LINGUE TOLKIENIANE / Stagione 2, Ep. 4A - Corpus Q(u)enya: Oilima Markirya

Cari amici, ben ritrovati alla rubrica sulle Lingue Tolkieniane.

Come annunciato nello scorso appuntamento, approfittiamo della disamina affrontata su A Secret Vice e sugli esempi portati da Tolkien di composizioni poetiche in lingue elfiche per proporre qualche brano di corpus in lingua (in questo caso) Qenya, accennando una comparazione con reinterpretazioni del medesimo brano in Quenya maturo. Sto ovviamente parlando del poema Markirya, che è attestato in molteplici e varie versioni. Le differenze tra queste stesure, composte in un largo arco di tempo, consentono di apprezzare l’evoluzione del Q(u)enya attraverso gli anni, e danno anche conto dell’incredibile lavoro di fino che Tolkien dedicava a ciascuna sua composizione, specialmente se accompagnata da un’attività di creazione strettamente linguistica come in questo caso.

Abbiamo offerto la scorsa volta uno specchietto sulle varie versioni (dodici!) di questa poesia. Oggi mi limito a presentare qui alcune delle versioni più esemplificative, le più diverse possibile tra loro, per mostrare l’evoluzione poetica-letteraria che questo brano ha attraversato, man mano che Tolkien aggiungeva strofe, spostava o modificava elementi, alterava la struttura metrica o l’ortografia, metteva a punto elementi fonetici o grammaticali.

Un’analisi completa di tutte queste stesure è offerta, come accennavo la scorsa volta, in Parma Eldalamberon XVI, ed. by Gilson et al. Mentre, per un’altra “selezione ragionata” tra queste versioni, rimando al capitolo dedicato a Oilima Markirya all’interno delle Collected Poems, edito da Wayne G. Hammond e Christina Scull.

Laddove Tolkien stesso ha fornito le traduzioni in inglese di queste versioni della poesia le riporterò; per le altre bozze mi cimenterò in una traduzione italiana mia, seguendo le indicazioni e le note editoriali in Parma Eldalamberon.

OM1a – il distico originario [Early Elvish Poetry, Parma Eldalamberon XVI] – (traduzione mia)


kildo kirya ninqe lutilya lúne veasse
ar tanda kiryaiko lunte kiryinqen tinweninqen.

(Egli) vede una bianca nave che ha solcato il mare blu
                                        [lett. che ha fluttuato sul mare blu]
e con quella nave galleggiava una vela bianca come stelle.
                                    [oppure: una bianca stella che veleggiava.]

OM1 – “prima versione” [Appendice di A Secret Vice]

Oilima Markirya

Kildo kirya ninqe
pinilya wilwarindon
veasse lúnelinqe
talainen tinwelindon.

Vean falastanéro
lótefalmarínen,
kirya kalliére
kulukalmalínen.

Súru laustanéro
taurelasselindon;
ondolin ninqanéron
Silmeráno tindon.

Kaivo i sapsanta
Rána númetar,
mandulómi anta
móri Ambalar;
telumen tollanta
naiko lunganar.

Kaire laiqa’ondoisen
kirya; karnevaite
úri kilde hísen
níe nienaite,
ailissen oilimaisen
ala fuin oilimaite,
alkarissen oilimain;
ala fuin oilimaite
ailinisse alkarain.

The Last Ark

A white ship one saw,
small like a butterfly,
upon the blue streams of the sea
with wings like stars.

The sea was loud with surf,
with waves crowned with flowers.
The ship shone
with golden lights.

The wind rushed with noise
like leaves of forests,
the rocks lay white
shining in the silver moon.

As a corpse into the grave
the moon went down in the West;
the East raised black
shadows out of Hell.
The vault of heaven sagged upon
the tops of the hills.

The white ship lay upon the rocks;
amid red skies
the Sun with wet eyes
dropped tears of mist,
upon the last beaches
after the last night
in the last rays of light
– after the last night
upon the shining shore.

OM1c – versione intermedia [Early Elvish Poetry, Parma Eldalamberon XVI] – (traduzione mia)

lutsilya lúne veasse
kildo kirya ninqe
ar tanda kiryaiko lūte
kirilde tinwelinqe


vean falastanēre
lotefalmarínen;
kiryan kalliére
kulukalmalínen


surussin lurdon lausto
falma fundunár
ondoisen andalissen
kiryan kantalár.


lutsilya móre veasse
kildo kirya noiko
ar tanda kirya lūte
kirilde múna koito.

fluttuante sul mare blu
una bianca nave egli vede
e con quella nave fluttuava
navigando (verso le stelle) (allativo poetico?)


il mare impennava
con creste di spuma come fiori;*
la nave rifulgeva
di luci dorate


gli spiriti del vento soffiano** con fragore
l’onda tuona
sulle lunghe rocce
la nave vibra come una corda d’arpa.


fluttuante sul mare notturno
una mutilata nave egli vede
e quella nave fluttuava
navigando priva di vita.

NOTE sulla traduzione:

* Il significato di *lotefalmari è pressappoco quello di un’immagine poetica di “onde-fiori, onde che si rifrangono come dei fiori in boccio”.

** La parola *lurdon dovrebbe essere un aoristo, 3a persona maschile plurale, di un verbo lur-, derivato dalla radice luvu e dal significato probabilmente correlato a lūre “tempo cupo” e lūrea “coperto, nuvoloso”, e dunque potrebbe significare qualcosa come “esserci tempo coperto, cielo plumbeo”, suggerendo che il vento suscitato dai surussi sia accompagnato da un cielo rannuvolato e che minaccia burrasca.

OM1e – versione “finnicizzata” [ibidem] – (traduzione mia)

kildo kirja ninkve
lutsilja vilvarindon
veässe luunelinkve
äläinen tinvelindon


veän fälästäneere
lootefalmariinen
kirja kallieere
kulukalmaliinen


suuru laustaneero
taurelässelindon
öndöin moorin ninkve
no silmeraana tindon


käyvon i säpsäntä
raana nuumetaar
Manduloomi äntä
moore n’ Ambustaar
Tellumen töllänta
näikö lunganar

käire laikv’ öndöisen
kirja karnevaite,
uuri kilde hiisen
ter nie nienaite
äilisse oilimasse
älä fuuin oilimaite
äilinisse oilimasse
älä fuuin oilimaite
älä fuuin oilimaite
oilimisse alkarasse
alkarisse panyarasse.

una bianca nave egli vede
fluttuante come una farfalla
nel mare blu-fluente
su ali come stelle


il mare impennava
con creste di spuma come fiori;
la nave rifulgeva
di luci dorate


la burrasca ruggiva
come le foglie di una foresta
le scure rocce (erano) bianche
scintillavano sotto il bagliore lunare


come un cadavere nella tomba
la luna cala a Occidente
porta nubi degli Inferi
l’oscurità a Oriente
il Firmamento sulle cimase
grava afflitto

giace sulle verdi rocce
la nave in mezzo ai cieli rossi
il sole offuscato scrutò
attraverso una lacrima piangente
sull’ultima spiaggia
prima dell’ultima notte
sugli ultimi laghi
prima dell’ultima notte
prima dell’ultima notte
nell’ultima luce del giorno
nella luce del giorno che svanisce.

NOTA sull’ortografia “finnicizzata“ del Qenya:

Questa ortografia molto particolare (q > kv; w > v; y > j; le vocali a – o – u > ä – ö – y secondo il principio dell’armonia vocalica del finlandese; le vocali lunghe segnalate dal raddoppiamento anziché dall’accento acuto o dal macron) avvicina molto il testo ad un’estetica finnica, appunto. Tanto che pare di leggere un testo Qenya con “accento finnico”, come puntualizzano i curatori di Parma Eldalamberon.

OM2 – versione Qenya definitiva [inclusa in A Secret Vice]

Man kiluva kirya ninqe
oilima ailinello lúte,
níve qímari ringa ambar
ve maiwin qaine?

Man tiruva kirya ninqe
valkane wilwarindon
lúnelinqe vear
tinwelindon talalínen,
vea falastane,
falma pustane,
rámali tíne,
kalma histane?

Man tenuva súru laustane
taurelasselindon,
ondoli losse karkane
silda-ránar,
minga-ránar,
lanta-ránar,
ve kaivo-kalma;
húro ulmula,
mandu túma?

Man kiluva lómi sangane,
telume lungane
tollalinta ruste,
vea qalume,
mandu yáme,
aira móre ala tinwi
lante no lanta-mindon?

Man tiruva rusta kirya
laiqa ondolissen
nu karne vaiya,
úri nienaite híse
píke assari silde
óresse oilima?

Hui oilima man kiluva,
hui oilimaite?

Who shall see a white ship
leave the last shore,
the pale phantoms in her cold bosom
like gulls wailing?Who shall heed a white ship,
vague as a butterfly,
in the flowing sea
on wings like stars,
the sea surging,
the foam blowing,
the wings shining,
the light fading?

Who shall hear the wind roaring
like leaves of forests;
the white rocks snarling
in the moon gleaming,
in the moon waning,
in the moon falling
a corpse-candle;
the storm mumbling,
the abyss moving?

Who shall see the clouds gather,
the heavens bending
upon crumbling hills,
the sea heaving,
the abyss yawning,
the old darkness beyond the stars
falling upon fallen towers?

Who shall heed a broken ship
on the green rocks
under red skies,
a bleared sun blinking
on bones gleaming
in the last morning?

Who shall see the last evening,
[the ultimate evening]?

 

OM3 – versione tarda (Quenya), composta nei primi anni ’60 [in appendice a A Secret Vice] – la traduzione è molto simile alla precedente, tranne per green rocks e red skies, che vanno qui sostituiti da dark rocks e ruined skies.

Men [sic! Leggi Man] kenuva fáne kirya
métima hrestallo kíra,
i fairi néke
ringa súmaryasse
ve maiwi yaimië?

Man tiruva fána kirya,
wilwarin wilwa,
ëar-kelumessen
rámainen elvië,
ëar falastala,
winga hlápula
rámar sisílala,
kále fifírula?

Man hlaruva rávëa súre
ve tauri lillassië,
ninqui karkar yarra
isilme ilkalasse,
isilme píkalasse,
isilme lantalasse
ve loikolíkuma;
raumo nurrula [> nurrua],
undume rúmala [> rúma]?

Man kenuva lumbor na-hosta [> ahosta]
Menel na-kúna [> akúna]
ruxal’ ambonnar,
ëar amortala,
undume hákala,
enwina lúme
elenillor pella
talta-taltala
atalantië [> atalantëa] mindoninnar [> mindonnar]?

Man tiruva rákina kirya
ondolisse morne
nu fanyare rúkina,
anar púrëa tihta
axor ilkalannar
métim’ auresse?

Man kenuva métim’ andúne?

The Shores of Valinor by Ted Nasmith

Al termine di questa carrellata spero di essere riuscito a comunicare la grande trasformazione che il Qenya ha attraversato nel corso degli anni, attraverso questo raffronto testuale tra fasi diverse del medesimo poema, benché questo andasse evolvendosi anche dal punto di vista poetico e contenutistico.

Questa comparazione potrà sembrare una digressione oziosa, dato che non riguarda il Quenya “definitivo”, ma una fase ancora magmatica, di studio ed elaborazione costante, ma ci fornisce una gran quantità di informazioni sul modo di procedere di Tolkien e ci regala uno sguardo all’interno del suo “laboratorio” linguistico, facendoci intuire alcuni processi mentali che ha attraversato nel passaggio da una fase concettuale alla successiva, passando attraverso le traduzioni in inglese (durante il lavoro alle quali la poesia ha assunto la struttura anaforica interrogativa che avrebbe poi mantenuto “Man…? Man…?”, e ha espanso ulteriormente l’utilizzo di immagini poetiche per poi farne “traduzione attiva” nelle successive bozze in Qenya) e gli esperimenti con ortografie alternative, massimamente quella del finlandese, di cui ovviamente il Q(u)enya è largamente debitore.

Questa poesia è uno degli elementi fondanti del corpus Q(u)enya, e perciò meritava un trattamento il più possibile esaustivo, entro i limiti di ciò che questa rubrica può offrirvi. Se non sono sceso nel dettaglio dell’analisi linguistica è perché sarebbe stato impossibile essere sintetico e preciso, oltre che per le difficoltà insite nell’analizzare qualcosa di così dinamico e multiforme come l’evoluzione esterna di una lingua in fasi concettuali diverse, ma rimando come sempre alle fonti in bibliografia per un valido approfondimento.

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Bibliografia:

  • A Secret Vice (1931), in The Monsters and the Critics, and Other Essays (1983), ed. by Christopher Tolkien

  • Early Elvish Poetry, in Parma Eldalamberon XVI (2006), ed. by Christopher Gilson, Arden R. Smith, Patrick H. Wynne, Carl F. Hostetter, Bill Welden.

  • The Collected Poems of J. R. R. Tolkien (2024), ed. by Wayne G. Hammond & Christina Scull.

Sitografia:

 

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Dal nostro sito si può consultare l’intera raccolta di post dedicati alle Lingue Tolkieniane: https://www.raccontiditolkien.it/category/analisi/lingue/

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-Rúmil

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