Ancalagon

 Poi chiese:
Vive senza respirare,
freddo come morte pare,
beve ma non è assetato,
non tintinna corazzato*.
 A sua volta, egli pensava che questo fosse un indovinello facilissimo perché la risposta era costantemente al centro delle sue preoccupazioni. Ma sul momento non gli venne in mente niente di meglio, tanto l’aveva messo in agitazione la domanda sulle uova.
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 Da ambedue i lati le rupi spaventose piombavano da altezze invisibili. Lungi il cielo era pallido. Le acque nere muggivano e scrosciavano, e il vento stridulo urlava sulle loro teste. Frodo, raggomitolato nella barca, udì innanzi a sé Sam mormorare e lamentarsi: «Che posto!
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 L’essere alato rispose strillando, ma lo Schiavo dell’Anello rimase silenzioso, come colto da un improvviso dubbio. Lo stupore sopraffece per un attimo la paura di Merry. Egli aprì gli occhi e l’oscurità scomparve. A pochi passi da lui sedeva la grossa bestia, e intorno ad essa tutto sembrava buio, e su di essa si ergeva il Signore dei Nazgûl come un’ombra di disperazione.
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 Ammirazione e timore s’impadronirono di Frodo, ed egli si prostrò, chiudendo gli occhi, e non osando levar lo sguardo quando le barche furono vicine. Persino Boromir chinò il capo mentre le barche correvano, trascinate dalla corrente, fragili e veloci come foglie volteggianti, nella perenne ombra delle sentinelle di Númenor.
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 «Vattene, orrido dwimmerlaik, signore delle carogne! Lascia in pace i morti!». Una voce glaciale gli rispose: «Non metterti fra il Nazgûl e la sua preda! Rischieresti non di venire ucciso a tua volta, ma di essere portato via dal Nazgûl e condotto alle case del lamento al di là di ogni tenebra, ove la tua carne verrà divorata e la tua mente raggrinzita verrà esposta nuda all’Occhio Senza Palpebre».
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 Dopo un po’ Bilbo si spazientì. «Be’, allora?» disse. «La risposta non è una pentola che bolle, come sembra che tu pensi, a giudicare dal rumore che fai».
 «Dacci un po’ di tempo, che ci dia un po’ di tempo, tesssoro mio, sss… sss…».
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 Le grandi colonne parvero ergersi come torri incontro a Frodo, trascinato verso di esse dalla corrente. Egli ebbe l’impressione di vedere dei giganti, grandi, grigi e massicci, muti e minacciosi. Ma poi si accorse che le rocce erano effettivamente scolpite e modellate: l’arte e la forza antiche le avevano lavorate, ed esse conservavano ancora, attraverso le intemperie di lunghi anni obliati, le possenti sembianze che erano loro state date.
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 L’ombra volante puntò verso terra e infine, piegando le ali, lanciò un urlo gracchiante e si posò sul corpo di Nevecrino, affondandovi le sue grinfie, e curvando il lungo collo spoglio. Su di esso sedeva una figura avvolta in un manto nero, immensa e minacciosa.
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Senza coperchio, chiave, né cerniera
uno scrigno cela una dorata sfera*.
 Così disse, tanto per guadagnare tempo, finché non fosse riuscito a escogitarne uno veramente difficile. Questo pensava che fosse proprio roba da bambini, anche se non l’aveva posto nella solita forma.
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 Frodo intravide, scrutando il Fiume, due grandi scogli distanti che si avvicinavano: parevano immensi pinnacoli o pilastri. Alti, perpendicolari, minacciosi, montavano la guardia ai due lati del letto. Tra di essi vi era una stretta breccia, ove la corrente sospinse le barche.
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