In mezzo alla calca lottava Théoden, figlio di Thengel, e la sua lancia si frantumò nell’abbattere il capitano nemico. Sguainata la spada si lanciò contro lo stendardo, colpendo al tempo stesso asta e cavaliere; il serpente nero fu abbattuto. I superstiti della cavalleria volsero allora le spalle e fuggirono lontano.
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 La pioggia non durò molto. Il cielo sulle loro teste parve alleggerirsi, improvvisamente le nubi si squarciarono, e i lembi scomparvero trascinati via, a nord su per il Fiume. Nebbie e foschie svanirono. Innanzi ai viaggiatori il corso d’acqua scorreva in un ampio burrone dalle imponenti pareti rocciose, alle quali s’avvinghiavano, sulle sporgenze e nelle fessure, pochi alberi spogli.
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Dal buio Dunclivo nel cupo mattino
il figlio di Thengel partì col suo scudiero
giunse ad Edoras, l’antico palazzo
del trono del Mark, velato da brume;
avvolte in tenebre le volte dorate.
Disse addio al suo libero popolo,
al focolare, al trono ed agli amati luoghi,
felici dimore prima dell’oscurità.
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 «Questo metterà in imbarazzo questa repellente creatura sotterranea» pensò.
Un occhio in un azzurro viso
vide un altr’occhio dentro un verde viso:
«Quell’occhio è come me, però è laggiù,
mentre il mio occhio se ne sta quassù»*.
 «Sss, sss, sss!» disse Gollum.
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 «Riposiamo ora il più a lungo possibile», rispose Aragorn. «Domani dovremo di nuovo viaggiare di giorno. A meno che il tempo non cambi e ci tradisca, abbiamo buone possibilità di sgusciare via senza che gli occhi vigili sulla sponda orientale ci scorgano.
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 «Galadriel!», disse fiocamente; allora udì voci lontane ma limpide, il canto di Elfi vaganti sotto le stelle fra le beneamate ombre della Contea, la musica di Elfi che cullava il suo sonno nella Sala del Fuoco, nella dimora di Elrond.
 «Gilthoniel A Elbereth!»,
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 Poi pose il suo secondo indovinello:
Non ha voce e grida fa,
non ha ali e a volo va,
non ha denti e morsi dà,
non ha bocca e versi fa*.
 «Un attimo!» gridò Bilbo, che stava ancora pensando con angoscia al fatto di essere mangiato.
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 Ivi l’antica strada, ritornando sulla riva del Fiume, scendeva dolcemente sino al bordo di un basso laghetto. Pareva che l’incavo non fosse artificiale, bensì scavato dalle acque che precipitavano vorticose da Sarn Gebir contro un basso spuntone di roccia che si ergeva in mezzo alla corrente.
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 Sollevandosi di nuovo, allontanando il dolore, curvò sotto di sé i tentacoli e balzò indietro con movimento convulso. Sam era caduto in ginocchio accanto alla testa di Frodo, in preda alle vertigini per via del lezzo, ma stringendo ancora con ambedue le mani l’elsa della spada.
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Trenta bianchi destrier
su un colle rosso
battono e mordono,
ma nessun si è mosso*.
 Questo fu tutto quello che gli venne in mente di chiedere – non riusciva a pensare ad altro che a mangiare. Era per giunta un indovinello vecchio, e Gollum.
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