Il Corno di Gondor

Minas Tirith, T.E. 1.980 – Amon Hen, T.E. 3019

 

Dopo la morte di Eärnur II, ultimo Re di Gondor, molti dei dei simboli di regalità del Reame del Sud, come la corona dei Re, rimasero celati in attesa del ritorno dei legittimi eredi. L’Epoca dei Sovrintendenti, durata più di mille anni, non si fregiò infatti di molti simboli del proprio primato, vuoi per rispetto della propria subalternità, vuoi per la brevità di tempo in cui la stirpe di Mardil Voronwë ha ricoperto questa carica, se confrontata con l’antichità della stirpe dei Re. Essi utilizzarono unicamente il proprio bianco vessillo e il candido scettro che contraddistingueva la loro casata.

Anche per questa ragione, il Corno poi divenuto famoso come Corno di Gondor ricopre un’importanza particolare, essendo un mirabile artefatto creato da un Sovrintendente e passato da padre in figlio per tutti gli ultimi secoli della Terza Era, fino alla sua rottura.

Si racconta infatti che il Corno di Gondor fu costruito da Vorondil il Cacciatore, padre di Mardil e Sovrintendente di Re Eärnil II. Fedele al proprio soprannome, Vorondil dichiarò che avrebbe cacciato e sconfitto il grande Bufalo di Araw, il più grande bovino tra quelli che pascolavnoa per le sterminate praterie di Rhûn.

Da uno dei suoi corni, egli costruì un grande strumento finemente lavorato, che in seguito cedette a suo figlio Mardil, il quale inaugurò la tradizione di tramandarlo ai primogeniti della Casa di Húrin una volta che questi avessero raggiunto la maggiore età, come pegno della loro primogenitura.

Il corno passò di padre in figlio fino a che Denethor II non lo consegnò a suo figlio Boromir che lo portò su tutti i campi di battaglia in cui fu coinvolto. Lo aveva con sé anche al momento della partenza da Gondor per raggiungere Imladris e fu una delle prime cose che Frodo notò guardando l’uomo di Gondor seduto al Concilio di Elrond.

Al momento della partenza della Compagnia da Imladris Boromir, a dispetto delle raccomandazioni di Elrond, volle suonare il proprio corno poiché, disse, era abituato a suonarlo sempre prima della partenza e il suo orgoglio gli impediva di andarsene come un ladro nella notte. Si diceva infatti che “se dovesse essere soffiato in qualsiasi momento entro i confini di Gondor, come era il regno in passato, la sua voce non passerà inascoltata”.

E così avvenne, seppure in circostanze disperate per il suo portatore. Perché quando la Compagnia dell’Anello si accampò sulle sponde di Nen Hithoel dopo aver passato gli Argonath, e fu assalita dagli Uruk-hai di Saruman, Boromir rese giustizia al proprio lignaggio pagando con la propria vita la colpa di aver cercato di sottrarre l’anello a Frodo, ponendosi solo contro molti nemici a difendere Merry e Pipino.

Molti nemici abbattè, e a ogni pausa suonava nel suo corno sperando che gli altri membri della Compagnia udissero il suo richiamo. E si dice che il vento del Nord condusse il suo suono fino alla città di Minas Tirith, dove le orecchie di suo fratello Faramir lo udirono nella fredda luce del mattino.

Ma quando Aragorn accorse al suo aiuto, Boromir giaceva già a terra, mortalmente colpito. E il corno di Gondor era al suo fianco in frantumi. I tre Cacciatori composero le sue spoglie su una barca, e gli posero il Corno al fianco, prima di affidarlo alle cascate di Rauros. E furono proprio i ranger dell’Ithilien a ritrovarne le parti, in diverse zone dell’Anduin, e consegnati a Denethor, che ne dedusse la morte del figlio.

E così, come se fosse un segno del destino, anche il Corno di Gondor, simbolo della regalità della casata di Hùrin e della primogenitura del Figlio del Reggente, durò solo per il periodo durante il quale la Sovrintendenza mantenne il comando del Regno di Gondor. Il figlio del suo creatore fu il primo Sovrintendente Regnante, e il figlio dell’ultimo Sovrintendente Regnante ne fu l’estremo possessore.

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