Elendil l’Alto, Re di Gondor e Arnor

Nùmenor, S.E. 3.119 –  Dagorlad, S.E. 3.441

 

La storia di Elendil l’alto, figlio di Amandil di Andùnië, è una delle poche tradizioni degli Uomini a non parlare di una caduta – per crudeltà o tracotanza – quanto di un’elevazione data dalla fede e dal coraggio.

E la sua vicenda si sia svolta durante la più rovinosa delle catastrofi che hanno colpito gli Uomini di Arda, vieppiù la rende significativa, perché non vi è nulla di più difficile dell’agire secondo coscienza e diritto quando tutto, intorno a te, si muove altrimenti.

Elendil nacque da Amandil come erede della stirpe dei Signori di Andùnië, prima tra le famiglie Nùmenoreane a rimanere fedele ai Valar e a conservare la propria amicizia con gli Eldar anche quando l’ombra cominciò a diffondersi in Nùmenor. E questa fedeltà diede alla loro Casa doni che altre non ottennero, preda com’erano della propria superbia: essi mantennero infatti il vigore degli Edain dei tempi antichi, tanto che Elendil stesso – a seconda delle cronache – era alto tra 2 metri e 11 e 2 metri e 43. Il secondo dono era la conservazione della lunga vita dei propri antenati.

Mentre intorno a loro tutto il popolo di Nùmenor, e la casa regnante di Elros, vedeva la durata della propria vita assottigliarsi sempre di più. Trascorse la propria gioventù tra Andùnië e Armenelos, dove il padre sedeva nel Consiglio del Re in virtù della sua amicizia d’infanzia con Pharazôn, pur non condividendone i sentimenti di grandezza e la volontà di dominio che già allora lo caratterizzavano, ma che lo rendevano carismatico nei confronti di nobili e soldati.

Nonostante le differenti vedute, sia Amandil che Elendil rimasero membri del Consiglio del Re per lungo tempo, anche dopo che Pharazôn ebbe usurpato il trono e si dichiarò Re di Nùmenor. È dunque probabile, seppure non sia testimoniato, che abbiano preso parte alla guerra contro Sauron nel 3261 della Seconda Era, al termine della quale Sauron si umiliò, fu preso prigioniero e riportato su Elenna dove, nei decenni successivi, fece uso delle proprie arti per sobillare il Re e spingerlo sul sentiero della rovina propria e di tutta Nùmenor.

Fu in questo periodo che la Casa dei Signori di Andùnië prese sempre più le distanze dall’empia deriva che il Re e i suoi Uomini avevano assunto verso i Fedeli, e per lunghi anni Amandil e suo figlio cercarono, per quanto possibile, di alleviare le persecuzioni aiutando chi ancora rispettava i Valar e gli Eldar a trasferirsi nella Terra di Mezzo, dove sorsero diversi principati che, seppur ufficialmente sottoposti al dominio del Re, coltivavano ancora le antiche tradizioni.

Fu quando ormai divenne evidente che il Re era scivolato definitivamente sul sentiero della follia, autorizzando perfino sacrifici umani ai danni dei Fedeli (e, come si racconta, in nome di Morgoth Bauglir), che Amandil ed Elendil cominciarono a temere che il destino di Nùmenor si stesse avvicinando. È in questo periodo che, come estremo sacrilegio, Pharazôn diede ordine di abbattere l’Albero Bianco che cresceva nel giardino del Re. E solo l’audacia di Isildur figlio di Elendil, che penetrò da solo nel Castello e sottrasse al prezzo di molte ferite un pollone di Nimloth, permise alla stirpe degli Alberi – che risaliva a Telperion di Valinor – di sopravvivere, piantandolo nel cortile del palazzo di Ròmenna, dove i Signori di Andùnië furono costretti a vivere. Pharazôn temeva infatti che, risiedendo nella propria casa all’Ovest, potessero ricevere contatti dagli Eldar di Eressëa di là dal mare.

 

Dal Grande Mare sono giunto, di Turner Mohan

Intanto, nella mente del Re sobillato da Sauron cominciò a farsi strada l’idea di conquistare l’immortalità con la forza, invadendo in armi perfino il Regno Beato di Valinor e contendendo ai Valar il dominio su Arda stessa. Quando Amandil comprese il piani del cugino Ar-Pharazôn di attaccare Valinor, capì che la sorte di Númenor era segnata e, in segreto, cominciò a costruire una flotta che in caso di emergenza trasportasse la sua gente nella Terra di Mezzo per salvarla dalla collera di Eru.

Ma memore di quanto fatto dal proprio antenato Eärendil, volle mostrare ai Valar che non tutti gli Uomini si erano dannati, implorando il perdono per coloro che rimasero fedeli. E così nel 3319 SE, presa una nave, navigò alla volta di Valinor per impetrare il perdono dei Valar, lasciando al figlio Elendil il comando della flotta.

Le suppliche di Amandil non fecero cambiare idea ai Valar, che tuttavia acconsentirono affinché la gente di Amandil rimasta fedele ad Eru si salvasse obbligando però quest’ultimo a rimanere per sempre a Valinor assieme al suo equipaggio.

E fu così che, mentre le flotte di Pharazôn scorgevano ormai le sponde di Eressëa all’orizzonte, e di là di esse l’alta catena dei monti Pelòri che circondavano Valinor, Ulmo in persona apparve in sogno ad Elendil, esortandolo a prendere il mare con la propria gente, poiché il Fato di Elenna era ormai prossimo. Con il cuore esulcerato, Elendil obbedì e preparò nove navi: quattro sotto il proprio comando, tre sotto quello del figlio maggior Isildur, e due sotto Anàrion.

Nonostante la tempesta scatenata dalla rovina di Nùmenor, le loro navi giunsero alla Terra di Mezzo, per quanto separate: Elendil sbarcò a Nord, vicino al Lindon, dove conobbe e divenne amico dell’Alto Re dei Noldor Gil-Galad, che ancora reggeva quelle Terre. I suoi figli furono invece spinti molto più a sud, nella Baia di Belfalas, dove presero contatto con i molti Fedeli che vivevano a Pelargir, e che li accolsero con gioia.

Due Regni essi fondarono: il Regno di Arnor, a Nord, con capitale Annùminas, e il Regno di Gondor a Sud, governato da Isildur e Anàrion dal doppio trono della città di Osgiliath. Ma Elendil divenne l’Alto Re di tutti i Dùnedain – come da allora furono chiamati gli Esuli di Nùmenor – pur risiedendo per lo più al Nord, vicino al Regno di Gil-Galad.

Celebri rimasero le parole di Elendil al suo sbarco sulla Terra di Mezzo.

 

Et Eärello Endorenna utúlien.

Sinome maruvan ar Hildinyar tenn’ Ambar-metta”

 

“Dal Grande Mare giungo nella Terra di Mezzo.

Questa sarà la dimora mia e dei miei eredi, fino alla fine del mondo”

 

Parole che, diversi millenni dopo, furono riprese dal suo discendente Aragorn Elessar al tempo della propria incoronazione in Minas Tirith.

L’unico risvolto positivo della tragedia di Nùmenor, si diceva Elendil, era stata la Morte di Sauron. Ma così non era, e pur privo del proprio corpo, sull’onda di neri venti il Nemico era tornato nella Terra di Mezzo, riprendendo possesso della propria terra di Mordor. Ed era consapevole che gli Esuli di Nùmenor dovessero essere schiacciati il prima possibile, per evitare che, con il tempo, crescessero in potenza sulle sponde della Terra di Mezzo.

 

Sauron contro Elendil e Gil-Galad sull’Orodruin, di Kip Rasmussen

Nel 3429 SE, sentendosi abbastanza forte, scatenò i propri eserci attaccando Minas Ithil e obbligando Isildur a ritirarsi a nord per cercare l’aiuto del padre, mentre il fratello Anárion guidava la resistenza a Gondor.

Nel 3434 SE Elendil e isildur scesero a sud con le proprie armate, assieme all’esercito del Re Supremo dei Noldor della Terra di Mezzo Gil-galad e ad alcuni battaglioni di Nani di Moria, in quella che venne ricordata come l’Ultima Alleanza tra Uomini ed Elfi, guidati dall’Alto Re e da Elrond Mezzelfo. Ed essi posero sotto assedio la Terra Nera, accampagnadosi in vista di Barad-dûr.

Sette anni durò l’assedio, durante il quale Anàrion morì colpito da un proiettile proveniente dalla Terra Nera, e molte imprese furono compiute da Elfi, Uomini e Nani. Infine, nel 3441, Sauron stesso deciso di scendere in battaglia, vedendo il proprio esercito ormai quasi sconfitto. E tale era la forza di Sauron con al dito l’Anello del Potere, che nessuno sembrava in grado di combatterlo.

Elendil e Gil-Galad si fecero avanti, la spada Narsil e la lancia Aiglos in pugno. E a lungo duellarono con Sauron sulle pendici del Monte Fato, infliggendogli molte ferite. Tanto che in più di un’occasione parve potessero sconfiggerlo.

Ma il Maia rinnegato prevalse: e lì, al centro della Terra Nera, insieme all’amico Gil-Galad, morì Elendil l’alto, e la sua spada Narsil si frantumò sotto il suo corpo. Ma Isildur suo figlio raccolse il moncone della spada e con un ultimo colpo tagliò dalla mano di Sauron il dito che reggeva l’anello. Privato del proprio artefatto, Sauron non fu più in grado di mantenere forma corporea e si dissolse, apparentemente sconfitto.

Dopo la battaglia Isildur recuperò il corpo del padre che venne riportato a Gondor con tutti gli onori e pianto da tutti. Dopo la sua morte fu oggetto di grande venerazione, tanto che sia in Arnor che a Gondor veniva considerato il più grande Sovrano del passato e anche gli altri uomini dell’Ovest riverivano il suo nome. Al fine di preservarla dai servi del Nemico, la tomba di Elendil venne edificata in un luogo segreto, che fu poi individuato sul colle di Amon Anwar, che i Rohirrim avrebbero poi chiamato Halifirien. E tale luogo rimase il più sacro di tutta la Terra di Mezzo, tanto da essere scelto, molti anni dopo, dal Sovrintendente Cirion per il proprio Giuramento di amicizia con il popolo dei Éothed che, giunto da Nord, aveva salvato Gondor nella battaglia sul campo di Celebrant.

In virtù del passaggio di questa terra sotto il controllo di Rohan, Cirion fece anche traslare le spoglie di Elendil a Minas Tirith, dove da allora il più Grande dei Re degli Uomini riposa nelle Sale Silenti.

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