DA A SECRET VICE (1931) – [3]

[…] mi sono dedicato a un argomento bizzarro come questo perché mi è parso d’intuirvi l’urgenza di varie questioni interessanti non solo per gli studiosi delle lingue, ma anche per chi vuole puntare l’attenzione sulla mitologia, la poesia o l’arte. Come primo spunto, mi permetterei di azzardare l’idea che per la costruzione di una lingua artistica veramente perfetta sia necessario elaborare, quantomeno a grandi linee, una mitologia a essa concomitante. Non solo perché certi frammenti poetici finiranno inevitabilmente per far parte della sua struttura, più o meno completa che sia, ma anche perché creazione della lingua e creazione della mitologia sono funzioni correlate * [* Coeve e congenite, non correlate come lo sono malattia e morte, e neppure l’una come sottoprodotto dell’altra in quanto costruzione principale.]; per conferire un determinato gusto estetico alla lingua creata dall’individuo è necessario che in quella lingua siano presenti le tracce di una mitologia individuale, individuale per quanto funzionante all’interno dello schema della naturale mitopoiesi umana, nello stesso modo in cui la forma-vocabolo costruita può rimanere individuale per quanto funzionante nei limiti risaputi della fonetica umana, o anche solo europea. Addirittura, è vera la proposizione inversa: la costruzione di un linguaggio genererà di per sé una mitologia.

Se mi limito a dare unicamente un vago accenno di queste considerazioni, ciò è dovuto sia alla mia imperfetta padronanza del problema, sia al mio intento di stimolare una discussione.

Per rivolgere ora l’attenzione a un altro aspetto della costruzione delle lingue: personalmente il mio interesse principale è per la forma-vocabolo in sé, oltre che in rapporto al significato (la cosiddetta adeguatezza fonetica). In particolare, m’interessa enormemente il tentativo di districare – se possibile – negli elementi costitutivi di questa mia predilezione (1) il personale dal (2) tradizionale. Non c’è dubbio che i due siano fortemente intrecciati, con il personale connesso al tradizionale presente nella vita probabilmente per ragioni di ereditarietà (sebbene non sia mai stato dimostrato), oltre che per le pressioni immediate e quotidiane del tradizionale sul personale fin dalla prima infanzia. Inoltre, il personale è ulteriormente suddivisibile in (a) ciò che è caratteristico di un individuo, anche dopo che si è presa in considerazione la forte influenza della sua lingua madre e delle altre apprese più o meno in dettaglio; e (b) ciò che è comune a tutti gli esseri umani o a gruppi più o meno numerosi di esseri umani, sia in forma latente per ogni individuo sia in forma espressa e operante nella sua lingua madre o in qualsiasi altra. Ciò che è veramente unico raggiunge lo stadio espressivo assai di rado, a meno che all’individuo non si conceda una possibilità pur minima di apertura all’esterno grazie alla pratica di quest’arte bizzarra su cui stiamo ragionando, forse anche al di là della predilezione per certe parole o ritmi o suoni nella lingua madre, o la naturale preferenza per lo studio di una lingua piuttosto che un’altra. Questo carattere linguistico individuale delle persone probabilmente spiega, anche solo in parte, realtà della vita ben note come quelle di cui abbiamo parlato, compresi senza dubbio innumerevoli trucchi stilistici o altri fattori di individualità riscontrabili, per esempio, nell’arte poetica.

Ovviamente questo passatempo presenta altri e numerosi motivi d’interesse. Abbiamo l’aspetto filologico (necessario alla completezza dell’insieme, anche se può essere sviluppato unicamente di per se stesso): si potrebbe, per esempio, elaborare un retroterra pseudostorico e dedurre la forma linguistica che si è deciso di usare sulla base di una forma antecedente e diversa (elaborata a grandi linee); oppure si possono postulare varie linee di sviluppo linguistico e in base a queste decidere quale forma andrà a generarsi. Nel primo caso scopriamo quali tendenze evolutive finiscono per generare un dato carattere; nel secondo scopriamo il carattere generato da determinate tendenze evolutive. Entrambi i casi sono assai interessanti, ed esplorarli conferisce precisione e sicurezza molto maggiori nella costruzione e anzi nella capacità tecnica di produrre un effetto desiderato in quanto tale.

Abbiamo gli aspetti logico e grammaticale, campi d’indagine più squisitamente intellettuali: si potrebbe (magari senza preoccuparsi in dettaglio, o addirittura per nulla, della struttura fonetica e della coerenza delle forme-vocabolo) valutare categorie e rapporti fra parole, e gli svariati modi eleganti, efficaci o ingegnosi per esprimerle. In questo caso diviene spesso possibile escogitare meccanismi nuovi, originali, perfino ammirevoli o efficienti; sebbene sia indubbio che, per il semplice fatto che esperimenti del genere siano già stati eseguiti da altri, antenati e parenti, per tanto tempo e in così vasta misura, sarà ben difficile portare alla luce qualcosa che per natura o per caso non sia già stato scoperto o escogitato prima; ma di questo non è il caso preoccuparsi. Nella grande maggioranza dei casi non ve ne accorgerete neppure, e comunque sia vorrà dire che avrete ripetuto la stessa esperienza creativa degli innumerevoli geni sconosciuti cui si deve l’origine degli ingegnosi meccanismi sulla base dei quali opera la lingua tradizionale a uso (e più spesso ad abuso o fraintendimento) dei consimili meno dotati, ma con maggiore consapevolezza e intenzionalità, e dunque più intensamente.

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Testo manoscritto in elfico su pergamena, Dozza 2018, foto di Luca Lorenzelli

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-Rúmil

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