Tre persone grandi e grosse stavano sedute attorno a un gran fuoco di ceppi di faggio. Stavano arrostendo dell’abbacchio su lunghi spiedi di legno e si leccavano il sugo dalle dita. C’era nell’aria un profumino appetitoso, e c’era anche un barilotto di buona birra a portata di mano, ed essi la bevevano in grandi boccali.
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«Adesso tocca allo scassinatore» dissero, alludendo a Bilbo. «Devi andare a scoprire tutto su quella luce, e a che serve, e se tutto è perfettamente sicuro e a posto» disse Thorin allo Hobbit. «Adesso corri e sbrigati a tornare, se tutto va bene.
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Questo risolse la questione. «Dopotutto abbiamo uno scassinatore con noi» dissero e così si avviarono guidando i pony (con tutta la dovuta e necessaria cautela) in direzione della luce. Arrivarono alla collina e presto furono nel bosco. Salirono su per la collina; ma un sentiero vero e proprio, che potesse portare a una casa o a una fattoria non era visibile; e sebbene facessero del loro meglio, non poterono evitare un bel po’ di fruscii, scricchiolii e scalpiccii (ma anche un bel po’ di borbottii e di imprecazioni) mentre avanzavano fra gli alberi al buio, un buio nero come la pece.
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Quando l’ebbero guardata per un po’, cominciarono a discutere animatamente. Alcuni dicevano «no» e alcuni dicevano «sì». Alcuni dicevano che potevano almeno andare a vedere, e che qualsiasi cosa era meglio di una misera cena, una colazione ancora più scarsa, e vestiti bagnati per tutta la notte.…

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Alla fine decisero che avrebbero dovuto accamparsi dov’erano. Si spostarono sotto un folto d’alberi e sebbene lì sotto fosse più asciutto, il vento scuoteva via la pioggia dalle foglie e il continuo sgocciolio era veramente insopportabile. Il malocchio sembrava aver colpito perfino il fuoco.
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I Nani non smettevano di avanzare, senza girarsi mai, e ignorando completamente lo Hobbit. Chissà dove, dietro alle nuvole grigie, il sole doveva essere tramontato, perché il buio cominciò a calare mentre scendevano in una profonda valle sul cui fondo scorreva un fiume.
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«E pensare che a momenti è giugno!» borbottò Bilbo, mentre sguazzava dietro agli altri in un sentiero fangosissimo. L’ora del tè era passata; pioveva a dirotto, come non aveva smesso di fare per tutta la giornata; il cappuccio gli sgocciolava negli occhi, il mantello era pieno d’acqua; il pony era stanco e inciampava sui sassi, e gli altri erano troppo di cattivo umore per parlare.
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All’inizio erano passati attraverso le terre abitate dagli Hobbit, una vasta e rispettabile contrada abitata da gente per bene, con strade buone, una o due locande e di quando in quando un Nano o un fattore in giro per affari. Poi arrivarono a terre dove la gente parlava in modo strano, e cantava canzoni che Bilbo non aveva mai sentito prima.
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Cavalcavano da poco, quando arrivò Gandalf, veramente superbo su un cavallo bianco. Recava con sé molti fazzoletti, e la pipa e il tabacco di Bilbo. Dopo di ciò, dunque, la brigata andò avanti molto allegramente, ed essi raccontarono storie o cantarono canzoni tutto il giorno mentre cavalcavano, eccetto naturalmente quando si fermavano per i pasti.
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Proprio allora tutti gli altri sbucarono da dietro l’angolo della strada proveniente dal villaggio. Montavano dei pony, e da entrambi i fianchi di ogni pony pendevano i bagagli più disparati: casse, pacchi ed effetti personali. C’era anche un pony piccolo piccolo, a quanto pareva destinato a Bilbo.…

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