Lo Hobbit schizzò quasi fuori dalla pelle quando il sibilo gli giunse alle orecchie, e improvvisamente vide quegli occhi pallidi che sporgevano verso di lui. «Chi sei?» disse, piantandogli la spada davanti.
 «Che cosa sssarà tesssoro mio?» sussurrò Gollum (che si rivolgeva sempre a se stesso, non avendo mai nessun altro con cui parlare).
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 Poiché non si aspettava nemmeno un così semplice stratagemma da parte di Sam, Gollum precipitò sulla schiena ed il peso del robusto Hobbit gli piombò sullo stomaco. Emise un acuto sibilo e per un attimo allentò la presa intorno al collo di Sam, stringendogli però sempre freneticamente la mano destra.
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 Gollum viveva, per la precisione, sopra un isolotto roccioso e sdrucciolevole in mezzo al lago. Ora stava osservando Bilbo di lontano coi suoi pallidi occhi telescopici. Bilbo non poteva vederlo, ma lui era molto incuriosito da Bilbo, perché poteva facilmente constatare che non aveva niente a che fare con un Orco.
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 Boromir lottò a lungo contro quella presa di posizione; ma quando si accorse palesemente che Frodo avrebbe seguito Aragorn ovunque, si diede per vinto. «Non è abitudine degli Uomini di Minas Tirith abbandonare gli amici nel bisogno», disse, «ed avrete bisogno della mia forza, se volete raggiungere il Roccarebbio.
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 Furia per il tradimento e disperazione per il ritardo nel momento in cui il suo padrone correva un pericolo mortale, empirono Sam d’una violenza e d’una forza improvvisa, che mai Gollum avrebbe pensato trovare in quel lento e stupido Hobbit. Gollum stesso non si sarebbe svincolato con maggiore rapidità e furore.
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 Qui, nel profondo, presso l’acqua scura*, viveva il vecchio Gollum, un essere piccolo e viscido. Non so da dove venisse, né chi o che cosa fosse. Era Gollum, scuro come l’oscurità stessa, eccezion fatta per due grandi occhi rotondi e pallidi nel viso scarno**.
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 «Non vedo per quale motivo dovremmo passare le Rapide, o seguire ancora il corso del Fiume», disse Boromir. «Se l’Emyn Muil si trova innanzi a noi, allora possiamo abbandonare questi gusci di noci e dirigerci a sud-ovest, giungendo in tal modo all’Entalluvio, oltre il quale si trova il mio paese».
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 Non appena ebbe spremuto il molle corpo e le gambe ricurve per estrarsi dall’uscita superiore della sua tana, Shelob si mosse con atroce velocità, correndo sulle scricchiolanti membra e balzando a volte improvvisamente. La sua massa separò Sam dal suo padrone.
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 «Dunque è una pozza o un lago, e non un fiume sotterraneo» pensò. Ma non osò avventurarsi nel buio. Non sapeva nuotare; e gli vennero subito in mente quelle viscide cose repellenti dai grandi occhi sporgenti e ciechi, che si muovono torcendosi nell’acqua.
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 «Non sopporto la nebbia», disse Sam; «ma questa sembrerebbe propizia. Forse adesso potremo partire senza che quei dannati folletti ci vedano».
 «Forse», disse Aragorn. «Ma sarà difficile trovare il sentiero, se la nebbia non si dirada un po’, più tardi. E noi dobbiamo assolutamente trovarlo, se vogliamo passare Sarn Gebir e raggiungere l’Emyn Muil».
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