Minas Tirith, T.E. 1.928 – Scomparso a Minas Morgul, T.E. 2.050

 

La storia dell’ultimo Re di Gondor è la storia di un eterno ritorno: quello degli Uomini Mortali, i quali sempre commetteranno i medesimi errori quando si lasciano muovere da superbia e arroganza, e sempre verranno trascinati nella medesima rovina.

E sullo sfondo emerge un tema ricorrente nelle cronache degli antichi tempi, quello della ripetuta caduta dei Secondi nati che, a causa della debolezza del proprio spirito, sempre più facilmente si lascia irretire dalle cose terrene.

Perché se è vero che l’orgoglio di Eärnur non può essere paragonato a quello di alcuni antenati – che tanta sofferenza hanno portato agli Uomini – è pur vero che a causa delle sue decisioni il Regno di Gondor si trovò privo della propria guida, con una discendenza d’altissimo sangue Nùmenoreano spezzata e con il comando passato in mano a Uomini nobili, ma di più basso lignaggio.

Eärnur era il figlio di Eärnil, generale dell’esercito meridionale di Gondor della linea di Narmacil. Ma quando nacque, non aveva praticamente nessuna speranza di seguire il percorso che lo avrebbe poi condotto sul trono di Osgiliath. Come molti figli dei casati cadetti, fu avviato dal padre alla carriera militare ch’egli stesso aveva seguito.

Il suo destino cambiò quando, nell’anno 1940 della Terza Era, i Carrieri provenienti dall’Est ripresero la propria guerra contro Gondor, stavolta rafforzati dagli eserciti dell’Harad e del Khand, che pose il Regno Meridionale sotto scacco da Nord e da Sud.

Re Ondoher ed entrambi i suoi figli caddero durante la battaglia del Morannon, lasciando il Regno senza una guida. E fu in quel momento che il destino di Eärnur cambio per sempre.

Suo padre Eärnil fu infatti scelto come successore di Ondoher nonostante Arvedui di Arthedain, marito della figlia primogenita del defunto Re e diretto discendente di Isildur, avesse reclamato il trono.

Ma Pelendur, Sovrintendente di Ondoher, si pronunciò contro a questa richiesta, perché il lignaggio dei Signori di Gondor appariva ai suo occhi molto più nobile di quello dei lontani parenti del Nord. Così Eärnil divenne Re di Gondor, e Eärnur si ritrovò erede.

Era egli un uomo coraggioso e forte come il padre, ma non altrettanto saggio, orgoglioso e portato all’ira com’era.

In qualità di erede al Trono, fu lui a guidare gli eserciti del Sud al soccorso di Arthedain nella guerra contro Angmar. Qui si unì alle truppe di Glorfindel, ma non giunse in tempo per evitare la disfatta dell’esercito del Nord e la morte di Arvedui.

Ma tale era la sua maestria nelle armi e la sua collera nella battaglia, che le schiere del Re Stregone furono ricacciate sempre più a Nord, fino all’antica capitale di Fornost, dove una grande battaglia si consumò.

Vedendo le sue schiere in difficoltà, il Re Stregone stesso si unì al combattimento, ricoprendo le terre di Arthedain con un nero velo di terrore, davanti al quale gli uomini si fermavano e i cavalli fuggivano.

Ma egli si diresse verso Eärnur, e lo sfidò a duello caricandolo frontalmente. Il cavallo dell’Erede di Gondor non resse alla paura e si mise in fuga, e ci volle qualche tempo prima che potesse governare nuovamente la propria cavalcatura. E la risata del Re Stregone accompagnò quella che sembrava una ritirata.

In quel momento anche le truppe di Gran Burrone, guidate da Glorfindel, entrarono nella battaglia, e l’esercito di Angmar fu messo completamente in rotta. Ormai alle strette, il Re Stregone stesso fuggì a Nord, verso gli Erenbrulli. Eärnur avrebbe voluto inseguirlo, ma fu fermato dalle parole di Glorfindel: “Non inseguirlo! Non ritornerà alle sue terre nel Nord. Molto lontano è il suo destino, ed egli non morirà per mano di un uomo”.

Parole profetiche che trovarono compimento molti secoli dopo, molto più a Sud dei campi di Arthedain. Eppure, quanto avvenuto piantò un nero seme di risentimento nel cuore di Eärnur, che non impiegò molto tempo a mettere radici.

Come detto da Glorfindel, il Re Stregone non tornò ad Angmar ma si diresse a Sud, ricongiungendosi con gli altri Nazgûl a Mordor, da cui, nell’anno 2000 della Terza Era, fuoriuscirono per mettere sotto assedio la già largamente spopolata città di Minas Ithil, che presero in poco tempo. Da allora divenne un luogo di dolore e malefici, e venne chiamata dagli uomini Minas Morgul.

Eärnur e Mardil, di Oznerol

43 anni dopo morì suo padre e Eärnur fu nominato Re di Gondor. In occasione della sua incoronazione, un messaggio giunse dal Re Stregone a sfidarlo in singolar tenzone. Furono solo le parole di Mardil, il suo Sovrintendente, a trattenerlo dall’accettare la sfida.

Sette anni trascorsero, e il Nazgûl rinnovò la propria sfida. E stavolta nulla potè trattenere il Re, la cui tracotanza era cresciuta negli anni, e a cui ancora bruciava il ricordo del loro scontro di molti anni prima.

Prima di lasciare la città con pochi compagni, Eärnur depose la corona dei Re sulla tomba di suo padre nelle Case dei Morti di Minas Tirith. E lì rimase a lungo, perché il Re giunse a Minas Morgul, entrò dai suoi cancelli, e non fu mai più rivisto da Uomo vivente.

Il suo fato, per quanto fosse prevedibile, non fu mai scoperto. Eärnur non aveva eredi diretti, e così il Consiglio di Gondor decise di non nominare un nuovo sovrano come avvenuto con suo padre, dal momento che nessuno poteva vantare una pretesa altrettanto valida, e che ancora era forte nella memoria di Gondor il disastro della Lotta delle Stirpi.

Fu così che i Sovrintendenti della casa di Mardil mantennero da lì in poi il potere effettivo a Gondor “in attesa del Ritorno del Re”. E la corona del Re rimase nelle Sale Silenti per più di mille anni, quando fu raccolta da Faramir, Sovrintendente di Gondor, e utilizzata per l’incoronazione di Re Elessar, Sovrano del Regno Riunito di Arnor e Gondor, con cui ebbe inizio la Quarta Era.

 

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