Beleriand, ? A.A. – Gondolin, 400 P.E.
Tra gli Elfi, la storia di Eöl è tramandata con poco orgoglio e spesso viene citata come monito per mostrare come il rifiuto delle leggi dei Valar e dell’Eldalië non possa che condurre a tragiche conseguenze a maggior vantaggio per il Grande Nemico.
Non si conosce molto della progenitura e dei primi anni di vita di Eöl, almeno fino al ritorno dei Noldor nel Beleriand all’inizio della Prima Era del Mondo. Quando la sua figura entra nella storia della Terra di Mezzo, lo conosciamo come un abilissimo fabbro e un grande esperto di metallurgia, residente nei boschi di Nan Elmoth, sotto la protezione del suo lontano cugino Thingol del Doriath.
La sua esperienza con l’arte dei metalli gli valse una profonda amicizia con i nani di Belegost e Nogrod, e di lui si dice che fu uno dei pochi Elfi capaci di padroneggiare la lingua Khuzdul, provando maggior rispetto per i Naugrim che per il proprio stesso popolo.
Il cuore, tuttavia, lo condusse altrove. Pochi anni dopo la Fuga dei Noldor, Aredhel, sorella di Turgon (all’epoca Signore del Nevrast), fuggì dalla protezione del fratello e incontrò Eöl tra i boschi incontaminati del Doriath. E tale fu l’ammirazione che la Bianca Signora dei Noldor provò per l’Elfo, che lo scelse come proprio sposo senza il consenso dei propri familiari – come voleva la tradizione – e dal quale ebbe un figlio, Maeglin, che viene tristemente ricordato nelle saghe che raccontano della caduta di Gondolin.
Per lunghi anni vissero insieme a Nan Elmoth. Ma con il tempo la nostalgia della propria famiglia cominciava ad aduggiare il cuore di Aredhel, e il giovane Maeglin voleva vedere con i propri occhi le meraviglie del mondo che sua madre gli descriveva quando il padre non ascoltava. E fu così che anche Eöl, intuendo l’insoddisfazione dei suoi famigliari, si fece più sospettoso, dando disposizione ai propri servi di lasciare sempre meno libertà a moglie e figlio durante i suoi periodi di assenza, e gettando un incantesimo su di lei, legandola al figlio di un legame ch’era più forte e più oscuro dell’amore.
Ma venne un giorno, nell’anno 398 della Prima Era, in cui Eöl si trovava a far visita ai nani di Belegost, che Aredhel e Maeglin misero in pratica il proprio piano di fuga. E adducendo come scusa la volontà di visitare i propri cugini, i figli di Fëanor che risiedevano a nord est di Nan Elmoth, presero la strada di Gondolin.
Tornato anzitempo e scoprendo la loro fuga, Eöl si recò nel Thargelion, dove fu catturato dalle guardie di Curufin, il quale gli si rivolse con parole sprezzanti, accusandolo di aver preso in moglie la discendente di una grande famiglia dei Noldor senza la benedizione dei suoi parenti, lui che apparteneva a una cenciosa casata di abitatori dei boschi. Proprio Curufin si rivolse a Eöl chiamandolo Moredhel (‘Elfo Scuro’), un nome con cui sarà ricordato nelle tristi storie che lo riguardano. Nonostante il disprezzo, lo lasciò andare, non senza prima avergli detto che la sua cerca, condotta contro il volere di coloro che inseguiva, lo avrebbe condotto in una via senza ritorno.
Eöl, intuendo che Aredhel e Maeglin non potevano che essere diretti alla corte di re Turgon, si mise sulle loro tracce, percorrendo verso ovest tutto il confine settentrionale del Doriath.
E lungo questa strada, inoltratosi tra i monti cerchianti, per qualche gioco del Fato giunse ai cancelli di Gondolin.
Qui fu catturato dalle guardie del re e tradotto al cospetto di Turgon, che nel frattempo aveva accolto nuovamente sua sorella, e fatto sede suo nipote al suo fianco come un grande tra i Noldor.
E ciò Eöl non poteva sopportarlo, esacerbato com’era dal tradimento subito e ancora capace di accusare Turgon del massacro di Alqualondë in cui molti suoi lontani parenti morirono.
Solo la dolcezza di Aredhel e di Idril Celebrindal, figlia del Re, gli valsero la grazia. Ma restio ad accettare il perdono dagli odiati Noldor, diede di piglio a un giavellotto avvelenato e lo scagliò contro Maeglin. Ma Aredhel si frappose – forse proprio a causa dell’incantesimo di cui era stata vittima – e fu lei a venir colpita, morendo poco dopo.
Tale fu il dolore provato da Turgon, che più nulla valse. Eöl fu trascinato all’alto Caragdûr ed ivi, mentre ancora malediva il figlio, gettato sulle rocce sottostanti. Così morì, nell’anno 400 della Prima Era del Mondo.
E com’era destino che fosse, le sue parole istillarono un’ombra sulla felicità di Gondolin, di cui Maeglin si renderà un giorno protagonista, tramutando il proprio amore per Idril in desiderio di vendetta verso Turgon e Tuor che la prese in moglie.
Una nota aggiuntiva merita l’abilità di Eöl come fabbro. Tale era infatti la sua bravura nell’arte dei metalli da essere in grado di lavorare anche le dure pietre cadute dal cielo. Fu proprio da uno di questi meteoriti che Eöl produsse il Galvorn, un metallo duro come l’acciaio ma malleabile come il ferro, con il quale fabbricò due armi poi divenute celebri tra Elfi e Uomini.
La prima fu la spada spada Anguirel (la “Spada dell’eterna stella”), che fu brandita da se stesso e da suo figlio Maeglin, e che andò perduta nella caduta di Gondolin. La seconda fu Anglachel (il “Ferro Fiammeggiante”), la spada di cui fece dono a Thingol del Doriath e che questi donò a Beleg Cúthalion, il suo più possente guerriero.
Fu questa spada che, quando Beleg fu involontariamente ucciso dal proprio amico Túrin, venne riforgiata nella lama da lì in avanti conosciuta come Gurthang, “Ferro di Morte” con la quale Turambar uccise Glaurung per poi suicidarsi su di essa, spezzandola con il proprio peso.