Cari amici, ben ritrovati alla rubrica sulle Lingue Tolkieniane.
Proseguiamo con l’elenco delle frasi Qenya presenti nelle opere di Tolkien.
Quest’oggi esaminiamo alcune brevi frasi che compaiono nei Racconti Perduti:
Tulielto! Tulielto! They have come! They have come! “Sono arrivati!”
I·Eldar tulier. The Eldar have come. “Gli Eldar sono giunti!”
Il Libro dei Racconti Perduti – Parte I
Cap. V “La venuta degli Elfi e la costruzione di Kôr”
I·kal’antúlien. Light hath returned. “La Luce è tornata.”
Il Libro dei Racconti Perduti – Parte I
Cap. VIII “Il racconto del Sole e della Luna”
Queste esclamazioni (normalmente soprannominate dagli studiosi come jubilation in Valinor, “esultanza a Valinor”) sono pronunciate dal popolo degli abitanti di Valinor in due momenti diversi:
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Dopo che la venuta al mondo degli Elfi era stata rivelata da Manwë, i Valar andavano dandosi a vicenda la lieta novella, e Varda cominciò la grande opera delle Sette Stelle [quella che verrà in futuro chiamata il Valacirca, la “Falce dei Valar”]. In quel momento…
ecco Oromë cavalcare a spron battuto per la pianura; tendendo le redini grida forte, di modo che tutte le orecchie a Valmar possano udirlo: ′Tulielto! Tulielto! Sono arrivati – sono arrivati!′ Quindi si ferma a mezza strada fra i Due Alberi e dà fiato al corno, mentre le porte di Valmar si spalancano e i Vali si riversano nella piana, intuendo che meravigliose novità sono giunte nel mondo. Oromë, allora, parlò: ′Ebbene, i boschi delle Grandi Terre, e specialmente Palisor, la regione centrale dove le foreste di pini mormorano senza sosta, sono colmi di uno strano rumore. Erravo laggiù, ed ecco! Pareva che qualcuno si fosse levato di buon’ora sotto le ultime stelle. C’era animazione fra gli alberi lontani e si udivano parole all’improssivo, mentre un rumore di passi andava e veniva. Mi domandai che cosa fosse quest’opera cui mia madre Palúrien aveva lavorato in segreto, perciò la cercai e glielo chiesi; rispose così: «Questa non è una creazione mia, ma l’ha compiuta la mano di qualcuno molto più grande. Ilúvatar, infine, ha destato i suoi figli – cavalca fino a casa, in Valinor, e di’ agli Dèi che gli Eldar sono venuti davvero!»′
“Allora tutto il popolo di Valinor gridò: ′I·Eldar tulier – gli Eldar sono giunti!′ E solo in quel momento gli Dèi riconobbero che la loro felicità non era stata senza macchia e che avevano atteso con ansia il suo completamento; ora sapevano che il mondo era stato un luogo deserto piagato dalla solitudine, perché non possedeva figli suoi.

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Dopo la distruzione degli Alberi, i Valar erano riuniti intorno ai loro tronchi avvizziti, sopraffatti dal dolore. La valië Vána piangeva, e le sue lacrime bagnavano dolcemente le radici di Laurelin. In quel momento, in mezzo allo stupore generale, dove era caduta la prima lacrima sbocciò un germoglio ricoperto di gemme dorate.
Allora Vána corse un poco più in là nella pianura, levando col massimo delle forze la dolce voce che tremolò debolmente fino alle porte di Valmar, e ciascuno dei Valar udì. Disse Ómar: ′È il lamento di Vána′, ma Salmar ribatté: ′No, ascolta meglio, è invece un suono di gioia′ e tutti i presenti stettero a sentire; intesero così le parole I·kal’antúlien, la Luce è tornata.
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Queste frasi riflettono ovviamente lo stadio compositivo del Qenya coevo ai Racconti Perduti degli anni 1919-20, e pertanto si possono notare alcune differenze rispetto al Quenya più tardo: il tempo perfetto si forma con la sola aggiunta del suffisso temporale -ie, e ancora apparentemente non sono state ancora introdotte le altre due caratteristiche distintive di questo tempo verbale, ovvero l’allungamento della vocale tematica e l’augment (l’inserimento della vocale tematica sotto forma di prefisso temporale) – per fare un esempio, in Quenya maturo le frasi sarebbero state:
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Utúliente! Utúliente!
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Eldar utúlier.
In cui nella prima forma la desinenza flessiva della terza persona plurale è esplicitata (-nte, anziché -lto come in Qenya), mentre nella seconda forma si ha una desinenza plurale generica, essendo il soggetto specificato (Eldar).
Per quanto riguarda l’altra frase, possiamo osservare come in Qenya il prefisso iterativo fosse an- (in luogo del più tardo en-). Pertanto la frase in Quenya maturo sarebbe probabilmente apparsa così:
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Cál’enutúlië.
ovvero, con l’augment del verbo en-tul- “ritornare” (posto prima della radice, essendo un verbo composto, prefisso + radice), l’allungamento della vocale tematica e nessuna desinenza pronominale con funzione di soggetto (essendo questo esplicito).
Inoltre, sappiamo che l’ortografia preferita da Tolkien negli ultimi anni per la lettera [k] fosse c, non più k; e sappiamo anche (da Parma Eldalamberon XXIII, pag. 133) che sostantivi “astratti”, come Cálë appunto, non necessitavano di articolo determinativo – come del resto neanche gli Eldar dell’esempio precedente, dato che ci si riferisce a tutti gli elementi del gruppo menzionato.
Al di là degli aspetti puramente linguistici, e dell’evoluzione che il Q(u)enya ha attraversato nel corso dei decenni, è evidente una certa continuità stilistica ed estetica, che conferisce a questo idioma un’identità molto caratteristica.
Ringrazio Simone Lapan per la consulenza linguistica.
Bibliografia:
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Il Libro dei Racconti Perduti – Parte I (1983), ed. by Christopher Tolkien
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Parma Eldalamberon XXII (2015), ed. by Arden R. Smith e Christopher Gilson
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Parma Eldalamberon XXIII (2024), ed. by Arden R. Smith e Christopher Gilson
Sitografia:
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Eldamo.org: https://eldamo.org/content/words/word-4257404223.html
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Glǽmscrafu: https://glaemscrafu.jrrvf.com/english/losttales.html
-Rúmil