Tom Bombadil, di Pavel Filippov

Brani dalle Lettere - Tom Bombadil

Tom Bombadil non è una persona importante; per la narrazione, intendo. Suppongo che abbia qualche importanza come “commento”.

Voglio dire, in realtà io non scrivo così: è solo un’invenzione e rappresenta qualcosa che a me sembra importante, anche se non sarei pronto ad analizzare con precisione la sensazione […]

La storia è costruita in termini di una parte buona e una parte cattiva, bellezza contro bruttezza spietata, tirannia contro regalità, libertà relativa fondata sul consenso contro coercizione che ha da molto tempo perso ogni obiettivo salvo il potere, e così via; ma in qualche modo entrambe le parti, conservativa e distruttiva, vogliono un certo controllo.

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Il Valar, di Ralph Damiani

Brani dalle Lettere - Gli Ainur

 

I ciclo iniziano con un mito cosmogonico: la Musica degli Ainur.

Vengono presentati Dio e i Valar (o Potenze, rese in inglese come dei). Questi ultimi sono, dovremmo dire, potenze angeliche, la cui funzione è di esercitare un’autorità delegata nei loro campi (per guidare e governare, non per creare, fare o rifare).

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Sauron e il Bianco Consiglio, di Laurence Andrew

Brani dalle Lettere - La Magia in Arda

“Non ho usato il termine “Magia” in modo coerente, e in effetti la regina elfica Galadriel è costretta a protestare con gli Hobbit che usano quella parola indifferentemente sia per le azioni del Nemico, sia per quelle degli Elfi […]

La loro magia (degli Elfi) è Arte, liberata da molti dei suoi limiti umani: più facile, più rapida, più completa.

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Senza-gambe sta su Una-gamba,
Due-gambe vi siede accanto su Tre-gambe,
Quattro-gambe ne prende un po’.*
 Non era il momento migliore per porre questo indovinello, ma Bilbo aveva fretta. Forse se gli fosse stato posto in un altro momento, Gollum si sarebbe trovato in difficoltà a risolverlo.
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 «Non temete!», disse. «Da tempo desideravo mirare le sembianze d’Isildur e d’Anárion, antichi re della mia terra. Nella loro ombra Elessar, la Gemma Elfica, il figlio di Arathorn della Casa di Valandil, figlio d’Isildur, erede di Elendil, nulla ha da temere!».
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 Il Nazgûl si curvò su di lei sovrastandola come una nube, e i suoi occhi scintillavano; alzò di nuovo la mazza, pronto a uccidere. Ma all’improvviso anch’egli cadde in avanti con un terribile urlo di dolore, mancando il colpo e affondando la mazza nel terreno.
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 Bilbo si sedette e si schiarì la gola un paio di volte, ma non diede nessuna risposta.
 Dopo un po’ Gollum cominciò a sibilare tra sé e sé con gioia. «È buono, tesssoro mio? È sssugoso? È deliziosamente croccante?». Nell’oscurità egli cominciò a scrutare Bilbo.
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 «Non temete!», disse alle sue spalle una voce sconosciuta. Frodo si voltò, e vide Grampasso; eppure non era Grampasso, perché il Ramingo logorato dal tempo era scomparso. Al timone sedeva Aragorn figlio di Arathorn, orgoglioso ed eretto, e con mano sicura conduceva la barca; il cappuccio gli ricadeva sulle spalle; il vento gli moveva i neri capelli e una luce brillava nei suoi occhi: un re tornava nel suo paese dopo un lungo esilio.
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 Il viso del nemico non era rivolto verso di lui, e tuttavia osava appena muoversi per il terrore che lo sguardo micidiale cadesse su di lui. Incominciò pian piano a strisciare da una parte; mentre il Capitano Nero considerava, dubbioso e malvagio, la donna che gli si ergeva innanzi, e Merry non era per lui che un verme nel fango.
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