu Eönwë che per primo lo accolse davanti alla città di Tirion e lo invitò a presentarsi dinanzi alle Potenze di Arda. E quando Manwë decise di prendere in considerazione la richiesta di aiuto di Eärendil, fu Eönwë a essere inviato nella Terra di Mezzo per guidare i Vanyar, i Noldor e i loro alleati contro Morgoth, in quella che venne poi denominata Guerra d’Ira.

 

Sotto il suo comando, l’esercito di Valinor distrusse completamente le armate del Nemico, ed Eärendil schiantò Ancalagon il Nero sulle montagne di Thangorodrim, costringendo i pochi superstiti alla fuga.

 

Fu Eonwë a recuperare i due Silmaril restanti dalla Corona di Morgoth, e li conservò fino a quando, pochi giorni dopo, Maedhros e Maglor si presentarono nottetempo al campo dell’esercito dell’Ovest e, uccise le guardie, sottrassero i Silmaril che ritenevano essere loro esclusiva eredità. Nonostante l’ennesimo fatto di sangue causato dal giuramento di Fëanor, Eonwë scelse di lasciar fuggire i due ladri, che avrebbero invero potuto essere facilmente uccisi dalle sue armate. E lo fece perché consapevole che i destini di Arda erano ormai legati a quei gioielli, e che l’esito dell’intera vicenda non era più nelle proprie mani.

 

Davanti a Eonwë si presentò anche colui che in gioventù egli aveva chiamato Mairon. E Sauron si umiliò al suo cospetto, sostenendo di essere stato sedotto e poi tradito da Morgoth, che si baloccava di lui, e dichiarandosi volenteroso di redimere le proprie colpe. E fu talmente convincente – e si dice che in cuor suo Sauron stesso non lo facesse per doppiezza, ma perché spaventato dalla potenza di coloro che aveva osato affrontare – che Eonwë a lungo riflettè sul suo destino. Ma egli non disponeva del potere di perdonare Sauron, né di quello di comminare pene e castighi. Così gli ordinò di tornare ad Aman e di fare professione di pentimento di fronte a Manwë stesso, che avrebbe deciso in base a ciò che Eru suggeriva al suo cuore.

Come sappiamo, benché tentato dal possibile perdono, Sauron non ebbe il coraggio di tornare a Valinor. E si nascose all’Est della Terra di Mezzo dove, desideroso com’era di esercitare il proprio potere e di trasformare ciò che aveva intorno a sé, ricadde nella malvagità.

 

Ma Eonwë non era solo un grande guerriero, ma anche un saggio insegnante. Fu infatti lui a recarsi di fronte alle tre schiere di Edain che avevano combattuto al fianco degli Eldar contro Morgoth, riconoscendo i loro meriti e glorificando i loro caduti nella gloriosa resistenza contro l’Oscuro Signore. E molte cose insegnò loro, cose sagge, possenti e benedette, che contribuirono alla loro crescita rendendo gli Edain, e poi i Numenoreani loro discendenti, pari quasi agli Eldar. In quell’occasione, su concessione di Eru, agli abitanti di Nùmenor fu donata una vita più lunga rispetto agli altri Uomini, e tanto più estesa quanto nobile era il lignaggio da cui discendevano, conquistato in lunghi anni di fatiche e onori. Mortali, essi rimanevano, ma la Morte veniva riaffermata come un Dono concesso da Ilùvatar dopo una vita lunga e piena, che essi avrebbero dovuto rimettere spontaneamente quando consapevoli che il loro tempo stava giungendo. E fu proprio questo dono, sempre più visto come un castigo e un ostacolo, che nell’epoca della decadenza di Nùmenor divenne la più forte motivaione della loro rivolta contro i Valar, che proprio Sauron sobillò al termine della Seconda Era.

 

Nulla si conosce della vita di Eonwë dopo la Seconda Era. Ma si narra di una leggenda, che parla di quando Morgoth tornerà dalla Porta della Notte dichiarando nuovamente guerra ai Valar e ai Figli di Ilùvatar.

E allora, si racconta, tre saranno i campioni che l’esercito di Valinor schiererà alla sua testa: Tulkas il combattente, che già un tempo sconfisse Morgoth in singolar tenzone; Tùrin Turambar, che a lungo aveva atteso in Mandos il tempo della vendetta per sé e per la propria stirpe; ed Eonwë l’Araldo di Manwë, che ancora una volta ne stringerà la Spada e guiderà le schiere dei Valar durante l’ultima battaglia, inflessibile esecutore delle volontà del Signore dei Venti e di Eru Ilùvatar al di sopra di lui.

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