LINGUE TOLKIENIANE / Stagione 2, Ep. 5 - Corpus Qenya: Narqelion

Cari amici, ben ritrovati alla rubrica sulle Lingue Tolkieniane.

Come annunciato qualche appuntamento fa, proseguiamo nella nostra rassegna di corpus delle lingue elfiche, dando attualmente risalto alle versioni più antiche (e non “definitive”, se questo concetto potesse mai trovare cittadinanza nello studio della linguistica tolkieniana) di Quenya e Sindarin – i due principali idiomi ideati da Tolkien.

Abbiamo già fatto un inventario – quasi completo – degli elementi di corpus Noldorin, ovvero il precursore del Sindarin; pertanto proseguiamo adesso con il corpus Qenya, vale a dire la versione del Quenya che fu in voga fino (all’incirca) alla stesura del Signore degli Anelli.

Durante la laboriosa lavorazione del romanzo che lo avrebbe definitivamente consacrato a livello globale, infatti, Tolkien revisionò una parte sostanziale del lessico e delle nozioni grammaticali e morfologiche dell’Alto-Elfico, modificandone parzialmente anche la struttura (sebbene l’estetica e una consistente parte di lessico venisse fondamentalmente “traghettata” dal precedente stadio concettuale, o appena modificata in alcuni dettagli).

Nelle analisi che abbiamo dedicato alla conferenza A Secret Vice, abbiamo potuto osservare come Tolkien già nel 1931 avesse composto diverse poesie in Qenya (Oilima Markirya, Nieninqe, Earendel), per le quali rimando ai rispettivi approfondimenti.

Quest’oggi analizziamo insieme la prima poesia in elfico mai scritta da Tolkien, ovvero Narqelion “Autunno”, composta tra il novembre 1915 e il marzo 1916, come risulta dal manoscritto che se n’è conservato.

È interessante osservare com il titolo di questa poesia fu in seguito ripreso da Tolkien per l’intestazione (“II. Narquelion”, secondo la grafia più “aggiornata” del Quenya post-Sda) della 2ª sezione di The Trees of Kortirion, ovvero una delle stesure (e revisioni) dattiloscritte che Tolkien compose nei primi anni ’60 del poemetto Kortirion among the Trees (“Kortirion tra gli Alberi”), forse con l’intenzione di includerla nella raccolta Le Avventure di Tom Bombadil.

Questo testo fu pubblicato da Christopher Tolkien, in due delle almeno otto versioni esistenti, all’interno del Libro dei Racconti Perduti – Parte I [1983], in quanto le sue prime stesure risalgono più o meno allo stesso periodo dei Racconti (e, appunto, di Narqelion), e danno conto della fase linguistico-narrativa della metà degli anni ’10 e dunque del contesto dei Racconti stessi.

Tuttavia Christopher non si spinse fino a pubblicare anche la poesia composta interamente in Qenya.

Narqelion era stata prima ancora citata (ai versi 5-9, sebbene riportati non del tutto correttamente) nella biografia ufficiale di Tolkien, “J.R.R. Tolkien: A Biography” (1977) di Humphrey Carpenter, ma fu pubblicata per la prima volta per intero solo nell’ inverno 1988, sul n° 56 di Mythlore, la rivista ufficiale della Mythopoeic Society, che ha occasionalmente ospitato contenuti inediti del Professore. All’interno della rubrica linguistica di Paul Nolan Hyde, Quenti Lambardillion, vi si faceva un’analisi linguistica parola per parola, e si forniva una contestualizzazione della sua composizione.

In seguito Narqelion fu riproposta anche su Vinyar Tengwar (numeri 6 e 12, quest’ultima con una proposta di traduzione di P. N. Hyde) e su Parma Eldalamberon IX (1990), dove Patrick Wynne e Christopher Gilson ne offrirono un’analisi ancora più esaustiva (sebbene ancora in larga parte speculativa sul piano linguistico), correlandola al livello narrativo e offrendo la loro traduzione.

Infine, Chris Gilson completò la propria analisi della poesia su Vinyar Tengwar 40 (1999), stavolta alla luce dello studio diretto effettuato sul Lessico Qenya (uscito su Parma Eldalamberon XII, nel 1998).

Man mano che le conoscenze linguistiche sugli idiomi di Tolkien della fase early (1910-1930 ca.) si andavano approfondendo, dunque, gli studiosi di lingue tolkieniane sono sempre tornati a studiare questo testo, che rappresenta un po’ l’inizio di tante cose: della scrittura di poesie in lingue elfiche da parte di Tolkien, del suo tentativo di creare un sostrato di testi in-universe alla mitologia, della pubblicazione di materiali originali su riviste specializzate.

Presento di seguito il testo della poesia, accompagnato dalla traduzione letterale che ne fornisce Christopher Gilson in coda all’approfondimento di Vinyar Tengwar 40. Di seguito Gilson include anche una resa in versi (più libera) che rispetta lo stesso schema metrico dell’originale.

Originale

Traduzione letterale (by Chris Gilson)

N· alalmino lalantila
Ne· súme lasser pínea
Ve sangar voro úmeai
Oïkta rámavoite malinai.

Ai lintulind(ov)a Lasselanta
Piliningwe súyer nallar qanta
Kuluvai ya karnevalinar
V’ematte sinqi Eldamar.

San rotser simpetalla pinqe,
Súlimarya sildai, hiswa timpe
San sirilla ter i· aldar:
Lilta lie noldorinwa
Ómalingwe lir’ amaldar
Sinqitalla laiqaninwa.

N· alalmino hyá lanta lasse
Torwa pior má tarasse:
Tukalla sangar úmeai
Oïkta rámavoite karneambarai.

Ai lindórea Lasselanta
Nierme mintya náre qanta.

From the elm-tree falling one by one
small leaves were in the wind,
like throngs ever large
of yellow birds on the wing.

Oh! Fall with its many swallows,
the airs are so full of golden feathers,
and orange-red ones too,
that they call to mind the gems of Elven-home.

Then pipes playing their thin music,
slender columns of pearl, a dim rain
at that time flowing through the trees:
the dancing Gnome-folk
sang a gentle tune with many voices,
sparkling green and blue.

From the elm-tree here a leaf falls,
the dark-brown fruit in the hand of the hawthorn:
attracting large throngs
of red-breasted birds on the wing.

Oh! with singing at dawn Fall
reminds me that it is filled with grief.

Provo a cimentarmi in una traduzione (non letterale) in italiano:

Piccole foglie nel vento cadevano una ad una dall’olmo, come enormi stormi di uccelli gialli sostenuti dall’ala.

Oh! Autunno, con le sue numerose rondini, l’aria è così ricolma di piume dorate e dalle tinte arancioni-rossastre, che richiamano alla mente le gemme dell’Elfica Dimora.

Allora i flauti suonavano la loro sottile musica, snelle colonne di perla, una tenue pioggia fluiva in quel tempo in mezzo agli alberi: il danzante popolo dei Noldor cantava una dolce melodia con molte voci, luccicando di verde e blu.

Una foglia cade qui dall’olmo, il frutto bruno nella mano del biancospino: grandi stormi di pettirossi sostenuti dall’ala vengono attirati.

Oh! L’autunno con i suoi canti dell’alba mi ricorda quanto sia ricolmo di dolore.

Ed ecco qui la traduzione poetica di Gilson:

Autumn

The elm-tree one by one lets fall
Upon the wind its leaves each small
That ever large as throngs are grown
Whose yellow birds upon their wings have flown.

Oh! Fall, its swallows spring-like trilling
All the airs indeed with feathers filling,
Golden-hued and orange-red, recalls
The gems bestrewn near Elven-halls.

Then pipes sustained their slender whistle,
Columns pearly thin, a fading drizzle
Then meandered through the forest:
Dancing folk of Gnomish-seeming
Raised their voices tender-chorused,
Emeralds and sapphires gleaming.

Here from the elm a leaf is drifted,
Rich-brown haws are still uplifted:
Fetching the throngs that large are grown
Whose red-breast birds upon their wings have hither flown.

Oh! the Autumn that sings each morrow
Reminds me it is full of sorrow.

***

Non mi addentro qui in un’analisi linguistica esaustiva (piuttosto rimando alle numerose fonti in calce), ma vorrei esaminare a titolo d’esempio alcuni elementi tratti dai primi versi, evidenziando alcune peculiarità del Qenya rispetto alla sua evoluzione più tarda:

  • N· alalmino, “dall’albero di olmo”.

    = preposizione che deriva da īn / īnan “da”, con apocope della ī.

    alalme (ĭ) = “olmo”. Il tema del sostantivo diventa alalmi- quando sono presenti suffissi flessivi.

    Questo sintagma ricorre due volte nella poesia, e ci permette di osservare un caso di genitivo ablativale (tipico del Qenya, laddove nel Quenya maturo la funzione logica del moto da luogo verrà assegnata ad un caso a sé stante, ovvero l’ablativo appunto) con doppia desinenza: –n -o, laddove un “genitivo semplice” sarebbe stato probabilmente alalmi-n.

  • lalantila. Participio presente attivo del verbo lant- “cadere”, con duplicazione dell’inizio della sillaba radicale la-, che è utilizzata per intensificare l’idea di base della parola. Lalantila pertanto è un aggettivo verbale, o participio, intensificativo o moltiplicativo, che significa qualcosa come “cadendo in maniera continuativa, ripetutamente, una ad una finché non saranno tutte cadute”.

    Questo tipo di costrutto, che ritroviamo anche in Oilima Markirya (cfr. vv. 12-13, “rámar sisílala, / cálë fifírula”), definisce un aspetto verbale, ovvero una caratteristica del verbo che fornisce alcune informazioni supplementari sull’azione descritta, come ad esempio:

    • la sua durata;

    • se si è conclusa, si sta svolgendo o si sta per svolgere;

    • se è stata portata a compimento;

    • in che modo si svolge.

    In questo caso gli studiosi di lingue tolkieniane utilizzano il termine frequentativo, riprendendo una glossa di Tolkien contenuta nel glossario incluso in A Secret Vice, in riferimento proprio alla forma sisíla- del verso 12 del poema Markirya. L’aspetto frequentativo dunque sembrerebbe descrivere un’azione che si svolge in maniera ripetuta e prolungata nel tempo.

  • Ne· súme. Frase particolarmente enigmatica dal punto di vista linguistico, che significa a spanne “erano nel vento”, ma in cui non è chiaro fino in fondo se ne- sia una forma del verbo “essere” al tempo passato, e se il suffisso -me di , “(suono di) vento”, sia un suffisso astratto, che conferisca alla parola un significato simile a “l’aria, il luogo dei venti”, oppure se sia una forma suffissale di mi- con funzione avverbiale e locativa di “in”: “nel vento, dove è il vento, accompagnato dal vento”.

  • lasser. Evidentemente plurale di lasse. Nel Quenya maturo il plurale sarebbe lassi (cfr. Namárië). Probabile soggetto di ne· súme.

  • lintuilind(ov)a. Lin-tuilinda “molte-rondini, d’autunno” (Lessico Qenya). Tuilindo “rondine”. La forma presente nella poesia: lin “molte” + tuilindo “rondine” + suffisso aggettivale -va (cfr. kuluva “dorato”; mōriva “notturno”; noldova “relativo agli Gnomi [Noldor]”).

  • Lasselanta. “Autunno”, letteralmente “Caduta delle foglie”. Combinandosi con la parola precedente lintuilind(ov)a, rende esplicita la connessione tra le rondini e l’autunno presente nella voce che abbiamo citato dal LQ, e significa pressappoco “Autunno dalle molte rondini, autunno con le sue molte rondini”.

Potrei continuare, ma non voglio stuccarvi con analisi testuali eccessivamente prolisse. In molti dettagli questa poesia risuona, come accennavamo all’inizio, con l’omonima sezione di Gli alberi di Kortirion: il vento tra gli alberi, gli uccelli, le musiche suonate dai flautisti elfici, le foglie degli olmi…

[…]
i Belli, i primi nati in un giorno antico,
gli Elfi immortali, che cantarono, camminando,
di antiche gioie e di dolori che gli uomini dimenticano,
passano come il vento tra i fruscianti alberi
[…]
un sussurro fra gli alberi – lungi essi odono,
ferita al cuore dell’intricato sogno dell’estate,
gelida una musica che un flautista araldo suona,
presentendo l’inverno e i giorni senza foglie.
[…]
Ora gli alteri olmi, alfine, a fremere principiano,
le innumerevoli foglie tremano e impallidiscono,
vedendo, lontano, le gelide lance
dell’inverno marciare a lotta contro il sole.
[…]
portate su ali d’un pallido color ambra esse volano
negli incuranti venti sotto il tetro cielo,
e come uccelli cadono sulla paludi.

La Terra degli Olmi (Alalminórë in Tol Eressëa) è sicuramente associata alla mitologia del Legendarium, sebbene Kortirion e la regione circostante siano nate come un elaborato ritratto di Warwick (città dove Edith Brath visse dal 1913 fino al matrimonio con J. R. R. nel 1916, e dove Tolkien la andava a trovare da Oxford nel periodo appena precedente la guerra), esattamente come Tavrobel = Great Haywood e Taruithorn = Oxford.

Possiamo perciò comprendere quale fosse il contesto personale, strettamente intrecciato al nascente immaginario linguistico e mitologico, che ha prodotto l’ispirazione di Narqelion.

Ci sarebbe ancora molto spazio per approfondire questi legami, a dir poco centrali per l’inquadramento dell’Early Legendarium, e del progetto di una “nuova mitologia per l’Inghilterra” che investiva l’intera cornice dei Racconti Perduti, ma rimando questi argomenti ad un prossimo appuntamento sull’Evoluzione della Leggenda.

Bibliografia:

  • J. R. R. Tolkien: A Biography by Humphrey Carpenter

  • Mythlore n° 56 (hiver 1988) – Quenti Lambardillion by Paul Nolan Hyde

  • Vinyar Tengwar n° 6 – reprint, pagg. 12-13

  • Vinyar Tengwar n° 12A translation by P. N. Hyde, Synopsis by J. Quiñónez

  • Parma Eldalamberon IXBird and Leaf. Image and Structure in Narqelion by Patrick Wynne and Christopher Gilson

  • Vinyar Tengwar n° 40 – Narqelion and the Early Lexicons. Some Notes on the First Elvish Poem by Christopher Gilson

Sitografia:

 

Illustrazione su Narqelion, ottenuta tramite Midjourney.com

-Rúmil

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