Ancalagon

 Galadriel si alzò in piedi, e prendendo una coppa tesale da una delle due damigelle, la riempì di bianco idromele e la diede a Celeborn.
 «È giunta ormai l’ora di bere la coppa d’addio», disse. «Bevi, Signore dei Galadhrim! E che il tuo cuore non sia triste, anche se la notte deve seguire il meriggio, anche se il nostro crepuscolo è già vicino».
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Certo è una cosa strana, ma sta di fatto che a parlare delle cose belle e dei giorni lieti si fa in fretta, e non è che interessi molto ascoltare; invece da cose disagevoli, palpitanti o addirittura spaventose si può fare una buona storia, o comunque, un lungo racconto.
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 «Boromir, e chiunque lo accompagni alla ricerca di Minas Tirith, farà bene a lasciare il Grande Fiume prima di Rauros, e ad attraversare l’Entalluvio quando ancora non si è inoltrato nelle paludi. Essi non dovranno tuttavia risalirne troppo il corso, onde evitare di perdersi nella Foresta di Fangorn.
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La casa di Elrond, di Felt heart

Ma per il momento i Nani erano tutti in favore dell’idea di cenare al più presto possibile, e non vollero fermarsi. Si incamminarono tutti, conducendo i pony a mano, finché non furono guidati su un buon sentiero e, finalmente, proprio alla sponda del fiume.
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«Bene, bene!» disse una voce. «Guarda un po’! Bilbo lo Hobbit a cavallo di un pony, nientemeno! Che spettacolo!».
«Davvero sorprendente, meraviglioso!».
 Poi si imbarcarono in un’altra canzone ridicola quanto quella che ho riportata per intero. Alla fine uno, un giovane alto, venne fuori dagli alberi e si inchinò di fronte a Gandalf e a Thorin.
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«Mmmm! Sento odore di elfi!» pensò Bilbo, e guardò le stelle sopra di lui. Brillavano vivide e azzurre. Proprio allora esplose tra gli alberi una canzone simile a una risata.
Cosa fate, dove andate?
Questi pony, via, ferrate!
Scende il fiume con cascate!
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La testa e la barba dello Stregone si chinavano ora da una parte ora dall’altra, mentre cercava le pietre, ed essi seguivano le sue indicazioni; ma quando il giorno cominciò a declinare non sembrava che si fossero avvicinati di molto alla fine della loro ricerca.
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Passò il mattino, giunse il pomeriggio; ma in tutto quel deserto silenzioso non c’era traccia di nessuna dimora. La loro ansia cresceva, perché ora si rendevano conto che la casa poteva essere nascosta quasi dovunque tra loro e le Montagne. Giunsero sopra valli inattese, strette, dai fianchi ripidi, che si aprivano improvvisamente ai loro piedi, e guardarono giù, meravigliati di vedere alberi sotto di loro e corsi d’acqua sul fondo.
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Adesso Gandalf era passato in testa. «Non dobbiamo smarrire la strada o siamo fritti» disse. «Abbiamo bisogno di cibo, tanto per cominciare, e di riposarci in un posto abbastanza sicuro; inoltre è assolutamente necessario affrontare le Montagne Nebbiose sul sentiero giusto, altrimenti ci si perde e bisogna tornare indietro e ricominciare tutto da capo (ammesso che si riesca a tornare indietro)».
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Quel giorno non cantarono né raccontarono storie, anche se il tempo era migliorato; e neanche l’indomani, né il giorno successivo. Avevano cominciato ad avvertire che, da tutti i lati, il pericolo non era lontano. Si accampavano sotto le stelle, e i loro pony avevano da mangiare più di loro: infatti c’era erba in abbondanza, ma non c’era molto nelle loro bisacce, considerato anche quello che si erano procurati dagli Uomini Neri.
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