LINGUE TOLKIENIANE / Stagione 2, Ep. 8 - Corpus Medio Quenya: Koivienéni Manuscript (1/2): The Elves at Koivienéni

Cari amici, ben ritrovati alla rubrica sulle Lingue Tolkieniane.

Proseguiamo con l’elenco delle frasi Q(u)enya presenti nelle opere di Tolkien.

Analizziamo oggi la prima di due frasi in Medio Quenya (lo stadio intermedio tra il Qenya dei Racconti Perduti e il Quenya del SdA) ritrovate su un manoscritto molto particolare (Koivienéni MS © 1993 Tolkien Trust, Marquette Tolkien MSS 3, 9, 13).

Il Koivienéni Manuscript è costituito da una delle due facciate di un foglio sfuso, dal contenuto evidentemente scorrelato rispetto all’altra: infatti, mentre il recto è affollato di scritte di carattere linguistico, sul verso si trova un brano scartato per il capitolo The White Rider da Le Due Torri.

Ricordiamo infatti che il fondo presente alla Marquette University è prioritariamente dedicato al materiale sul Signore degli Anelli: le sue stesure preliminari, i disegni, le mappe, il corpus linguistico legato al romanzo… insomma tutto ciò a cui Christopher Tolkien ha attinto per redigere la sezione della History dedicata alla “Storia del Signore degli Anelli” (volumi VI-IX).

Ad ogni modo, il Koivienéni Manuscript dovrebbe risalire, anche per prove interne (vale a dire, legate allo stadio linguistico del Q(u)enya ivi contenuto), a un periodo compreso tra il 1937 e il 1941. Infatti, ad esempio, il caso allativo (funzione logica di moto a luogo) è espresso dal suffisso -nna, come nel SdA, anziché da -nta, come nella versione del 1931 di Oilima Markirya (cfr. kaivo i sapsanta “come un cadavere [scende] nella tomba”).

Questo manoscritto è stato analizzato, nelle sue varie componenti (principalmente due periodi di senso compiuto in Medio Quenya e vari altri test linguistici – varianti di nomi propri, forme verbali, note fonologiche), all’interno di due diversi numeri di Vinyar Tengwar:

  • La frase denominata The Elves at Koivienéni, da cui deriva il titolo del manoscritto, è stata presentata e analizzata in VT #14 (novembre 1990), nell’articolo The Elves at Koivienéni: A New Quenya Sentence, a cura di Christopher Gilson e Patrick Wynne.

  • La frase denominata The Two Trees, insieme al resto del contenuto del foglio, è stata presentata e analizzata in VT #27 (gennaio 1993), nell’articolo Trees of Silver and of Gold: A Guide to the Koivienéni Manuscript, anche questo a cura di Christopher Gilson e Patrick Wynne.

  • Menziono solo brevemente gli altri elementi presenti in questo reperto (vedi oltre, riproduzione del manoscritto), dato che non li approfondiremo ulteriormente:

    • alcune forme alternative correlate al verbo – presente nella Koivienéni sentence – i erenekkoitanie, that he might awake them “così da poterli svegliare”, ad esempio na senekkoita, to awake them “per svegliarli”;

    • la frase dakar no giliar, che sembra essere una versione alternativa di Dagor-nuin-Giliath, la “battaglia sotto le stelle” del Silmarillion;

    • varianti del nome di Yavanna (es. Gavennil, Hyavanne);

    • un paio di parole (īdarasil, īrarasil) che sembrano essere la traduzione Quenya di Yggdrasil, il grande albero di frassino centro della cosmologia della mitologia scandinava;

    • una misteriosa frase (Ve Telpe Unen) che forse traduce liberamente un passo dalla descrizione di Telperion nel Quenta (“foglie verde scuro che sulla faccia inferiore erano come argento lucente”);

    • alcune ricostruzioni di forme verbali del verbo lin- “cantare”;

    • alcune oscure note fonologiche che si riferiscono (presumibilmente) ad applicazioni della legge di Verner alle consonanti del Quendiano Primitivo negli sviluppi mediali (es. ph, th, kh, s > f, s, h, s).

Riproduzione del Koivienéni Manuscript (da Vinyar Tengwar n° 27)

 

In questo e nel prossimo episodio ci occuperemo nel dettaglio solo delle due sentences principali, ignorando il resto (per approfondire il quale rimando per l’appunto all’articolo di VT #27, che ne fa un’analisi molto esaustiva).

The Elves at Koivienéni

Eldar ando kakainen loralyar Koivienenissen
mennai Orome tanna lende
i erenekkoitanie.

The Elves were long lying asleep at Koivienéni
until Oromë came thither
that he might awake them.

Gli Elfi giacevano da lungo tempo addormentati a Koivienéni
fino a che Oromë si recò laggiù
così da poterli svegliare.

La cosa più interessante di questa frase è il suo stadio all’interno dell’evoluzione del Q(u)enya; caratteristiche apparentemente contraddittorie sembrano suggerire che ci troviamo in una “fase di transizione” (Middle Quenya): questo è ancora simile al Qenya dal punto di vista dell’ortografia e di alcuni residui grammaticali, ma è già quasi il Quenya del Signore degli Anelli (vedi la data presunta di composizione) per buona parte della grammatica (vedi sopra, riguardo al suffisso del caso allativo, -nna anziché -nta).

È altresì curioso l’utilizzo di Koivienéni, nome che si trova solo nei Racconti Perduti (e che dunque appartiene indubitabilmente alla “fase Qenya”), anziché Cuiviénen/Kuiviénen, che è attestato fin dallo Sketch of the Mythology (1926). È probabile che le due forme abbiano convissuto per un certo tempo: Koivie-nén-i significa “Acque del Risveglio” in Early Qenya, e un significato simile ha Kuiviénen in Middle Quenya, sebbene quest’ultimo sia al singolare (nén, “acqua”). Nulla contraddice l’ipotesi di una forma plurale *kuivienéni in MQ, né di una forma singolare *koivié-nen [con arretramento dell’accento, dato che in Quenya le parole polisillabiche non possono essere tronche] dalla connotazione leggermente differente di “acqua della vitalità [stirring]”, “acqua del risveglio della vita” (ᴱ√KOẎO > ᴹ√KUY).

Qualche nota linguistica sul resto della frase:

  • Eldar: “Gli Elfi”, nominativo plurale di elda. In Medio Quenya l’articolo determinativo non si usa quando ci si riferisce a tutti gli elementi del gruppo menzionato, e anche questa è un’evoluzione rispetto al Qenya, in cui Tolkien avrebbe probabilmente scritto i· Eldar.

  • ando: avverbio dal significato di “per lungo tempo”. Il Q(u)enya, specialmente nelle prime fasi, utilizza spesso la terminazione avverbiale temporale -o, vedi anche voro “sempre” (Lessico Qenya), ento “la prossima volta” e rato “presto” (nella “frase Artica” in The Father Christmas Letters); laddove nel Quenya più maturo si preferirà la terminazione -ve (cfr. Andave laituvalmet “a lungo li loderemo” – Ritorno del Re).

  • kakainen: voce del verbo kai- “giacere”. Come già visto negli esempi di participi che descrivono azioni ricorsive o continuative (fifírula, sisílala in Oilima Markirya; lalantila in Narqelion), il raddoppiamento della prima sillaba della radice verbale immette nell’azione un aspetto frequentativo, e dunque kakainen è ben reso con un progressive past tense (“were lying”) o un imperfetto (“giacevano, erano stesi”). Il suffisso -ne è infatti quello che pertiene al passato, mentre la -n finale potrebbe essere una desinenza plurale. Tuttavia i verbi per esprimere il plurale utilizzano di solito la desinenza -r, dunque siamo di fronte ad un’ambiguità solo parzialmente risolvibile: kakainen potrebbe essere una forma di sostantivo verbale (ad esempio un infinito declinato al caso dativo), retto dalla parola successiva. Dunque “are asleep in laying” – dormono sdraiati anziché giacevano addormentati. Il senso della frase comunque non cambia.

  • loralyar: “addormentati”, plurale di *loralya. Verbo probabilmente correlato alla radice LOS- “dormire” (presente nelle Etymologies), da cui anche lóre “sonno” e lorna “addormentato”. Essendo -ya un suffisso aggettivale, loralya potrebbe essere un aggettivo accordato con Eldar, e in tal caso la frase significherebbe Gli Elfi giacevano addormentati. Se invece kakainen fosse, come ipotizzato sopra, un infinito sostantivato con funzione di complemento indiretto (“nell’atto di esser sdraiati”), allora loralyar diventerebbe il predicato della proposizione, o con una copula sottintesa (come spesso accade in Quenya) o come voce verbale a sé stante (-ya è un suffisso verbale piuttosto comune, specie per verbi formativi o derivativi). Questa seconda ipotesi è comunque meno probabile, dato che il verbo per “dormire” è più probabilmente reso dalla radice “forte” lor-.

  • Koivienenissen: “alle Acque del Risveglio”, locativo plurale (des. -ssen).

  • mennai: “fino a che, finché”. Sembra essere la flessione al caso allativo del sostantivo men “luogo, punto”, ovvero menna “verso il luogo”, a cui si contrarrebbe la congiunzione i “che”. Dunque potrebbe significare letteralmente “verso il punto (nel tempo) in cui”, e sarebbe la congiunzione che introduce la frase Orome tanna lende i erenekkoitanie.

  • Orome. In questa versione della storia Oromë sembra recarsi a Cuiviénen con il preciso intento di svegliare gli Elfi dal loro sonno pre-natale, laddove in altre versioni di questo episodio mitico egli li avvista da lontano, già svegli e attivi, e ne sente i dolci canti e le voci aggraziate, rimanendo sorpreso. La forma narrativa più vicina a quella suggerita da questa frase è, ancora una volta, quella dei Racconti Perduti (cfr. il testo citato in questo post).

  • tanna: “laggiù, da quella parte”. In inglese viene tradotto con il termine arcaico thither, il contrario di hither. La parola Quenya dev’essere la declinazione al caso allativo (-nna) del pronome ta “quello, esso”, risultando così nel significato letterale di “verso quello”.

  • lende: “venne”, dalla radice LED-, probabilmente voce del verbo linna- “andare”. Il passato si forma direttamente dalla radice, aggiungendo il suffisso temporale -ne, con cambio *led-ne > len-de. Questo verbo non è specifico di una direzione di movimento, da o verso il parlante, in quanto è attestato con entrambi i significati (Ar Sauron lende númenorenna “E Sauron venne a Númenor”; Melko Mardello lende “Melko è partito dalla Terra”).

  • i erenekkoitanie. L’articolo determinativo i è qui utilizzato nella sua funzione di pronome relativo. Erenekkoitanie è un verbo piuttosto complesso che costituisce da solo una proposizione subordinata retta dal pronome relativo. La radice verbale ekkoita- deriva da et- “fuori, via” + √KOY + suffisso causativo -ta, e significa dunque “far svegliare, riscuotere dal sonno”. Il passato di questo verbo sarebbe dunque ekkoita-ne, mentre il suffisso -ie potrebbe segnalare un tempo perfetto e/o un modo gerundio.

    Eren- infine potrebbe essere frutto di rotacismo da e-sen (pronome-soggetto “he” + pronome-oggetto “them” = “lui-loro”; un po’ come in laituva-lme-t “noi [esclusivo] – loro due”). Per riassumere: i eren-ekkoita-n-ie vorrebbe dire letteralmente “che lui (sogg.) loro (ogg.) avendo risvegliato”. Perciò lende i erenekkoitanie sarebbe “venne (così) che lui li abbia risvegliati” = “venne in modo da poterli risvegliare”. Questa costruzione sintattica appare decisamente complicata, quasi contorta, e infatti non è un caso che Tolkien vi abbia indugiato a lungo, come risulta evidente dai numerosi test di strutturare la frase diversamente che circondano nella pagina la stesura originaria.

    Per la cronaca, alcune delle forme alternative proposte sono:

    • (a) i esen· ekkoitanie (molto simile, ma senza rotacismo e priva di agglutinazione);

    • (b) senekkoituvalya (-lya sarebbe in questo caso un suffisso participiale attivo, che trasformerebbe il verbo – in questo caso al tempo futuro – in un aggettivo verbale, rendendo dunque il senso simile a “*essendo in procinto di svegliarli”);

    • (c) na senekkoita (forma semplificata, in cui la costruzione “pronome relativo + perfetto” viene ridotta a na “per” + infinito, e dunque significa “per svegliarli”).

 

Oromë and the First Elves by Ted Nasmith

Ho voluto offrire, per una volta, un’analisi testuale completa, in modo da dare dimostrazione di quanto spazio per la speculazione linguistica vi possa essere perfino in quei casi in cui l’autore ha lasciato una traduzione del testo.

Questo manoscritto risulta molto prezioso e affascinante, a causa della sua natura di “palinsesto” linguistico: pare che Tolkien lo abbia utilizzato come terreno di sperimentazione, alla ricerca di soluzioni grammaticali sempre più perfezionate. Un fatto interessante è che sembra esserci un fil rouge tematico tra tutti questi brandelli di frasi, forme verbali, nomi propri: tutti sono legati a Yavanna, il suo canto, la nascita degli Alberi, la scoperta – di lì a poco – da parte del figlio di Yavanna (Oromë) dell’esistenza dei Quendi… e tutti questi elementi sembrano riferirsi in maniera ravvicinata alle stesure dell’Early Legendarium, come se Tolkien all’epoca stesse cercando di tradurre in Quenya parte dei Racconti Perduti, o comunque stesse fantasticando di farlo, producendo testi che potrebbero essere tranquillamente immaginabili come fonti in-universe sull’origine degli Alberi e sulla nascita dei Primogeniti.

Con questa suggestione in mente, vi rimando al prossimo appuntamento e all’analisi linguistica della Two Trees sentence.

Bibliografia:

  • Vinyar Tengwar #14 – The Elves at Koivienéni: A New Quenya Sentence, ed. by Christopher Gilson and Patrick Wynne

  • Vinyar Tengwar #27 – Trees of Silver and of Gold: A Guide to the Koivienéni Manuscript, ed. by Christopher Gilson and Patrick Wynne

Sitografia:

-Rúmil

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